La pandemia Covid frena le donazioni di sangue. In Friuli Venezia Giulia il calo nel 2020 rispetto al 2019 si è tradotto in 5mila sacche di sangue in meno (da 60mila a 55mila). Colpa soprattutto del timore delle persone di recarsi negli ospedali a causa del rischio contagio covid causati anche, secondo
Vivianna Totis, direttrice del centro unico regionale di produzione emocomponenti con sede nell’Ospedale di Palmanova, “dai messaggi contradditori che i media ogni giorno rilasciano, come dire che gli ospedali sono dei posti ad alto rischio di contagio”.
“Nonostante le FAQ che abbiamo scritto di recente – spiega Totis – e che ogni utente può trovare nei portali delle Aziende sanitarie, in cui abbiamo cercato di spiegare e rassicurare il donatore che tutti i centri trasfusionali sono aree sicure, la raccolta di sacche nel 2020 è calata del 9%”.
Al contrario, spiega Tosis, c’è stato “un importante incremento nelle donazioni di plasma”, che ha fatto registrare nel 2020 la raccolta di 22.700 unità contro le 22.000 dell’anno precedente. Un incremento che sarebbe in parte legato anche agli accessi di persone guarite dal covid che hanno donato per permettere di sottoporre alle terapie con plasma i pazienti positivi.
La Direttrice del Centro centro unico regionale di produzione emocomponenti esprime le sue preoccupazione per il calo delle donazioni del sangue perché, spiega, non è stato compensato, come si potrebbe pensare, da una bassa domanda di trasfusioni legate alle poche operazioni delle sale operatorie. “Gli ospedali in FVG nei periodi di stop - sottolinea Totis - hanno lavorato grossomodo al 40%, ma molti, forse, non sanno che la raccolta di sangue intero è più che altro destinata alle trasfusioni di emazie per i pazienti ematologici, alle persone anziane con malattie croniche, e i loro bisogni permangono anche quando le sale operatorie sono state quasi tutte chiuse”.
Un altro deterrente che ha contribuito al calo delle donazioni, secondo il centro unico regionale, è stata la circolare del Centro nazionale del sangue che obbliga la programmazione della donazione attraverso la chiamata che, tuttavia, è servita ad evitare gli assembramenti all’interno dei centri trasfusionali, rendendo il percorso sicuro per donatori e operatori.
“Altro grosso problema che ha contributo alla riduzione delle donazioni del sangue – evidenzia Totis - è stato il mancato coinvolgimento dei ragazzi delle scuole. Le sette associazioni regionali agivano costantemente nelle scuole coinvolgendo i ragazzi maggiorenni per invitarli a diventare donatori, e facendoli donare soprattutto nelle autoemoteche. Da inizio pandemia, con la chiusure delle scuole è venuto a mancare sia il contatto che la possibilità della donazione n ambito scolastico, con un calo importante di reclutamento di nuovi donatori nelle fasce più giovani, che potrebbe ripercuotersi per alcuni anni”.
Tutto quello che la direttrice Totis ha elencato, ha riprodotto la situazione attuale, che vede da un lato il calo di donazioni, dall’altro un bisogno trasfusionale dei pazienti che deve essere in ogni caso garantito e soddisfatto.
“Anche nel mondo trasfusionale la pandemia ha scardinato modalità operative consolidate da anni e certamente nuovi modelli dovranno essere costruiti considerando che all’orizzonte si profila la gestione dei pazienti “no covid” che non hanno potuto usufruire di diagnosi ed interventi chirurgici, ma anche contestualmente i problemi sociali (incertezze economiche, licenziamenti ecc). Solo con una forte interazione tra associazioni donatori e trasfusionisti potrà trovare la soluzione ai problemi di domani”, conclude Totis.
Endrius Salvalaggio