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QS Edizioni - giovedì 28 marzo 2024

Lavoro e Professioni

“Subito un nuovo bando per l’Albo dei Direttori generali di Asl e Ospedali. E al nuovo Governo dico: investite sul management sanitario”. Intervista al presidente di Fiaso, Ripa di Meana

di Luciano Fassari
immagine 20 luglio - Il numero uno della Federazione di Asl e ospedali a tutto campo. “Carenza medici è emergenza e bisogna attrezzarsi, ma ciò non vuol dire fare ‘task shifting’ tra le professioni”. E poi su differenze Nord-Sud: “Più scelte strategiche o distanza si amplificherà nel tempo”. E per il futuro del Ssn dice: “Oggi c’è bisogno di fare un tagliando, non di cambiare macchina, ed è interesse di tutti che si vada verso una maggiore autonomia dei manager. Noi possiamo essere per il Governo e le Regioni un interlocutore prezioso e una buona lettura dei fenomeni e delle cose che si fanno all’interno del sistema sanitario”
“Un nuovo bando per l’Albo nazionale dei manager perché gli iter di selezione non hanno valorizzato a sufficienza l’esperienza professionale”. E poi sulla carenza futura di medici: “È certamente una delle sfide più importanti che abbiamo di fronte perché oggettivamente si modifica il mix del personale e bisogna attrezzarsi adeguatamente”.
 
E ancora sul futuro del Ssn “c’è bisogno di fare un tagliando, non di cambiare macchina, ed è interesse di tutti che si vada verso una maggiore autonomia dei manager”. Sono solo alcuni dei punti toccati da Francesco Ripa di Meana, presidente della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) che a pochi giorni dalla sua conferma alla guida della Federazione in un’intervista a tutto campo mette sul piatto gli obiettivi dei Direttori generali per il futuro della sanità italiana.
 
Presidente, ha suscitato molto interesse il vostro recente studio che denunciava la carenza futura di medici e proponeva alcune ricette organizzative per farvi fronte. È questa la prima sfida per il futuro del Ssn?
È certamente una delle sfide più importanti che abbiamo di fronte perché oggettivamente si modifica il mix del personale e bisogna attrezzarsi adeguatamente. E su questo sono molte le esperienze regionali cui guardare per affrontare quella che potrebbe diventare un’emergenza ma che se ben governata con l’innovazione organizzativa può diventare anche una opportunità per migliorare la qualità dei servizi e della presa in carico dei pazienti.
 
Dal mondo medico però vi hanno criticato perché dicono che volete fare task shifting…
Non è questo il nostro intento, i medici saranno oggettivamente meno che ci piaccia oppure no, nei prossimi anni sarà così anche se dovessero aumentare a dismisura gli accessi a medicina. Dico solo che bisogna liberare i clinici da appesantimenti legati alla organizzazione e che si deve tenere conto che abbiamo altre professioni che nel tempo sono cresciute e vanno valorizzate.
 
Qualche esempio?
Servono delle piattaforme per intensità di cura nei reparti in cui le altre figure professionali possono recitare un ruolo importante. Penso per esempio alla gestione dei letti, che non rispetta più la divisione dell’Unità operativa complessa, perché oggi la gestione del letto vede centrale l’infermiere. Ma penso anche alle sale operatorie dove è fondamentale l’apporto degli ingegneri gestionali. Valorizzare queste figure non vuol dire sottrarre ruolo al medico ma liberarlo da funzioni organizzative. È chiaro che in ogni caso il medico rimane centrale e dev’essere sempre più messo in condizione di espletare con qualità la clinica.
 
E come la mettiamo con il fatto che per legge e per contratto il medico del Ssn è conunque un dirigente?
La sanità è l’unico settore della PA dove tutti i laureati sono dirigenti, e questo ha oggettivamente creato confusione. Poter assumere con modalità contrattuali inizialmente differenti giovani medici non specialisti o dividere le carriere tra quella manageriale e quella clinica sono proposte di Fiaso utili anche a affrontare le sfide del momento.
 
