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I servizi a valore aggiunto in sanità

di Gianfranco Gensini e Roberta Laurita

10 GIU - Gentile Direttore,
la pandemia da Covid-19 ha evidenziato l’importanza dei servizi a valore aggiunto indispensabili per garantire la continuità delle cure. I servizi a valore aggiunto o “beyond the pill”, definiti come l’insieme complesso di servizi integrati nell’offerta della specialità medicinale, sono finalizzati a massimizzare l’efficacia di una tecnologia sanitaria supportando il miglioramento dell’outcome di salute, e ottenendo una riduzione della spesa per il Servizio Sanitario Nazionale.
 
La definizione stessa di servizi a valore aggiunto racchiude in sé un’offerta di servizi molto ampia, che contempla progetti molto diversi, sia in termini di caratteristiche del servizio stesso sia in termini di beneficiari. Quali sono dunque i servizi prioritari su cui istituzioni e stakeholder dovrebbero focalizzarsi?
 
L’indagine condotta nel corso del secondo anno di attività dell’Osservatorio sui Servizi a Valore Aggiunto (OSVA), avviato da ALTEMS, ha portato alla luce tematiche ad oggi molto rilevanti e dibattute. In particolare, sono emersi due concetti cardine tra loro interconnessi che andrebbero considerati per favorire lo sviluppo di tali servizi.
 
Da una parte appare fondamentale il potenziamento dell’assistenza territoriale, che è da qualche tempo al centro del dibattito pubblico. Si tratta infatti di far fronte ad una carenza di integrazione e di interazione funzionale tra le strutture territoriali e ospedaliere che ad oggi costituisce uno dei principali ostacoli per la presa in carico e la gestione delle patologie croniche. D’altra parte, il continuo sviluppo di tecnologie innovative per il monitoraggio e la cura di tali pazienti richiede la presenza di infrastrutture adeguate che in un momento difficile come quello della pandemia si sono dimostrate carenti.
 
L’analisi del target che hanno partecipato all’indagine mostra una prevalenza di persone appartenenti ad associazioni di pazienti e pazienti singoli (52%), seguite da medici e farmacisti ospedalieri (28%) e da una percentuale ridotta del personale di direzione e direttori di organizzazioni sanitarie (20%).
 
Circa il 96% dei rispondenti ha dichiarato che numerose iniziative hanno contribuito alla continuità delle cure durante la pandemia, tra cui le attività di Patient Advocacy, e percentuali molto alte di attenzione si registrano anche per il monitoraggio a distanza dei pazienti e per i servizi di consegna farmaci e dispositivi a domicilio. Tali servizi hanno l’obiettivo di rispondere a uno dei maggiori problemi registratisi durante la pandemia: l’interruzione degli usuali percorsi di cura. Pertanto, la presenza di tali servizi rivolti a pazienti cronici, anziani e fragili ha permesso di garantire un continuum di cura in un momento particolarmente difficile. Fondamentale, dunque, è lo sviluppo di modelli organizzativi in grado di diagnosticare e curare il paziente in setting diversi dall’ospedale, che ad oggi risulta essere il perno dell’assistenza sanitaria, bilanciando le cure domiciliari e territoriali.
 
Per un’alta percentuale di rispondenti, circa l’83%, i Patient Support Programme ricoprono un ruolo centrale. Questi servizi, rivolti principalmente ai pazienti, sono finalizzati a coinvolgere direttamente il paziente e/o il caregiver per metterli in condizione di gestire al meglio la terapia e la malattia migliorando l’aderenza, attraverso maggiori conoscenze e consapevolezza, e fornendo un supporto agli operatori sanitari per la gestione di tali pazienti. In un momento emergenziale come quello della pandemia sono stati istituiti diversi servizi, come ad esempio il taxi gratuito, finalizzati a guardare al paziente e alle sue esigenze quotidiane.
 
Gli esperti coinvolti nella validazione della gerarchia delle priorità, attivi nelle attività di politica sanitaria ed appartenenti ad istituzioni sanitarie ed associazioni pazienti, hanno concordato sul fatto che, alla base di qualsiasi cambiamento o innovazione dei servizi, debba esserci la creazione di un modello organizzativo adeguato.
 
Un maggiore sviluppo e implementazione dei servizi dedicati al monitoraggio a distanza favorirebbe, quindi, la trasformazione digitale su cui ad oggi molte strutture sono in ritardo. È bene ricordare che la pandemia ha portato alla luce le principali criticità dei sistemi sanitari regionali sottolineando la necessità di un’azione forte finalizzata ad omogeneizzare l’accesso a tali servizi che risulta al momento molto frammentaria.
 
Come dimostrato dai risultati dell’indagine, l’emergenza da COVID-19 ha accresciuto la consapevolezza riguardo al contributo del digitale in sanità e l’importanza dell’offerta di servizi a valore aggiunto a sostegno della terapia.
 

 
Prof. Gianfranco Gensini
Coordinatore scientifico dell’Osservatorio sui Servizi a Valore Aggiunto (OSVA) dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (ALTEMS) - Facoltà di Economia, Sede di Roma dell’Università Cattolica
 
Dott. ssa Roberta Laurita
Dottoranda di Ricerca in Management e Innovazione. Project Manager dell’OSVA
Facoltà di Economia, Sede di Roma dell’Università Cattolica


10 giugno 2021
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