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Liste d’attesa. Il ‘paradosso’ Lombardia che per limitare i ritardi colpisce le strutture migliori. In anteprima il paper IBL

Le delibere 5883 e 6255 da parte di Regione Lombardia sono un "chiaro esempio di pezza peggiore del buco". Per ridurre le liste d’attesa, tali delibere tentano di introdurre incentivi monetari per le strutture ospedaliere, principalmente penalizzando i ritardi nelle prestazioni.  Ma il numero più alto di interventi fatti in ritardo è conseguenza delle preferenze dei pazienti, che magari preferiscono operarsi nella struttura specializzata aspettando di più. Così il rischio di medio periodo è quello di ridurre la qualità media delle cure offerte dalle strutture migliori. IL BRIEFING PAPER

21 MAR -

Le liste d'attesa in sanità, un problema annoso ulteriormente acuito dagli anni della pandemia. Come trovare soluzione al problema potendo contare su scarsi incrementi delle risorse pubbliche e puntando quindi solo su una migliore allocazione delle stesse? A porsi la questione è l'Istituto Bruno Leoni in un briefing paper, curato da Paolo Belardinelli, che Quotidiano Sanità presenta in anteprima. Nel testo ci si sofferma in particolare sulle risposte date dalla Regione Lombardia con due delibere (5883 e 6255) che, paradossalmente, potrebbero finire con il penalizzare le strutture migliori abbassando la qualità delle prestazioni offerte ai pazienti.

Ma prima di entrare nel dettaglio del problema, facciamo un passo indietro: perché esistono le liste d'attesa? Nello studio si ricorda come in ogni sistema sanitario moderno esiste una tensione tra tre principi: accesso universale alle prestazioni, esenzione dal pagamento delle stesse per i pazienti e sostenibilità del sistema. Per un dato livello di risorse stanziate dalla fiscalità generale, un sistema in cui non esistono limiti all’accesso alle cure e in cui ai pazienti non viene chiesto alcun pagamento per le stesse, chiaramente non sarebbe sostenibile. "Esistono vari meccanismi per porre un limite alla domanda di cure - si legge nel paper -. Il principale di questi meccanismi volti a razionare la domanda è dato dalle liste d'attesa. In altre parole, prima ancora che essere un problema le liste d’attesa rappresentano una condizione data dalla scarsità. Le risorse a disposizione delle regioni sono in gran parte definite dal governo centrale, e solo in minima parte dalle regioni stesse tramite una quota dell’Irap e le addizionali regionali Irpef".

"Così alla Regione Lombardia, come agli altri governi regionali, a fine anno viene assegnato un budget che dovrà essere speso nell’anno successivo.

Prima che scoppiasse la pandemia, nel 2019, il budget lombardo da dedicare alla sanità era pari a circa 18,4 miliardi. In altre parole, semplificando
un poco, nel 2019 le cure richieste dai cittadini lombardi oltre il valore di 18,4 miliardi non potevano essere erogate a carico del Sistema sanitario
nazionale. In questo caso - prosegue - i pazienti hanno due possibilità: pagare le cure di tasca propria, tramite assicurazione privata o pagando a prestazione, o aspettare l’anno successivo, quando il nuovo budget coprirà la spesa necessaria. Da qui le liste d’attesa, che in questo senso rappresentano una soluzione al problema delle risorse scarse".

Gli interventi sulle remunerazioni delle prestazioni in Lombardia. Il 24 gennaio 2022, la giunta regionale lombarda approvava la delibera 5883
avente per oggetto “misure per la riduzione dei tempi d’attesa – approvazione del nuovo modello di remunerazione delle prestazioni”. La delibera introduce, a partire da aprile 2022, meccanismi di penalizzazione per le strutture ospedaliere che non rispettano (e premialità per quelle che rispettano) i tempi di attesa per gli interventi chirurgici in area oncologica, secondo le definite classi di priorità.

Circa tre mesi dopo l’approvazione di questa delibera relativa all’area oncologica, l’11 aprile 2022 un’altra delibera, numero 6255, estendeva esattamente gli stessi meccanismi agli interventi chirurgici di aree non oncologiche a partire da luglio 2022 e alle prestazioni di specialistica ambulatoriale, a partire da maggio nel caso dell’area diagnostica per immagini (radiologia, neuroradiologia e medicina nucleare) e a partire da luglio nel caso dell’area prime visite (tutte le discipline).

L’obiettivo delle delibere è fare leva su incentivi monetari, a parità di risorse complessive, per spingere le strutture ospedaliere a ridurre i tempi di attesa. Penalizzando le prestazioni erogate in ritardo, questa l’idea, le strutture cercheranno nuove soluzioni per stare nei tempi previsti dalle classi di priorità.

Le due delibere sembrano però non prendere in considerazione una realtà di fatto. E cioè che esistono alcuni centri di riferimento che attraggono un gran numero di pazienti, specialmente per alcuni tipi di prestazioni ad alta specialità. Nel paper si prende innanzitutto ad esempio l'area oncologica, la prima sulla quale Regione Lombardia è intervenuta. "I primi dieci ospedali lombardi per volumi di interventi, ovvero
quelli che potremmo dunque definire 'specializzati' - si spiega nel paper - producono il 61% del totale degli interventi. Il restante 39% di interventi è distribuito in altri 58 ospedali lombardi, che in media fanno dunque volumi molto più bassi. Non sorprende che gli ospedali specializzati siano anche quelli con i tassi di mortalità post intervento a 30 giorni più bassi: 1,72% contro 2,24% in media. Per finire, questi ospedali specializzati sono anche quelli che subiscono la maggior parte delle penalizzazioni: circa 2,7 milioni di euro (72% del totale) contro 1,1 milioni degli altri ospedali (28% del totale)".

