Due aggressioni nel giro di pochi giorni in due diversi ospedali della Calabria portano ancora una volta i sindacati a richiedere un intervento deciso da parte delle istituzioni. Da una parte l’Anaao, dall’altra in Nursing Up, sottolineano la necessità non solo di misure di sicurezza, ma anche di investimenti in sanità per potenziare i servizi per creare le condizioni migliori per evitare questi episodi.
“L’ennesimo episodio di violenza, consumato la scorsa notte ai danni di una nostra collega all'Ospedale di Corigliano Rossano in provincia di Cosenza, ci lascia senza parole”, dichiara il segretario nazionale dell’Anaao Assomed,
Pierino Di Silverio, secondo il quale “nel manifestare tutta la nostra vicinanza a lei e agli altri operatori coinvolti, dobbiamo purtroppo constatare che le aggressioni contro di noi sono sempre più frequenti, ma quasi ‘declassate’ a semplici fatti di cronaca. E invece, dietro ogni atto di violenza, c’è una persona prima che un professionista che lentamente continua a perdere fiducia in un sistema ospedaliero ormai non più in grado di garantire la sicurezza delle cure”.
“Non possiamo più curare – argomenta Di Silverio - con un organico ridotto all'osso, con soli 3 medici costretti a estenuanti tour de force, con l'impossibilità di riposare, di ammalarsi o semplicemente di assentarsi, come nel caso dell’Ospedale di Corigliano”.
Una situazione che spinge l’Anaao a chiedere al governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, “un immediato e deciso intervento proclamando lo stato di emergenza sanitaria in una Regione che merita più attenzione anche da parte del governo nazionale”.
Di Silverio fa sapere che l’Anaao Assomed si costituirà parte civile, e chiede all'azienda di fare lo stesso, ricordando ai vertici aziendali che “secondo il dgls 81/2008 sono loro i primi responsabili della sicurezza degli operatori che non è delegabile in nessun modo”.
“Continueremo ad agire anche per le vie legali nei confronti di chiunque non abbia a cuore la sicurezza dei nostri colleghi”, conclude Di Silverio.
Ma quello di Corigliano Rossano non è l’unica aggressione avvenuta in Calabria a danni del personale sanitario. Il Nursing Up riferisce, infatti, di un altro episodio all’ospedale di Cosenza, presidio in cui il personale opera “in precarie condizioni”, dichiara il presidente nazionale Nursing Up,
Antonio De Palma, che aggiunge: “Stiamo parlando di un hub di secondo livello che, come tale, deve garantire un determinato numero di prestazioni, quelle che altre strutture del territorio non possono offrire. Un bacino di utenza non indifferente, un carico di lavoro pesantissimo per i nostri professionisti, i cui disagi, giunti tristemente all’acme, non li mettono assolutamente nelle condizioni di offrire ai pazienti le competenze e l’esperienza di cui sono portatori e che hanno dimostrato di possedere, nei momenti più delicati della storia recente della sanità locale”.
“Nel corso degli anni – osserva il presidente del Nursing Up - le parole che abbiamo sentito dire, ripetutamente, dalle direzioni che si sono succedute, sono sempre le stesse: ovvero razionalizzare e accorpare. Una pericolosa politica di austerity a cui il nostro Mezzogiorno è drammaticamente abituato e che è figlia di un modus operandi che parte da lontano, e che da Nord a Sud, da anni, vede i nostri Governi investire troppo poco e in modo non continuativo sul sistema sanitario, soprattutto rispetto ad altri Paesi europei che invece hanno intrapreso ‘la strada maestra’ del rilancio e della ricostruzione, in termini di valorizzazione di professionisti e di maggiore risorse a disposizione della collettività”. Una “scellerata politica di razionalizzare e accorpare” con cui “non c'è futuro per la sanità, da Nord a Sud”.
La sanità in Calabria, per il Nursing Up, “continua a far acqua da tutte le parti. Siamo di fronte a una situazione paradossale che trasforma operatori sanitari e cittadini nelle vittime sacrificali”.