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QS Edizioni - giovedì 18 aprile 2024

Lettere al Direttore - Emilia Romagna

La Direzione Assistenziale proposta in Emilia Romagna e i “mal di pancia” di qualcuno

di Marcello Bozzi
Gentile Direttore,
ho letto con attenzione la nota firmata dai Sindacati Medici Ospedalieri e Territoriali dell’Emilia Romagna e, in tutta sincerità, faccio fatica a comprendere la “ratio” della stessa, anche perché non riguarda né l’attività della Dirigenza Medica e Sanitaria, né gli sviluppi di carriera delle stesse dirigenze citate.
Certamente non è prevista dalla 502/’92 ma certamente i competenti Uffici Legislativi Regionali avranno esperito tutti gli approfondimenti necessari, tenuto conto anche della riforma del titolo quinto della Costituzione.
 
Il nostro sistema sanitario è complicato e complesso e pertanto è normale che una regione avanzata come l’Emilia Romagna preveda l’istituzione di una figura apicale a livello della Direzione Aziendale, rappresentante un’area “core” del sistema (Direzione Assistenziale), da affiancare alle altre Direzioni già istituzionalmente previste (sanitaria, amministrativa, socio-sanitaria, ove attivata), per l’ottimale funzionamento del sistema.
 
Il richiamo degli estensori del documento ad una “nuova figura politica” contrasta significativamente con le motivazioni espresse dalla Regione, così come contrasta con le dichiarazioni a supporto presentate da molti Direttori di Dipartimento e di UOC che evidentemente hanno avuto modo di apprezzare l’operatività della “nuova” figura dirigenziale, comunque prevista già dalla l. 502/92, con la possibilità di contrattualizzarla con l’art. 15 septies, avallata poi dalla l. 251/2000 (21 anni fa) e dalla l. 43/2006, nonché dai CCNL della Dirigenza Sanitaria (con qualche “cavillo” economico ancora da sanare).
 
Probabilmente gli estensori hanno confuso i concetti di “politics” e di “policy” … ma pare indubbio che il riferimento seguito dalla Regione sia il secondo (policy), tenuto conto dei grandi cambiamenti che hanno riguardato, da un lato, la demografia, l’epidemiologia e le condizioni socio-economiche del Paese e delle persone e, dall’altro lato, lo sviluppo scientifico, tecnologico, e metodologico a livello diagnostico-clinico-assistenziale-riabilitativo ed interventistico, individuando la necessità della nuova figura dirigenziale apicale (nei Paesi anglosassoni c’è da sempre!!!), per la funzione programmatoria ed organizzativa generale, per la migliore risposta possibile ai nuovi bisogni della popolazione e per far fronte alle nuove esigenze di funzionamento delle strutture.
 
Sono assolutamente condivisibili le dichiarazioni dell’Assessore Donnini che specificano “da tutte le valutazioni è emersa l'opportunità di andare avanti per la responsabilizzazione di tutte le professioni sanitarie senza che in capo alle attuali direzioni sanitarie venga tolta la funzione di sintesi dei processi clinico-sanitari. Riconoscere diritti già peraltro agiti nella sostanza non significa minimamente toglierne ad altri”, peraltro assolutamente in linea con le evoluzioni normative che hanno interessato le Professioni Sanitarie, con riferimento al riconoscimento di status, ruolo e formazione (almeno 30, dal ’94 ad oggi, probabilmente “sfuggite” agli estensori del documento).
 
Di contro è condivisibile il richiamo alla necessità di ripensare l’organizzazione dei servizi territoriali e del sistema ospedaliero.
 
L’auspicio è che il PNRR in discussione favorisca:
- gli adeguamenti necessari per i servizi territoriali, in linea con gli indirizzi già in essere;
- gli adeguamenti delle strutture ospedaliere nel rispetto del DM 70/2015 e degli indirizzi del PNRR relativamente agli ospedali di comunità.
 
Tutto ciò auspicabilmente con il coinvolgimento diretto di tutte le parti interessate, nel rispetto delle autonomie e responsabilità individuali (perché così dice la norma), in una logica di condivisione di progetti, percorsi e processi, con la valorizzazione di tutte le componenti professionali (non solo a parole), senza penalizzazioni per alcuno.
 
Ma forse è anche il momento di “resettare” il SSN tenuto conto che:
- dalla 833/78 (superamento del sistema mutualistico e istituzione SSSN, con la garanzia e la tutela sanitaria a tutti i cittadini) alla 502/92 (riordino della disciplina in materia sanitaria) + aggiustamenti con il 517/93 + 229/99) sono passati 20 anni;
- dalla 229/99 (norme per la razionalizzazione del SSN) ad oggi sono passati 22 anni.
In mezzo ci sono state:
- la l. 133/2008 – Brunetta – “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”;
- la l. 135/2012 – Monti - "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”;
- la l 158/2012 – Balduzzi – Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute;
- il DM 70/2015 – Lorenzin - Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
- la l. 24/2017 - Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.
 
Il PNRR può essere davvero una grande occasione per la riorganizzazione del SSN, più in linea con i nuovi bisogni della popolazione e con le nuove esigenze di funzionamento delle strutture … ma forse è anche il momento di un “reset” normativo, ad evitare confusioni, tensioni, sovrapposizione di ruoli e funzioni, per un sistema che sia davvero multi-disciplinare e inter-professionale.
 
Marcello Bozzi
Segretario ANDPROSAN – Associata COSMED
 

 
19 luglio 2021
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