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Caso camici. In Lombardia prosciolti il presidente Fontana e gli altri imputati: “Il fatto non sussiste”

Lo ha deciso il gup di Milano, prosciogliendo anche il cognato Andrea Dini, il vicesegretario generale della Regione Pier Attilio Superti, l'ex dg di Aria spa Filippo Bongiovanni e la dirigente della centrale acquisti per la Regione Carmen Schweigl. Per l'accusa il governatore, "previo accordo con Dini" decise di "pagare, a titolo personale, in favore di Dama il prezzo" dei camici, con il tentativo di effettuare un bonifico di 250 mila euro per il cognato da un conto svizzero. E per i restanti 25mila camici,  si intervenne su Bongiovanni "affinché rinunciasse alle residue prestazioni" per contenere il "danno economico" di Dama. Ipotesi tutte cadute oggi.

13 MAG -

"Il fatto non sussiste". Con queste motivazioni il presidente della Lombardia Attilio Fontana è stato prosciolto dall'accusa di frode in pubbliche forniture relativa all'inchiesta scattata nel 2020 in seguito al cosiddetto 'caso camici'.

Lo ha deciso il gup di Milano Chiara Valori, prosciogliendo insieme al governatore altre quattro persone, ossia il cognato Andrea Dini, proprietario della società Dama, il vicesegretario generale della Regione Pier Attilio Superti, l'ex dg di Aria spa Filippo Bongiovanni e la dirigente della centrale acquisti per la Regione Carmen Schweigl.

Secondo l'accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, in base al contratto del 16 aprile 2020 Dama, che detiene il marchio Paul&Shark, avrebbe dovuto fornire 75mila camici e altri 7mila set di dpi per un importo di 513mila euro.

Quando emerse il conflitto di interessi (la moglie di Fontana, Roberta Dini, aveva il 10% di Dama), gli indagati, per i pm, avrebbero tentato "di simulare l'esistenza" dall'inizio "di un contratto di donazione" per lo meno per i 50mila camici gia' consegnati e la restante parte, però, 25mila 'pezzi', non arrivò più ad Aria.

Da qui l'accusa di frode in pubbliche forniture. Accusa che oggi è stata cancellata dalla decisione del gup. Nessun illecito né penale né civilistico, hanno sempre sostenuto i difensori del governatore, Jacopo Pensa e Federico Papa, bensì una fornitura che si è trasformata in donazione e che ha consentito alla Regione "di risparmiare 513 mila euro".

Non c'è mai stata, spiegava la difesa, "alcuna gara, ma una offerta d'urgenza accettata come una fornitura a pagamento" di dispositivi che poi "si è deciso di donare".

Per l'accusa, invece, il governatore, "previo accordo con Dini" decise di "pagare, a titolo personale, in favore di Dama il prezzo" dei camici, con il tentativo di effettuare un bonifico di 250 mila euro per il cognato da un conto svizzero. E per i restanti 25mila camici, secondo i pm, si intervenne su Bongiovanni "affinché rinunciasse alle residue prestazioni" per contenere il "danno economico" di Dama.

Ipotesi tutte cadute oggi.


Fonte: Agenzie Ansa e Dire



13 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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