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QS Edizioni - sabato 20 aprile 2024

Lavoro e Professioni

Se, quando e in quali casi vale il principio della “perdita di chance” nella colpa medica

immagine 14 novembre - La Cassazione, respingendo il ricorso degli eredi di una donna deceduta dopo l’asportazione di un tumore al timo, dà ragione alla Corte d’Appello e spiega i confini della perdita di chance, distinguendo la chance patrimoniale e non patrimoniale che hanno secondo i giudici diversità fondamentali. LA SENTENZA
La perdita di chance c’è se l’errore medico produce conseguenze negative nella sfera non patrimoniale del paziente ma non si può stabilire con certezza quanto questo sarebbe sopravvissuto, evitando sofferenze, senza l’errore.

La Cassazione, respingendo (sentenza 28993/2019, terza sezione civile) il ricorso degli eredi di una donna deceduta dopo l’asportazione di un tumore al timo, dà ragione alla Corte d’Appello e spiega i confini della perdita di chance, distinguendo la chance patrimoniale e non patrimoniale che hanno una diversità fondamentale: nella seconda, diversamente dalla prima, il paziente parte da una situazione preesistente negativa - perché è malato - prima di affidarsi alle cure del medico.

Il fatto
Una donna era deceduta dopo l’operazione di asportazione di un tumore al timo e la Corte d’Appello a cui i parenti avevano fatto ricorso per il risarcimento ha escluso il nesso di causalità tra tardivo e inadeguato reintervento e il decesso come indicato dalla perizia che ha escluso che vi fosse nesso causale tra la condotta dei sanitari e il decesso, affermando che non poteva ritenersi individuabile nesso causale tra l'operazione di timectomia, con necessaria “cruentazione del distretto” e la lesione aortica, potendo questa individuarsi quale lesione di origine ignota comunque non accertabile, il cui accadimento doveva ritenersi complicanza dell'intervento del tutto rara ed inusuale e ‘non oggettivamente dimostrabile nella sua morfologia per mancanza di riscontro topografico della lesione all'angio TC, mancata descrizione macroscopica della precisa sede in sede chirurgica ed autoptica mancanza di una prova istologica di meiopragia della parete aortica, insufficiente descrizione degli interventi’”.

La sentenza
La Cassazione, nel dare ragione alla Corte d’Appello, sottolinea che quando quando il Ctu indica in modo specifico, anche se approssimativo,  il periodo possibile di sopravvivenza della donna senza la condotta imperita del medico non si può parlare di maggiori chance di sopravvivenza, ma di minore durata della vita e sua peggiore qualità. Perdita di chance sarebbe invece in un’altra ipotesi: se la condotta del medico danneggia il paziente in termini di apprezzabilità, serietà e consistenza, ma le conclusioni del Ctu indicano che la maggior durata della vita e le minori sofferenze sono soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche del momento. Solo così può scattare il risarcimento in via equitativa della possibilità perduta una volta che risulta provato il nesso causale fra condotta e l’evento incerto.

La Cassazione nella sentenza spiega che sul profilo della perdita di chance “il modello teorico di riferimento della perdita di chance (la cui matrice essenzialmente giurisprudenziale è conseguenza di un significativo silenzio normativo, fatte naturalmente salve le imponenti elaborazioni dottrinali sul tema) è stato e tuttora resta (come si legge nelle numerose pronunce di legittimità e di merito che affrontano la questione) il danno patrimoniale, dibattuta essendone la sola forma - e cioè quella. di danno emergente piuttosto che di lucro cessante”.

E dopo una lunga disamina di tutti i passaggi che la caratterizzano, sottolinea che “provato il nesso causale secondo le ordinarie regole civilistiche, rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente. Sul medesimo piano d'indagine, che si estende dal nesso al danno, ove quest'ultimo venisse morfologicamente identificato, in una dimensione di insuperabile incertezza, con una possibilità perduta, tale possibilità integra gli estremi della chance, la cui risarcibilità consente ( come scelta, hic et nunc, di politica del diritto, condivisa, peraltro, anche dalla giurisprudenza di altri Paesi di Common e di Civil law) di temperare equitativamente il criterio risarcitorio del cd. al/ or nothing, senza per questo essere destinata ad incidere sui criteri di causalità, né ad integrarne il necessario livello probatorio”.

In sintesi, secondo la sentenza della Cassazione:

“a) Sul piano funzionale, chance patrimoniale e chance non patrimoniale partecipano della stessa natura.

b) La diversità morfologica tra chance patrimoniale e chance non patrimoniale da responsabilità sanitaria va individuata nella diversità della situazione preesistente:
• Preesistenza negativa (chance non patrimoniale)
• Preesistenza positiva (chance patrimoniale)

c) Tale preesistenza postula, nella chance patrimoniale, una situazione positiva (titoli, professionalità, curricula, esperienze pregresse, attitudini specifiche ecc.); in quella non patrimoniale, una situazione di salute (già) patologica (i.e. "negativa")

d) Entrambe le forme di chance presuppongono:
• Una condotta colpevole dell'agente
• Un evento di danno (la lesione di un diritto)
• Un nesso di causalità tra la condotta e l'evento
• Una o più conseguenze dannose risarcibili, patrimoniali e non
• Un nesso di causalità tra l'evento e le conseguenze dannose"
 
In base a tutte le varie considerazioni secondo la Cassazione “consegue che non sussiste, nel caso di specie, alcun margine di apprezzabilltà di perdita di chance, avendo la CTU espletata in primo grado compiuto, come risulta dalla motivazione della sentenza di appello, una valutazione ‘in termini di possibilità di sopravvivenza della paziente ) assolutamente generica ed ipotetica anche in considerazione dell'elevata mortalità di eventi astrattamente confrontabili con quello In esame, la disseccazione acuta dell'aorta, che può portare ad una percentuale di mortalitià del 15-20% in reparti ad altissima specializzazione come sono quelli di cardiochirurgia’.

Secondo la Cassazione, la sentenza della Corte d’Appello, dove ha concluso che la possibilità per la donna di “sopravvivere alla situazione ingravescente anche se fosse stata curata con assistenza di specialisti diversi e differenti apparecchiature, tenuto pure conto delle sue condizioni generali assolutamente scadute ben prima che si verificassero i ritardi terapeutici, e dei rischi del trasferimento presso altra struttura sanitaria con procedura d'urgenza, con concreto pericolo di arresto cardiaco, fosse talmente labile e teorica da non poter essere determinata neppure in termini statistici e scientifici probabilistici e ancor meno equitativamente quantificata, si sottrare alle critiche proposte, avendo coerentemente e logicamente escluso la sussistenza di una perdita di chance”.

La Cassazione ha quindi respinto integralmente il ricorso.
14 novembre 2019
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