Liste d’attesa. Il protocollo Lombardia-Nas e le implicazioni sulla medicina generale
21 MAG -
Gentile Direttore,il protocollo di intesa tra Regione Lombardia e NAS per il contenimento dei tempi di attesa delle prestazioni di specialistica ambulatoriale ha due finalità di interesse per la medicina generale: verifica in ambito ospedaliero e in ambito territoriale dell'utilizzo della ricetta dematerializzata e verifica dell’iper prescrizione da parte degli specialisti ambulatoriali e dei medici di medicina generale.
Le ricerche dell’economia sanitaria mostrano che, in presenza di asimmetria informativa tra medico e paziente, i professionisti possono — anche inconsapevolmente — influenzare l’erogazione di prestazioni o farmaci, nel contesto del rapporto di agenzia tra cittadino e medico, al quale viene delegata l’interpretazione della domanda e le prescrizioni diagnostico-terapeutiche atte a rispondere ai bisogni oggettivi o soggettivi.
Questo modello di intermediazione tra domanda ed offerta, diadica e unidirezionale, è ancora valido? Come si è evoluto con la differenziazione sistemica tra I, II e III livello professionale e con la deriva verso la privatizzazione e il “mercato della salute”? Ad esempio con quali criteri i NAS scoveranno nella fitta rete composta da generalisti, specialisti dipendenti, convenzionati, accreditati o libero-professionisti, gli iperprescrittori inappropriati?
Ecco una sintesi schematica dei fattori in gioco nell’interazione tra domanda e offerta in medicina.
Induzione della domanda da parte dell’offerta (supplier-induced demand, SID). Aree con maggiore densità di professionisti o strutture d'offerta mostrano tassi più alti di prestazioni, a parità di bisogno, come illustra l’ironico aforisma: “Metti un ecografo nel deserto e dopo una settimana avrai una lista di attesa”. Il medico, detentore del sapere tecnico, può prescrivere più esami, farmaci o visite del necessario per diverse motivazioni. Remunerazioni fee-for-service sono associate a rischio di overuse rispetto a sistemi a quota capitaria o salariali. Strategie di marketing, come il disease mongering, o il disease creep hanno l'effetto indiretto di indurre nuova domanda attraverso la mediazione del paziente “sano preoccupato”. L’industria farmaceutica può influenzare le prescrizioni tramite informazione promozionale (bias informativo). L'istituzionalizzazione di oltre 30 professioni sanitarie e il frequente ricorso alla libera professione per i lunghi tempi di attesa hanno ampliato l'offerta extra SSN, che poi ricade sui servizi territoriali con induzione di prescrizioni.
Incertezza informativa. La complessità clinica può indurre il medico a prescrivere in eccesso per non “sbagliare”. L’induzione è più frequente in aree diagnostiche e terapeutiche grigie, dove le linee guida sono assenti o meno specifiche e le informazioni carenti o ambigue.
Minimizzazione difensiva del rischio legale e reputazionale. Accertamenti diagnostici possono essere richiesti per proteggersi da contenziosi legali soprattutto nelle discipline dove il rischio è più avvertito, come l’emergenza/urgenza; inoltre si tende a “fare di più” per evitare di mancare una diagnosi o ridurre un rischio, anche se statisticamente poco probabile, che potrebbe compromettere la reputazione del medico.
Aspettative dei pazienti. Pressioni dirette (richiesta di esami/farmaci) e cultura salutistica prestazionale favoriscono l’induzione passiva per assecondare le attese dei pazienti più informati, consapevoli o preoccupati per la propria salute o per i potenziali fattori di rischio. La gratuità delle prestazioni in assistiti esentati dai ticket per età e reddito può accentuare il fenomeno, facendo leva sul “ricatto” della revoca. Talvolta accade che sia il paziente stesso ad indurre la prestazione, rivolgendosi direttamente allo specialista privato, alla farmacia dei servizi o a strutture che offrono pacchetti di accertamenti, saltando la mediazione dell'agente medico di I livello. In MG la domanda indotta dagli assistiti si esprime con la frequente richiesta di "fare tutti gli esami" in soggetti asintomatici.
Implicazioni per le politiche sanitarie. L'introduzione di linee guida cliniche, audit prescrittivi, formazione EBM, percorsi diagnostico-terapeutici e vincoli prescrittivi – come le Note AIFA o dei LEA - mirano a promuovere l'appropriatezza per evitare l'over prescrizione di accertamenti e farmaci. Analogamente le remunerazioni a prestazioni possono costituire un volano per l'induzione di frequenti accertamenti e visite di controllo, di dubbia appropriatezza nel contesto della cosiddetta "generalizzazione" della medicina di II livello, che si sovrappone al primo livello. Non si deve però trascurare l'altra faccia dell'inappropriatezza per eccesso, ovvero quella per difetto, nel senso dei pazienti che hanno una bassa aderenza alle terapie e ai controlli, che riduce l'efficacia delle cure e può peggiorare gli esiti clinici, ad esempio nell’area cardiovascolare o metabolica, con effetti sulla salute pubblica e sull’intero sistema.
Questi fattori interagiscono e si potenziano tra loro, in particolare nei sistemi pubblici misti come il SSN italiano, dove i medici convenzionati lavorano in condizioni di isolamento professionale e deficit di informazioni, pressione sociale e rischio medico-legale. Tracciare un confine netto tra appropriatezza e inappropriatezza, come vorrebbe la medicina amministrata e regolata da criteri economici non espliciti, non è un'operazione semplice, soprattutto nel settore diagnostico dove prevale l'incertezza epistemica e la dimensione relazionale.
Cordiali saluti
Dott. Giuseppe BelleriEx MMG - Brescia
21 maggio 2025
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Lombardia