toggle menu
QS Edizioni - martedì 23 aprile 2024

Governo e Parlamento

“Per la sanità italiana serve una terapia d’urto: 13,5 miliardi in 5 anni”. Tra le priorità un piano straordinario di assunzioni e stabilizzazioni per il personale. Intervista a Walter Ricciardi, che presenta il programma di Calenda per la sanità

di Giovanni Rodriquez
immagine 30 novembre - Si articola in 10 azioni il programma per la sanità che Carlo Calenda ha affidato a Walter Ricciardi e che sarà uno degli assi portanti del nuovo partito "Azione" fondato dall'ex esponente Pd ed ex ministro dello Sviluppo economico con Renzi e Gentiloni. Il progetto è stato presentato questa mattina a Roma, presenti Calenda, Richetti e Ricciardi. Tra le azioni, oltre al personale, un piano di riammodernamento tecnologico e logistico, la revisione dei Lea, un Piano per la formazione alla leadership e al management ed un investimento pressoché triplicato in ricerca
"10 azioni urgenti, non derogabili, per salvare il Servizio sanitario nazionale. Azioni che devono rappresentare una priorità per qualsiasi governo. Non possiamo permetterci il lusso di perdere il Ssn, principale motore, non solo di equità, ma anche di sviluppo economico e sociale".
 
Così l'ex presidente dell'Istituto superiore di Sanità Walter Ricciardi ha presentato oggi al Teatro Eliseo a Roma, la 'ricetta' di Azione, il movimento liberal-progressista guidato dagli ex PD Carlo Calenda e Matteo Richetti, per salvare e rilanciare il Servizio sanitario nazionale.
 
Quanto proposto ad oggi dal Governo Conte bis va nella giusta direzione ma non è sufficiente. "Le proposte per la sanità contenute nella manovra e nel Patto per la Salute sono come la somministrazione di un brodino caldo ad un malato grave", spiega Ricciardi. Quello che serve è, invece, una terapia d'urto. Ed ecco la proposta di un investimento da 13,5 miliardi in sanità nei prossimi 5 anni per finanziare un piano straordinario di assunzione di personale, un piano di riammodernamento tecnologico e logistico, la revisione dei Lea, un Piano per la formazione alla leadership e al management, ed un investimento pressoché triplicato in ricerca.
 
Professor Ricciardi, può dettagliarci i 10 punti da lei presentati oggi per salvare il Ssn?
Partiamo da un'inderogabile richiesta di catalizzare le risorse del Paese verso il Servizio sanitario nazionale, e non verso misure improduttive che non creano sviluppo né prosperità sociale. Abbiamo calcolato che queste risorse sono quantificabili in 13,5 miliardi nei prossimi 5 anni. L’incremento degli investimenti e un uso efficiente delle risorse potranno contribuire a migliorare la qualità della vita dei cittadini e dei pazienti, riducendo l’onere per i familiari, sempre più oberati dal carico assistenziale dei propri cari.
 
E come dovrebbero essere utilizzate queste risorse?
Con il secondo punto spieghiamo che queste risorse dovranno andare a garantire un piano straordinario di assunzione, stabilizzazione ed incentivazione del personale del Ssn. Questo, non solo per dare tranquillità ai professionisti nello svolgimento del loro lavoro, ma anche per riconoscere loro incentivi che consentano a tanti bravissimi operatori sanitari di rimanere nel nostro Paese senza dover emigrare alla ricerca di compensi e riconoscimenti maggiori. Ricordiamo che il Ssn ha perso 40.000 dipendenti per pensionamento o emigrazione dal 2010. Il personale sanitario è invecchiato, l’età media supera i 50 anni e l’imminente pensionamento di massa non riuscirà a garantire i livelli di assistenza raggiunti negli ultimi 40 anni. Sempre sul tema del personale si dovrà poi intervenire anche sulla sua gestione oltre che sulla formazione.
 
Passiamo al terzo punto.
L'altra proposta riguarda le prestazioni erogate dal Ssn. Vanno riformulati i Livelli essenziali di assistenza che sono troppi e non sono esigibili. E, soprattutto, la metodologia usata per la loro valutazione è troppo lenta e farraginosa. Oggi sostanzialmente ci troviamo ad erogare Lea che risalgono a 10-12 anni fa, e non eroghiamo Lea che sono invece innovativi. Basti pensare alle tecnologie digitali e alla telemedicina che sono oggi sempre più importanti e richieste dai cittadini. È quindi necessaria una semplificazione sulle modalità di formulazione dei Lea, così come una maggiore trasparenza perché, una volta definiti, questi devono essere chiaramente compresi dai cittadini.
 