E il territorio, spesso i dirigenti Asl sono stati criticati di averlo abbandonato?
Ancora di più nel territorio c’è bisogno di maggiore integrazione. Il medico di medicina generale dev’essere il pivot e va valorizzato, ma serve un’organizzazione orizzontale centrata su infermieri e fisioterapisti per esempio. E in questo contesto non va dimenticato l’apporto tecnologico, penso per esempio ad una ‘app’ per monitorare lo stato di salute e l’assunzione di farmaci. Tutto ciò vuol dire sburocratizzare la vita del medico e fornirgli una tecnologia ‘friendly’ per rendere il suo lavoro più efficace valorizzando il paziente come una risorsa. Sono solo esempi ma rendono l’idea.
 
Torniamo a un tema che vi riguarda da vicino. Il nuovo Ministro ha dichiarato, e c’è anche nel contratto di Governo, una stretta al sistema delle nomine dei manager, nonostante sia da pochissimo entrata in vigore la legge che ha istituito l’Albo nazionale. Che ne pensa?
È chiaro che la proprietà è pubblica e spetta alla Regione scegliere i manager ed è chiaro che non si possono eliminare i contatti tra i manager e le Regioni. Ma al contempo dobbiamo fare in modo che questo avvenga preservando sempre l’autonomia e la responsabilità dei manager.
 
E sull’Albo che idea avete?
Fiaso quando uscì l’Albo nazionale lo salutò come l’affermazione del ruolo del management. La strada intrapresa è quella giusta ma su come si è realizzata abbiamo dei dubbi. Infatti, abbiamo manifestato perplessità sulle modalità con cui è stato redatto. Il risultato di avere 800 nomi che prevalentemente sono quelli che già sono Direttori è stata sì una certificazione professionale che abbiamo accolto positivamente, ma è stato anche un insuccesso perché in definitiva i criteri di selezione non hanno valorizzato a sufficienza l’esperienza professionale. Siamo convinti che ci siano spazi di miglioramento e che sia utile rifare subito un bando migliorando i criteri per consentire ad una più ampia platea di persone di poter entrare, soprattutto per far nascere un vivaio di giovani manager. L’Albo non dev’essere una graduatoria ma un contenitore in cui le Regioni possono scegliere le persone giuste al posto giusto.
 
Grosso problema però è stato che in molte Regioni il corso per Dg era stato aperto solo a chi già era Dg e quindi in molti sono stati bocciati perché non avevano questo requisito. Che fare?
Questo purtroppo è uno di quegli indicatori che segnalano come l’Albo abbia favorito chi già faceva il Dg bloccando il ricambio. Non era questa la volontà dei decisori, lo voglio precisare, ma così è stato purtroppo nella pratica. Per quanto riguarda i corsi, non sempre sono stati all’altezza. In questo senso nel nostro programma Fiaso 4.0 vogliamo lavorare insieme a Regioni e Università per creare dei master di II° livello, la cui partecipazione non darà il diretto accesso all’Albo ma un maggior punteggio, perché è l’insieme della professionalità che dev’essere valutato.
 
Parliamo di retribuzioni. Voi avete sottolineato diverse volte un livello troppo basso dei compensi per i Dg di Asl e Ospedali rispetto alla mole di responsabilità...
La carriera del manager della sanità dev’essere resa appetibile per attirare i migliori. E noi siamo molto lontani dal tetto dei 240 mila euro fissato per i dirigenti della Pa e inoltre c’è anche molta disparità di trattamento tra le Regioni. È assurdo che nelle regioni del Sud, che sono ben più complicate da gestire, i manager abbiano stipendi più bassi. Bisognerebbe commisurare lo stipendio al livello di complessità.
 