In altre parole, le strutture che hanno i volumi maggiori sono in media anche quelle con i migliori indicatori di qualità e, per assurdo, le stesse che finiscono per essere più penalizzate dalla delibera 5883 di Regione Lombardia. "Chiaramente si tratta di un’assurdità - sottolinea Belardinelli nella sua analisi - penalizzare le strutture migliori in nome di un obiettivo che, peraltro, non può essere raggiunto in questo modo. Il numero più alto di interventi fatti in ritardo è infatti conseguenza delle preferenze dei pazienti, che magari preferiscono operarsi nella struttura specializzata aspettando di più, piuttosto che operarsi prima ma in una struttura che non gode della stessa reputazione. Paradossalmente, l’unico modo per ridurre le liste di attesa presso queste strutture – a parità di altri elementi – sarebbe quello di spostare forzosamente i pazienti presso altri centri. La lista d’attesa, a
ben guardare, fa esattamente questo, spingendo il paziente a scegliere se e quanto aspettare per operarsi nel luogo o col medico di fiducia".

Paradossalmente, proprio a causa della loro qualità, a queste strutture verranno ridotte ulteriormente le risorse. Se queste penalizzazioni dovessero persistere nel tempo, si avverte nel documento, "nel medio periodo non ci si può attendere altro che una riduzione della quantità e della qualità delle prestazioni erogate da queste strutture. In ultima analisi questo va a penalizzare i pazienti". Le strutture sono in affanno e erogano in ritardo a causa della scarsità delle risorse a disposizione. Le due delibere però, si spiega, "non fanno nulla per penalizzare l’inefficienza, penalizzano solo il ritardo che, specialmente nelle strutture specializzate, è frutto di altri fattori. Tra questi c’è anche la reputazione costruita nel tempo da queste strutture, che fa crescere la domanda da parte dei pazienti".

E proprio questa reputazione, unita alla scarsità del budget, non consente di adeguare simultaneamente l’offerta e stare al passo con le esigenze dei pazienti. Il che ci porta al punto di partenza: le liste di attesa sono la conseguenza di un deficit di offerta (rispetto alla domanda). "Se si vuole aumentare il volume delle operazioni presso certe strutture - si suggerisce - è necessario aumentarne la capacità produttiva, cioè mettere più
risorse a disposizione, non meno, vincolandole ovviamente a standard di qualità del servizio ed economicità ed efficienza della gestione".

Lo stesso discorso vale per la delibera 6255 che estende lo stesso meccanismo agli interventi chirurgici di aree non oncologiche a partire da luglio 2022. Nel paper si prende ad esame l'area cardiologica. Anche in questo caso i primi 10 ospedali erogano il 66% del totale dei volumi. Il restante 34% è prodotto da altri 17 ospedali. Come per l’area oncologica, i primi 10 ospedali per volumi hanno tassi mortalità inferiori agli altri: 1,15% contro 1,64%. Questi centri di riferimento dell’area cardiologica, i cui volumi sono maggiori e i cui indicatori di qualità sono migliori, subiscono il 79% del totale delle penalizzazioni da parte di Regione Lombardia come da delibera 6255. Di nuovo, i centri di riferimento sono quelli maggiormente colpiti dal governo regionale. Di nuovo, "il rischio è di togliere risorse alle strutture migliori senza di fatto ottenere nulla in termini di riduzione delle liste d’attesa, dal momento che è presumibile credere che i pazienti continueranno scegliere secondo le preferenze come accaduto fino a oggi".

Come si evince dall’analisi proposta in questo documento, è improbabile che tali delibere avranno alcun impatto sulle reali attese dei
pazienti. "Qualora le prestazioni dovessero improvvisamente apparire come puntuali sui registri ufficiali - si sottolinea - sarà perché cambieranno i criteri con cui vengono assegnati i codici d’urgenza. Questo pare oggi l’unico comportamento strategico che potrebbe portare le strutture a rispettare i tempi d’attesa, dal momento che non è possibile produrre di più a parità di risorse. Meno che mai è possibile farlo con meno risorse a disposizione. Se dovessero realmente materializzarsi le penalizzazioni, infatti, l’effetto della delibera sarà quello di ridurre le risorse a disposizione delle strutture migliori, che saranno costrette a tagliare qualcosa, in termini di qualità o quantità".

Cosa fare a questo punto? Il suggerimento proposto dall'Istituto Bruno Leoni è quello di cassare se necessario le due delibere e "non vanificare i potenziali effetti positivi di altri interventi. Per esempio, lo sforzo incluso nella delibera 6002 del febbraio 2022, che prevede di allocare risorse aggiuntive alle strutture ospedaliere pubbliche e private per alleviare il problema delle liste d’attesa, ma anche le indicazioni inserite nelle delibere 7475 e 7819, rispettivamente del novembre 2022 e del gennaio 2023, che per il 2023 prendono come riferimento le prestazioni erogate nel 2019 consentendo di aumentarle del 10%, sembrano rappresentare piccoli passi nella giusta direzione di fornire più risorse alle strutture".

"Si tratta di cifre irrisorie e temporanee, per cui è difficile aspettarsi risultati strabilianti. Nondimeno, il tentativo di allocare più risorse, e magari allocarle dove queste producono di più, sembra attaccare una diretta causa del problema delle liste d’attesa e di certo comporta meno rischi di un intervento come quello analizzato in questo documento, che a prima vista può sembrare ingegnoso, ma che a un’attenta analisi rivela le potenziali conseguenze non intenzionali e non desiderate. La nuova giunta regionale deve interrogarsi su come far fruttare di più le scarse risorse a disposizione e soprattutto come liberarne di nuove", conclude il paper.

Giovanni Rodriquez



21 marzo 2023
© Riproduzione riservata

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