A seguire, si propone una maggiore trasparenza e valutazione delle competenze di gestione.
Esattamente. Arriviamo così al quarto punto. Tutto questo non può avvenire senza una gestione adeguata delle organizzazioni sanitarie. Noi proponiamo che l'Albo dei Direttori generali delle Asl non sia, come oggi, solo un burocratico 'esame per titoli', ma che sia molto più incentrato sulle competenze reali. Parliamo quindi di un reclutamento dei manager molto più trasparente e meritocratico. E poi il varo di una grande campagna di formazione, come fece il Regno Unito negli anni 90, rivolta sia al personale manageriale che al personale clinico, al fine di agevolarlo nella comprensione delle grandi trasformazioni e delle grandi esigenze che il Servizio sanitario nazionale oggi ha. 
 
Nel programma si propone poi di intervenire sull'Hta.
È essenziale, in presenza di risorse limitate, effettuare un’analisi preliminare degli investimenti e dei disinvestimenti, per non sprecare risorse necessarie a garantire servizi essenziali. Per fare tutto questo, è necessario creare una grande Agenzia nazionale dell'Health technology assessment. L'Italia è l'unico Paese al mondo a non averne una. Oggi, la valutazione delle tecnologie viene affidata, in modo parziale, a diversi soggetti quali Ministero della Salute, Aifa, Agenas ed Istituto superiore di sanità. Il risultato è che non esiste una procedura chiara e, soprattutto, terza ed indipendente nella valutazione delle tecnologie. Ma questa nuova Agenzia da sola non basta. Si dovrà anche rafforzare un ecosistema di valutazione delle tecnologie a livello regionale e locale.
 
E arriviamo così al punto 6 con un Piano straordinario di ammodernamento strutturale e tecnologico. Non bastano i 2 miliardi stanziati in manovra?
No, non sono sufficienti. Il nostro sistema sanitario, soprattutto in certe regioni, cade letteralmente a pezzi. Sappiamo tutti che ci sono diversi ospedali fatiscenti e strutture antiquate, dal momento che i tagli al settore non hanno consentito di investire in questo settore. Il Ministero della Salute insieme alle Regioni ha effettuato una ricognizione sullo stato del patrimonio immobiliare e tecnologico evidenziando la necessità di un intervento immediato e interventi infrastrutturali per un importo complessivo pari a 32 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti circa 1,5 miliardi di euro necessari per un adeguato ammodernamento tecnologico delle attrezzature. Per questo è necessario non solo incrementare le risorse a disposizione dell’edilizia sanitaria, ma anche utilizzarle rapidamente e in modo efficace e trasparente.
 
Con il punto 7 passiamo al territorio.
L'incremento delle situazioni di fragilità sanitaria e sociale, impone una riorganizzazione dell’assistenza territoriale che promuova attività di prevenzione e promozione della salute e di garanzia della continuità delle cure. Sono necessari: particolare attenzione ai percorsi di presa in carico dei pazienti con malattie croniche, in stretta correlazione con il Piano delle liste di attesa, un forte impulso dell'assistenza domiciliare, un investimento sull’assistenza residenziale e domiciliare per i soggetti non autosufficienti e sull’assistenza odontoiatrica pubblica. Vanno inoltre rivisti i rapporti tra Stato e Regioni.
 
In che modo andrebbero rivisti?
Va riformualato il rapporto tra Stato e Regioni. È chiaro che le Regioni che sono già ben amministrate vanno lasciate lavorare. Ma, al contempo, sappiamo anche che nessuna Regione può pensare di affrontare in maniera solitaria le sfide che abbiamo oggi di fronte, sia dal punto di vista epidemiologico che demografico e di sostenibilità. Per salvaguardare i cittadini delle Regioni in cui le amministrazioni non sono in grado o non sono capaci di garantire i Livelli essenziali di assistenza, si dovrà avere la possibilità di intervenire prima, e non solo dopo che i buoi sono scappati. In questo modo potremmo provare a porre fine ai 'viaggi della speranza' da parte di quei cittadini che vengono penalizzati ben tre volte: la prima volta perché pagano tasse più alte, una seconda perché non hanno servizi adeguati, e la terza perché sono costretti a spostarsi per cercarli in altre Regioni.
 