Com’è cambiato il vostro ruolo in questi 40 anni di Ssn?
Quando a volte sento parlare di un ritorno al passato in cui si vuole eliminare la figura del top management credo si faccia un peccato di schizofrenia. I momenti critici sono stati tre: all’inizio, quando sono nate le Asl negli anni ‘90 c’è stato un momento in cui vigeva il ‘fai da te’ ed è cresciuto il disavanzo. Dall’inizio del 2000, con il regionalismo è cambiato radicalmente il focus e la nostra attenzione si è focalizzata troppo sui bilanci. In terza battuta, con la crisi del 2009 è stato necessario cambiare l’offerta per garantire la tenuta del sistema, penso al Dm 70, al Pne, un processo che ha favorito il management e la qualità dei processi orientati agli esiti di salute. Il sistema ha tenuto perché i manager sono riusciti ad applicare queste innovazioni normative che gli stessi manager avevano, prima, già sperimentato e realizzato in autonomia. E in questa terza fase si è concretizzato la costituzione di aziende più grandi o aziende ospedaliere di riferimento. Oggi dobbiamo fare un passo in avanti e valorizzare ancora di più la nostra professionalità per affrontare le sfide organizzative del futuro come l’invecchiamento della popolazione e l’innovazione a fronte di risorse definite.
 
Nord-Sud riusciremo a superare questa dicotomia? Alla fine i manager girano ma la differenza non si riduce.
I manager hanno girato più nella prima fase dell’aziendalizzazione mentre in quella della sostenibilità le Regioni si sono fatte delle loro squadre. Ma a parte ciò, credo che il divario Nord-Sud, in un Paese che spesso fa aggiustamenti e meno scelte strategiche non possa fare altro che amplificare i difetti nel tempo. Questo è un problema strategico e la regia complessiva del sistema non è ancora riuscita a realizzare quel necessario scambio di competenze tra chi è più avanti e chi è più indietro. Come Fiaso, la nostra proposta è chiara: investire sul management.
 
Proprio su questo, per novembre avete organizzato un grande evento in concomitanza con il quarantennale del Ssn. Quale sarà il messaggio che lancerete?
Nella nostra grande conferenza del management (ndr. Le iscrizioni sono già aperte al sito www.convention.fiaso.it)  vogliamo rappresentare la cultura di migliaia di persone che lavorano nelle aziende sanitarie pubbliche. Vogliamo presentare all’opinione pubblica il nostro ruolo e il fatto che siamo una risorsa importante per il Paese in un settore della Pa che è di fatto un’eccellenza anche grazie al nostro lavoro quotidiano. Il tema cardine sarà quello dell’accessibilità al servizio come diritto dei cittadini dato che questo è un tema strettamente manageriale ma che incide sulla vita e i bisogni delle persone. Altro tema sarà come affrontare lo sviluppo delle tecnologie, non possiamo programmare gli acquisti e poi realizzarli dopo 5 anni. E poi lanceremo le nostre proposte per ripensare l’organizzazione del personale nelle aziende. Oggi se si legge un organigramma non si capisce chi fa cosa. Su queste basi vogliamo stimolare anche la Politica, per esempio per la creazione di un fondo da 5 mld per l’innovazione svincolato dal Fondo sanitario per la spesa corrente.
 
Com’è il suo ‘sentiment’ nei confronti del nuovo Esecutivo?
Abbiamo le spalle larghe, siamo stati abituati alle critiche in passato e non ci spaventeremo anche se dovessero arrivare in futuro. In ogni caso, credo che stia aumentando all’interno del Ssn l’idea sul ‘cosa fare’ piuttosto che con ‘chi prendersela’. Oggi pensiamo che nessuno voglia mettere in discussione le aziende e il management. Oggi c’è bisogno di fare un tagliando, non di cambiare macchina, ed è interesse di tutti che si vada verso una maggiore autonomia dei manager. Noi possiamo essere per il Governo e le Regioni un interlocutore prezioso e una buona lettura dei fenomeni e delle cose che si fanno all’interno del sistema sanitario.

Luciano Fassari
 
20 luglio 2018
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