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Sindrome nefrosica, studio del Gaslini stabilisce il livello minimo utile della terapia farmacologica

Oggi sono disponibili per la sindrome nefrosica due farmaci: il micofenolato mofetile (MMF) e il rituximab (Rtx), che hanno meccanismi differenti d'azione ma determinano effetti positivi paragonabili. Lo studio, pubblicato su JAMA Pediatrics, prova che riducendo la dose di MMF si ottengono risultati molto peggiorativi rispetto allo standard care previsto e prodotto dalla terapia con Rtx.

11 MAR - Nella Giornata Mondiale del Rene l’Istituto Giannina Gaslini presenta lo studio randomizzato, pubblicato su JAMA Pediatrics il 22 Febbraio 2021, condotto presso lo stesso istituto di Genova da parte dell’équipe nefrologica sull’efficacia delle terapie a basso dosaggio nella cura della sindrome nefrosica idiopatica.

La ricerca di base ed i forti investimenti dell'industria farmaceutica hanno completamente rinnovato negli ultimi 5 anni la disponibilità di farmaci ad uso clinico. Per la sindrome nefrosica idiopatica sono stati sviluppati farmaci cosiddetti “risparmiatori di cortisone” perché permettono di interrompere e sostituire l’uso di sostanze che hanno fino ad oggi permesso la gestione di malattie infiammatorie ma che hanno, nel contempo, determinato forti effetti collaterali dannosi se protratti nel tempo.

Lo studio
Oggi sono disponibili per la sindrome nefrosica due farmaci: il micofenolato mofetile (MMF) e il rituximab (Rtx), che hanno meccanismi differenti d'azione ma determinano effetti positivi paragonabili. La frontiera ora - spiegano i ricercatori - è definire strategie terapeutiche “a basso dosaggio” utilizzando posologie ridotte che inducano effetti collaterali di minor peso clinico. La definizione dei livelli minimi utili di Rtx è stata completata negli ultimi 5 anni ed abbiamo oggi una ragionevole stima del livello minimo utile di Rtx, da utilizzare in pazienti pediatrici ed adulti.

Obiettivo dello studio randomizzato pubblicato su JAMA Pediatrics è stata l’esatta definizione dei livelli minimi utili di micofenolato mofetile (MMF): lo  verteva a paragonare in maniera rigorosa l’efficacia di dosi di MMF ridotte al 60% della dose ad oggi riconosciuta utile, prendendo come paragone di efficacia il Rtx a dose minima già definita. Lo studio prova che riducendo la dose di MMF si ottengono risultati molto peggiorativi rispetto allo standard care previsto e prodotto dalla terapia con Rtx, spiega il dottor Gian Marco Ghiggeri direttore dell’UOC Nefrologia e Trapianto del Gaslini.

La conclusione dello studio, secondo gli autori, chiarisce in maniera definitiva la dose necessaria di micofenolato mofetile (MMF) nella sindrome nefrosica idiopatica e contribuisce pertanto in maniera significativa agli sviluppi terapeutici in tale patologia. E' possibile estendere le informazioni avute dallo studio a tutte le condizioni infiammatorie ed al trapianto di organo solido che richiedono l'uso di MMF come immunodepressore.

11 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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