Al punto 8 propone un Ssn più digitale, rapido ed efficiente. Come pensa che si possa realizzare?
L’innovazione ha già trasformato la società e trasformerà sempre di più anche la sanità. Parliamo di digitalizzazione, sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), internet delle cose (IoT), intelligenza artificiale (AI) e realtà aumentata, nanotecnologie e macchine moderne come robotica, droni e stampa 3D. È possibile pensare alla digitalizzazione come un eccellente strumento per garantire un’assistenza sanitaria equa ed efficace solo se questo processo viene gestito in modo coordinato ed efficiente.  
 
Il punto 9 viene invece dedicato alla prevenzione.
Non solo prevenzione ma anche promozione della salute. È necessario rilanciare il Piano Nazionale per la prevenzione integrandolo con un Piano Nazionale per la promozione della salute. ignifica conoscere la propria popolazione, analizzandone il contesto e i bisogni. Considerare i determinanti sociali di salute come: genetica, comportamenti a rischio individuali, ambiente fisico, accesso alle cure, condizioni socio-economiche e politiche della popolazione e l’interconnessione tra loro in modo dettagliato. Prendere in carico la popolazione, sia quella sana con un approccio di prevenzione delle malattie, sia le persone colpite da malattia evitando il peggioramento delle condizioni di salute.
 
Bene, ma come realizzare tutto questo?
Lo si può fare promuovendo stili di vita sani e interventi trasversali politici e socioeconomici che intervengano in anticipo, evitando o riducendo i costi umani e sanitari. Prendere in carico la popolazione significa anche tenere conto delle caratteristiche specifiche di essa, dell’individuo e dei fattori determinanti nella erogazione di cure efficaci, identificando e sviluppando strategie centrate sui singoli pazienti, tali da garantire l’efficacia e la continuità delle cure.
 
L'ultimo punto viene, infine, dedicato alla ricerca.
Ultimo sì, ma non per importanza. Il Fondo sanitario nazionale è un fondo importante dal punto di vita quantitativo. Ma solo una minima parte di questo viene investito in ricerca. Noi, però, oggi sappiamo che dove si fa ricerca si cura anche meglio. Tutti i principali Paesi al mondo stanno facendo sempre più coincidere le strutture di ricerca con quelle di assistenza. Per questo noi proponiamo di destinare, non come accade oggi solo lo 0,1%, ma il almeno il 3% del Fondo sanitario nazionale alla ricerca. La ricerca sanitaria deve essere uno dei motori di sviluppo del Paese e di stimolo al miglioramento della qualità delle strutture di ricovero e cura, in particolare degli Irccs.
 
In sitensi, qual è l'obiettivo che si pone Azione?
In Inghilterra si è avuta una protesta spontanea di migliaia di operatori sanitari contro le bugie del partito conservatore. Il messaggio emerso da quelle proteste era chiaro: queste persone stanno raccontando una serie di bugie, non votatele più. Noi vogliamo dare all'Italia e agli italiani, non soltanto una forma di protesta, ma abbiamo l'ambizione di diventare un punto di riferimento verso il quale potersi rivolgere per salvaguardare questa grande opera pubblica. E penso sia molto importante che un forza politica consideri una priorità il salvataggio del Servizio sanitario nazionale.
 
Per chiudere, un suo giudizio sulla manovra e sul Patto per la salute ormai ad un passo dalla chiusura.
Non si può negare la buona volontà del Governo, ed in particolare del ministro Speranza, nel volersi muovere verso la salvaguardia del Servizio sanitario nazionale. Nonostante ciò, le attuali decisioni di finanza pubblica non sono compatibili con il salvataggio del Ssn, ma ne garantiscono soltanto un lento ed inesorabile declino. In questo contesto, anche il Patto per la Salute, pur essendo senz'altro un passaggio importante, è l'equivalente della somministrazione di un brodino caldo ad un malato grave.
 
Giovanni Rodriquez
30 novembre 2019
© QS Edizioni - Riproduzione riservata