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QS Edizioni - giovedì 25 aprile 2024

Regioni e Asl - Friuli Venezia Giulia

Cure primarie. Lucchini (Omceo Pordenone): “Il salto di qualità ci sarà quando tutti gli operatori dialogheranno tra loro”

di Endrius Salvalaggio
immagine 19 giugno - Un’assistenza domiciliare integrata che parli con i vari attori e coordinata dal Medico di Medicina Generale. E’ questa la strategia assistenziale vincente, secondo il Presidente dell’ordine dei Medici di Pordenone. Un modello in cui “gli operatori delle cure primarie, quelli ospedalieri e gli operatori sociali degli ambiti locali si facciano carico del paziente in una prospettiva ad ampio raggio, coordinati fra di loro in un contesto in cui tutti sanno tutto”
L’assistenza domiciliare integrata nel territorio rientra tra i livelli essenziali di cura definiti dalle norme nazionali. La Regione FVG ha sviluppato questo modello di cura a livello territoriale e, attraverso il coordinamento del Direttore di distretto, dei medici di medicina generale, gli specialisti ambulatoriali interni, gli odontoiatri inseriti nel progetto sociale, gli infermieri, i fisioterapisti le assistenti sociali, degli ambiti, vengono erogate prestazioni, assistenziali e riabilitative in seno al distretto e a domicilio del paziente.

“Le cure primarie a livello territoriale nella nostra Regione sono buone – spiega Guido Lucchini, Presidente dell’Ordine dei medici ed odontoiatri di Pordenone – ma mancano di una integrazione fra gli attori principali, difetta di una rete territoriale distrettuale integrata con quella ospedaliera dove gli attori sanitari del territorio si confrontino tra loro. Il salto di qualità della medicina del territorio si avrà quando il MMG dialogherà oltre che con gli operatori del distretto, con gli odontoiatri all’interno dell’Odontoiatria sociale, con il Fisioterapista, con l’Infermiere, con l’ Ospedale”.

I cambiamenti demografici, epidemiologici e sociali - prosegue - unitamente al cambio di modello delle cure prestato dalle Aziende Sanitarie, hanno fatto sì che le cure primarie a livello territoriale hanno assunto un ruolo fondamentale. Pazienti che fino agli anni duemila dopo un intervento chirurgico restavano in ospedale fino alla completa riabilitazione, oggi vengono dimessi “precocemente” e se si tratta di anziani soli, senza il supporto di una famiglia strutturata, adeguata alla gestione di un percorso ADI, l’assistenza viene demandata alle strutture intermedie ( RSA, Case di Riposo Hospices)”.

“Sia che si parli di una convalescenza dopo un’ospedalizzazione, sia che si tratti di un malato cronico – sottolinea ancora Lucchini – nell’assistenza domiciliare integrata si vede l’immediata presa in carico del paziente sin dalle dimissioni dall’ospedale. Intendiamoci: prendere in carico un paziente significa farsi carico della persona nella sua globalità, finalizzata alla soddisfazione dei bisogni fisici, psichici e sociali. Ecco perché le cure domiciliari vengono prestate da “molti” che, ritorno a dire, devono essere coordinati dal MMG, facendo dialogare tutti gli attori del percorso assistenziale”.

Il MMG è il primo a vedere ed ascoltare il paziente e, quindi - dice ancora il presidente Omceo - ad impostare un programma diagnostico e terapeutico per la soluzione di un problema di salute. Ad egli tocca “identificare” la natura del problema e, per l’effetto, anche la soluzione in un contesto molto ampio ed in un ampio ventaglio di ipotesi possibili da analizzare. Il medico delle cure primarie (le cure che si sviluppano al di fuori dell’ospedale), è inserito in un contesto familiare che scardina ogni tipo di barriera perché conosce l’ambiente che sta attorno al paziente”.
 
“Oggi è arrivato il momento di dare atto ad un’assistenza domiciliare integrata - ribatte ancora Lucchini – che miri alla costruzione di percorsi assistenziali continuati e integrati, fra gli operatori delle cure primarie, quelli ospedalieri e gli operatori sociali degli ambiti locali, che si facciano carico del paziente in una prospettiva ad ampio raggio coordinati fra di loro in un contesto in cui tutti sanno tutto. Accade, e non di rado, che in un percorso di cura domiciliare la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra e alla fine ad esserne penalizzato è sempre il paziente”.

“I vari Piano Socio Sanitari ( PSSR FVG) – continua il Presidente dell’ordine di Pordenone - che si sono susseguiti negli anni, hanno portato avanti sempre un denominatore comune: la continuità e l’integrazione nell’ambito del processo assistenziale. Continuità assistenziale tra ospedale e territorio alla luce del progressivo aumento delle malattie cronico degenerative, presuppone l’utilizzo appropriato dei ricoveri ospedalieri e nelle strutture intermedie. Il percorso del paziente fragile presuppone la continuità di cura tra ospedale e territorio, l’integrazione tra operatori e la messa in rete tra ospedale, distretto e MMG. La continuità nel territorio ha l’intento di fronteggiare l’aumento delle malattie croniche , prevenire le riacutizzazioni e l’ istituzionalizzazione, ma soprattutto di sviluppare l’integrazione socio sanitaria tra gli operatori nel territorio, favorendo il passaggio da una medicina di attesa ad una medicina proattiva ( di iniziativa)”.

Endrius Salvalaggio
19 giugno 2020
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