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Una formazione ad hoc per le Cure palliative

di F.Occhigrossi, F.Micheli, P.P.Visentin

23 GIU - Gentile Direttore,
la tutela della salute è sancita dall’articolo 32 della Costituzione italiana come “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della comunità” e l’obiettivo del SSN è quello di avvicinare questi principi della Costituzione alla vita reale delle persone. Il diritto della tutela della salute non può fermarsi soltanto alle fasi in cui una malattia può guarire, ma deve essere esteso al periodo di fine vita, continuando a garantire cura e assistenza, salvaguardando dignità e umanità della persona.
 
Nel nostro paese ogni anno muoiono circa 650.000 persone. Di queste 180.000 per patologie oncologiche e circa il doppio (300.000) per malattie cronico-degenerative. È possibile stimare che il bisogno annuo di Cure Palliative (CP) può riguardare 300-350.000 persone, cioè il totale dei pazienti che richiedono CP è di 800/100.000 abitanti. Oggi con il nostro sistema di reti di CP possiamo dare risposta a solo 1/3 della popolazione potenziale: 350/100.000 abitanti possono trovare risposta nelle reti di CP specialistiche.
Se oggi un giovane neolaureato decidesse di intraprendere la professione di palliativista non avrebbe davanti a se una strada spianata ma nemmeno troppi ostacoli davanti e si potrebbe orientare con criterio. Questo perché a cominciare dalla fine degli anni 90 si è fatto molto a livello legislativo per caratterizzare la disciplina delle Cure Palliative (CP) con lo scopo di dare una risposta ai bisogni di quella parte della popolazione che chiede una maggiore attenzione verso chi deve essere accompagnato con dignità al suo percorso di avvicinamento al fine vita.
 
La possibilità di crescere come professionista e di collaborare alla crescita professionale degli altri operatori delle reti di CP è stata attentamente valutata a livello legislativo, perché si è compreso subito che i professionisti sanitari sono gli attori principali in questo ambito, quelli che affrontano ogni giorno la situazione di sofferenza e di disagio dei pazienti da accompagnare in questo particolare momento della vita. La legge 38 si è occupata del problema della formazione di questi professionisti.
 
Nell’ambito della formazione e dell’aggiornamento medico continuo, il trattamento del dolore acuto e cronico e le CP sono state individuate come uno degli obiettivi formativi di interesse nazionale, per garantire una adeguata preparazione nell’affrontare tematiche così complesse, con una formazione adatta a rispondere ai bisogni di salute in una fase così delicata della vita di una persona. In attuazione dell’art. 8 della legge 38 sono stati adottati dei decreti nel marzo 2012 con cui sono stati istituiti i master in CP, ed è stata la prima volta che una legge ha riconosciuto dei master professionalizzanti, che qualificano cioè questi professionisti per l’accesso ai servizi di CP per poter svolgere la loro attività professionale.
 
Un accordo Stato-Regioni del febbraio 2013 ha successivamente individuato nell’area della medicina diagnostica e dei servizi la “disciplina” di CP. Il riconoscimento di una disciplina specifica per le CP è stato fondamentale ai fini della regolamentazione dell’accesso dei medici alle strutture facenti parte della rete di CP. Immediatamente dopo, con un decreto del marzo 2013 si sono definite le tabelle di equipollenza, che consentono di far accedere ai servizi specializzazioni diverse, con lo scopo di aumentare il numero dei professionisti preparati e pronti ad accedere alla rete delle CP.
 
Con un ulteriore accordo Stato Regioni del 2014 è stato individuato l’elenco delle professionalità operanti nelle CP, specificando le competenze che ciascuna figura professionale attiva nelle reti CP deve possedere. Il passo successivo è stato l’istituzione della scuola di specializzazione in CP a decorrere dall’anno 2021-22, con contenuti e percorsi che partiranno dal prossimo anno accademico.
 
Una recente legge ha previsto un nuovo intervento finalizzato a consentire ai medici sprovvisti di una delle specializzazioni equipollenti alla disciplina individuata col decreto del marzo 2013, già in servizio nelle reti di CP alla data 31/12/2020, di acquisire una certificazione di queste competenze, al fine di non perdere quel valore, quel bagaglio e quelle conoscenze che questi medici hanno e dare loro quindi la possibilità di certificare queste competenze, in attesa della scuola di specializzazione, e consentire loro di continuare ad operare.
 
Il recente accordo Sato-Regioni del 16 giugno, ha stabilito i requisiti minimi per tutti i medici che operano nelle Reti di cura ma che sono sprovvisti dei requisiti citati dal decreto del marzo 2013: previsto un minimo di esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e un congruo numero di ore di attività professionale esercitata corrispondente ad almeno il 50 per cento dell'orario e acquisizione di una specifica formazione in cure palliative nell'ambito di percorsi di ECM.

La necessità di stabilire requisiti minimi per poter esercitare le Cure Palliative purtroppo nasce dalla difficoltà di reperire sufficienti risorse certificate riguardanti la competenza in materia del medico che si occupa di CP. Tale scarsità di esperti nasce anche dal fatto che l’indirizzo alle CP al momento della scelta professionale dopo la laurea, può avere un riflesso frustrante per il neomedico che lo voglia intraprendere, poiché dal punto di vista teorico rappresenta una innaturale resa alla malattia e può essere percepito come una incapacità professionale.
 
E’ innegabile che a volte l’affidamento alle CP può essere visto come un messaggio di rassegnazione per la famiglia ed il paziente e non di speranza e ottimismo per la prognosi che oggi si pretende dalla Medicina moderna, spesso interpretato come un abbandono, ed il proporre un nuovo curante non fa altro che confermare l’interpretazione negativa (errata) dell’aggettivo palliativo della cura, e cioè un intervento provvisorio ed inutile sul sintomo.

Una analisi critica del decreto permette di rilevare che probabilmente la certificazione di frequenze e corsi non è sufficiente a stabilire di essere in possesso dei requisiti: la numerosità delle ore previste potrebbe non essere del tutto sufficiente. La futura scuola di specialità in cure palliative sarà certo un vantaggio in termini di preparazione, ma fino a quel momento per rendere più affidabile il giudizio di idoneità si potrebbe suggerire di ratificarlo attraverso un esame-colloquio di verifica da parte di una commissione di esperti addetti alle cure palliative che valutino il livello di idoneità.

Restano da esaminare nel dettaglio le competenze professionali, alcune delle quali assolutamente specifiche per le cure palliative. In particolare ad esempio le competenze relazionali che si esprimono sia verso il paziente che nei confronti dei congiunti. È fondamentale la consapevolezza del percorso comunicativo in grado di rendere interpretabili gli stati emozionali del paziente e famigliari mediante un processo che possa utilizzare quei codici del linguaggio che sappiano illustrare le situazioni, definire lo stato d'animo, dare forma e significati alle diverse situazioni. Se infatti la comunicazione rappresenta elemento fondamentale di terapia in medicina, diventa un cardine determinante in cure palliative. Così come la possibilità di lettura delle dinamiche che regolano i rapporti tra il paziente e i famigliari, e la capacità di intuire chi sia il vero caregiver.

Le CP rappresentano un percorso per definizione trasversale, e la capacità di intuire approcci multidisciplinari da esplorare rappresenta un dovere specifico.
 
Felice Occhigrossi
UOSD Terapia del Dolore, Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata - Roma
 
Fabrizio Micheli
UOC Terapia del Dolore, Ospedale Guglielmo da Saliceto - Piacenza
 
Pier Paolo Visentin
Direttore Centro Ricerche di Storia dell’Arte Sanitaria

23 giugno 2021
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