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Case della comunità. I professionisti delle cure primarie sono pronti alla sfida?

di C. De Virgilio Suglia, P. Obbia, C. Zamin e L. Valletta

21 GIU - Gentile Direttore,
nei giorni scorsi sono state presentate le linee guida per avviare sperimentali strutture socio-sanitarie di prossimità (il testo è ora all'esame della Stato-Regioni), come le Case della Comunità alle quali il Pnrr destinerà 2 miliardi di euro. Come professionisti delle cure primarie siamo entusiasti di un modello che faccia della vicinanza ai cittadini il suo punto di forza, ma occorre altrettanta attenzione per formare chi lavorerà all’interno di questi contesti innovativi.

Il premio Nobel per l’economia Amaryta Sen sostiene che le cure primarie siano il mezzo più importante per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, mentre la pediatra Barbara Starfield dimostrò che investire nella sanità territoriale non solo garantisce una più equa distribuzione di salute tra i cittadini, ma comporta anche una spesa sanitaria inferiore.

Secondo l’OMS sia gli Stati ricchi che i Paesi in via di sviluppo hanno trascurato la medicina territoriale; i primi per concentrarsi sull’assistenza iper-specializzata; i secondi perché assorbiti dalle campagne di contrasto alle malattie infettive.

Aver sottostimato la prevenzione e la medicina territoriale ha portato in questa pandemia alla saturazione degli ospedali e ad un eccesso di contagi.

I fondi in arrivo con il PNRR non devono servire solo per mettere toppe al sistema attuale: devono essere l’occasione per migliorarlo.

Viviamo cambiamenti demografici e sociali senza precedenti. L’invecchiamento della popolazione, il diffondersi di malattie croniche, il 38% degli anziani che vive in solitudine: i bisogni dei prossimi anni saranno radicalmente diversi da quelli per i quali il nostro modello sanitario è stato immaginato.
Già oggi 13 milioni di italiani sono costretti a rinunciare alle cure.
Il triplo rispetto a 15 anni fa, il quadruplo rispetto a Francia e Germania.

In futuro, per garantire la salute pubblica senza intasare gli ospedali, servirà adottare modelli organizzativi che puntino su vicinanza ai cittadini, prevenzione e multidisciplinarità.

Le Case della Comunità  vanno in questa direzione, ma affinché questi presidi socio-sanitari di “sociale” non abbiano solo l’aggettivo accanto al nome, non basta costruire edifici.
Bisogna formare risorse umane adatte ad operare in nuovi contesti

Per farle funzionare (insieme a mmg, assistenti sociali ed educatori) abbiamo a disposizione figure professionali innovative specializzate nell’assistenza primaria: Infermieri di Famiglia, Fisioterapisti di Comunità, Psicologi di comunità e cure primarie, Medici di Comunità e delle Cure Primarie.

L’importanza dell’Infermiere di Famiglia e Comunità, introdotto con la legge 77/20, è delineata dal Piano Nazionale di Prevenzione 20-25 e dal Piano Nazionale Cronicità 2016.
Oltre a fornire cure domiciliari e prestazioni infermieristiche nelle CdC avrebbe un ruolo importante nelle campagne di prevenzione e di educazione alla salute. Importante ruolo educazionale, oltre che riabilitativo, anche del Fisioterapista di Comunità, figura già compresa nei servizi ADI di molte Regioni e nelle Case della Salute della Toscana.

In un Paese dove cresce vertiginosamente il consumo di psicofarmaci, le Case della Comunità sarebbero anche l’occasione per garantire l’assistenza psicologica, prevista dai LEA 2017, ma raramente fornita dal Ssn.
Gli Psicologi si occuperebbero di fornire assistenza psicoterapeutica ai singoli e di promuovere il benessere psicologico nella comunità, con gruppi di disassuefazione dal fumo, interventi psicoeducazionali nelle scuole e nelle famiglie di pazienti cronici.

Le esperienze già attive (es. IAPT) testimoniano la validità dell’intervento psicologico pubblico e gratuito, in particolare per le fasce più vulnerabili di popolazione, con risparmi sulla spesa farmaceutica anche superiori al 30% (Solano 2009; Shellemberg 1996; Lazzari 2011).

Infine bisogna citare gli specialisti in Medicina di Comunità e Cure Primarie, figure oggi poco diffuse ma la cui formazione è incentrato sui modelli multiprofessionali che saranno alla base della sanità territoriale del futuro. La Scuola forma infatti specialisti nel campo della medicina generale e dell’assistenza primaria, sanitaria e socio-psicologica, che operino “all’interno delle Unità Operative di Cure Primarie quali Case della Salute e Ospedali di Comunità”  abituandoli fin dal primo anno a lavorare in equipe multidisciplinari.

Il sistema delle cure primarie non si gioca tanto sull’eccellenza del singolo specialista, ma sull'integrazione tra professionalità diverse e sulla capacità di connettere tra loro le strutture del territorio, i consultori familiari, i servizi di salute mentale, le cure domiciliari, il terzo settore.

Se la politica vuole rilanciare davvero la sanità territoriale deve anche promuovere le Cure Primarie in ambito accademico, istituendone uno specifico settore disciplinare  e finanziandone dottorati e assegni di ricerca.

È necessario creare una Scuola di Specializzazione universitaria in “Medicina Generale, di Comunità e delle Cure Primarie”, come auspicato dalla commissione sanità del Senato il 23 marzo 2021, mentre la specializzazione in Infermieristica di Famiglia e di Comunità, oggi esclusiva di master, va accompagnata verso la laurea specialistica

La specializzazione in psicologia della salute e cure primarie esiste già, ma va potenziata finanziando apposite borse di studio, come già avviene per le scuole di area medica.

In conclusione, la vera sfida riguarderà la collaborazione tra operatori, che dovranno tener conto dei diversi modi che ogni disciplina ha per conoscere il paziente, la sua rete familiare, ed aiutarlo. Non servono poliambulatori più belli ma nuovi modi di promuovere la salute

Cesare De Virgilio Suglia
Rappresentante specializzandi di Medicina di Comunità e Cure
Primarie

Paola Obbia
Presidente AIFeC Associazione Infermieri di Famiglia e di Comunità e membro della campagna PHC Primary Health Care

Claudia Zamin
Psicologo e psicoterapeuta del gruppo Medico&PsicologoInsieme

Luana Valletta
Vice Presidente Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna


21 giugno 2021
© Riproduzione riservata

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