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QS Edizioni - sabato 20 aprile 2024

Regioni e Asl - Friuli Venezia Giulia

Covid. La pandemia frena le donazioni di sangue ma aumenta quelle di plasma

di Endrius Salvalaggio
immagine 5 maggio - Nonostante gli appelli e le rassicurazioni in merito alla sicurezza dei centri trasfusionali, i mesi dell’emergenza Covid hanno visto un calo di accessi di donatori di sangue. In Friuli Venezia Giulia le sacche di sangue raccolte nel 2020 sono 5mila in meno rispetto al 2019. “C’è stato però un importante incremento nelle donazioni di plasma, da 22mila unità del 2019 a 22.700 del 2020”, spiega Vivianna Totis, direttrice del Centro regionale di produzione emocomponenti. Un incremento che sarebbe legato anche agli accessi di persone ex covid che hanno donato per le terapie con plasma dei positivi.
La pandemia Covid frena le donazioni di sangue. In Friuli Venezia Giulia il calo nel 2020 rispetto al 2019 si è tradotto in 5mila sacche di sangue in meno (da 60mila a 55mila). Colpa soprattutto del timore delle persone di recarsi negli ospedali a causa del rischio contagio covid causati anche, secondo Vivianna Totis, direttrice del centro unico regionale di produzione emocomponenti con sede nell’Ospedale di Palmanova, “dai messaggi contradditori che i media ogni giorno rilasciano, come dire che gli ospedali sono dei posti ad alto rischio di contagio”.  

“Nonostante le FAQ che abbiamo scritto di recente – spiega Totis – e che ogni utente può trovare nei portali delle Aziende sanitarie, in cui abbiamo cercato di spiegare e rassicurare il donatore che tutti i centri trasfusionali sono aree sicure, la raccolta di sacche nel 2020 è calata del 9%”.

Al contrario, spiega Tosis, c’è stato “un importante incremento nelle donazioni di plasma”, che ha fatto registrare nel 2020 la raccolta di 22.700 unità contro le 22.000 dell’anno precedente. Un incremento che sarebbe in parte legato anche agli accessi di persone guarite dal covid che hanno donato per permettere di sottoporre alle terapie con plasma i pazienti positivi.

La Direttrice del Centro centro unico regionale di produzione emocomponenti esprime le sue preoccupazione per il calo delle donazioni del sangue perché, spiega, non è stato compensato, come si potrebbe pensare, da una bassa domanda di trasfusioni legate alle poche operazioni delle sale operatorie. “Gli ospedali in FVG nei periodi di stop - sottolinea Totis - hanno lavorato grossomodo al 40%, ma molti, forse, non sanno che la raccolta di  sangue intero è più che altro destinata alle trasfusioni di emazie per i pazienti ematologici, alle persone anziane con malattie croniche, e i loro bisogni permangono anche quando le sale operatorie sono state quasi tutte chiuse”.

Un altro deterrente che ha contribuito al calo delle donazioni, secondo il centro unico regionale, è stata la circolare del Centro nazionale del sangue che obbliga la programmazione della donazione attraverso la chiamata che, tuttavia, è servita ad evitare gli assembramenti all’interno dei centri trasfusionali, rendendo il percorso sicuro per donatori e operatori.

“Altro grosso problema che ha contributo alla riduzione delle donazioni del sangue – evidenzia Totis - è stato il mancato coinvolgimento dei ragazzi delle scuole. Le sette associazioni regionali agivano costantemente nelle scuole coinvolgendo i ragazzi maggiorenni per invitarli a diventare donatori, e facendoli donare soprattutto nelle autoemoteche. Da inizio pandemia, con la chiusure delle scuole è venuto a mancare sia il contatto che la possibilità della donazione n ambito  scolastico, con un calo importante di reclutamento di nuovi donatori nelle fasce più giovani, che potrebbe ripercuotersi per alcuni anni”.

Tutto quello che la direttrice Totis ha elencato, ha riprodotto la situazione attuale, che vede da un lato il calo di donazioni, dall’altro un bisogno trasfusionale dei pazienti che deve essere in ogni caso garantito e soddisfatto.

“Anche nel mondo trasfusionale la pandemia ha scardinato modalità operative consolidate da  anni e certamente nuovi modelli dovranno essere costruiti considerando che all’orizzonte si profila la gestione dei pazienti “no covid” che non hanno potuto usufruire di diagnosi ed interventi chirurgici, ma anche contestualmente i problemi sociali (incertezze economiche, licenziamenti ecc). Solo con una forte interazione tra associazioni donatori e trasfusionisti  potrà trovare la soluzione ai problemi di domani”, conclude Totis.

Endrius Salvalaggio
5 maggio 2021
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