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QS Edizioni - giovedì 18 aprile 2024

Lettere al Direttore

Quale ospedale vogliamo?

di Giancarlo Pizza
18 maggio -

Gentile Direttore,
ancora una volta il Suo prestigioso Giornale Online si appalesa come la palestra di discussione più ampia e foriera di proposte in ambito sanitario. Ora sono attratto dalla discussione che si è instaurata fra il prof. Cavicchi e il dott. Maffei intorno alla problematica ospedaliera. Cosa vuole nell’Ospedale ho passato tutta la mia vita professionale e vederne parlare difficilmente mi lascia inerte!

Mi sia concessa, dopo più di 40 anni di pratica ospedaliera a tempo pieno e senza fare mai l’intramoenia, ma dedicandomi interamente all’assistenza dei malati e alla ricerca scientifica (con non pochi riconoscimenti internazionali) resto convinto che, l’Ospedale come servizio per assistere i malati acuti e garantire l’emergenza, come sostiene da tempo il prof. Cavicchi debba essere un po’ rivisto, o meglio, riformato.

A mio modesto avviso tre sono i grandi problemi che la politica che governa a vario titolo la sanità dovrebbe affrontare:

  • l’Ospedale come servizio pubblico anche se tecnologicamente si è molto sviluppato è rimasto culturalmente indietro, cioè il suo rapporto con la società si è molto complicato (si pensi solo al problema dell’errore medico e del contenzioso legale);
  • l’Ospedale è stato suo malgrado innegabilmente vittima di politiche miopi e sbagliate (fra queste l’aziendalizzazione, la razionalizzazione coniugata come brutale riduzione del personale, economicismo esasperato, schiaffo alle componenti sindacali) alle quali oggi bisogna porre rimedio;
  • l’Ospedale, soprattutto alla prova della pandemia oggi, ha quasi bisogno di essere reinventato liberandolo dalle burocrazie che lo hanno sempre soffocato.

Quando leggo che il dottor Maffei “non condivide praticamente nulla di quello che propone Cavicchi” mi sento quasi sollevato perché se dovessimo continuare ad affrontare i problemi dell’Ospedale alla maniera di Maffei cioè alla maniera del DM 70 non andremmo molto in là.

Oggi sulla base della mia esperienza pluridecennale mi sento di dire che continuare a definire l’Ospedale sulla base del posto letto relativo ad un indistinto bacino di utenza come propone il DM 70 del dottor Maffei in aperta polemica con il prof. Cavicchi seguendo parametri a mio avviso superati (quasi medioevali) è davvero difficile vederne il progresso.

Oggi l’Ospedale andrebbe definito prima di tutto sulla base delle complessità cliniche dei malati quindi sulla base dei tempi di cura (fra i quali una recente norma ha stabilito che anche il dialogo con il paziente è tempo di cura! Comunque, dott. Fassari, Paese originale il Nostro dove è dovuto intervenire il Parlamento per stabilire una ovvietà a contrastare i “minutaggi” imposti dalle direzioni sanitarie nelle varie attività anche ambulatoriali e ridare spazio alla professionalità!)

Non può esservi dubbio alcuno che da tali complessità derivi la necessità di intervenire sugli organici, sulla quantità e qualità degli operatori e le loro relazioni interprofessionali. Vanno rivisti i modi di operare dell’Ospedale fuori e dentro, affrontato il rapporto tra tecnologia e clinica e i tempi della tecnologia per definire i tempi della cura.

Come il dott. Maffei, sono stato uno dei 30 intervenuti, quasi un anno fa, al forum sull’Ospedale organizzato su questo giornale da Lei e da Cavicchi.

In quell’importante forum altri ed io esponemmo le nostre idee di riforma del DM 70 (le mie le ho appena ribadite) per cui ritengo poco generoso da parte del dottor Maffei, nel suo contrasto con il prof. Cavicchi, far passare l’idea che chi propone di riformare il DM 70 non abbia idee o proposte. Non è vero e non è corretto. Di sicuro le proposte di Cavicchi non rientrano nelle preferenze del dottor Maffei, ma questo non rileva, e non è vero che senza DM 70 l’Ospedale non ha un futuro. E’ vero esattamente il contrario. Il futuro dell’Ospedale dipende dalla sua capacità di emanciparsi dal suo passato, quello cui il DM 70 appartiene.

Vorrei ricordare a questo proposito che nel 1938 Petragnani scrisse le norme generali per l'ordinamento degli ospedali, che nel 1968 il ministro Mariotti organizzò queste norme generali in una riforma, che nel 2015 la stessa riforma fu ridotta a DM 70 e che oggi questo DM 70 è nel PNRR. Non aggiungo altro.

Un’altra affermazione del dott. Maffei che non considero lungimirante è quella “siccome di “Ospedale minimo” non ha mai parlato nessuno rimane poco altro da dire”.

Secondo me questo modo di fare sommario e liquidatorio non fa onore alla discussione. Al Forum che ho citato prima si è discusso di “Ospedale minimo”. La verità è che questa tesi Maffei semplicemente non la condivide, e qui nulla da ridire, ma negarla è altra cosa. E, onestamente, negare le tesi degli altri diciamo che non è mai bello.

L’ideale del DM 70 è nato prima di tutto dalle politiche contro l’Ospedale per questo per me definire il DM 70 come una teoria di “Ospedale minimo” è del tutto pertinente.

Il dottor Maffei su questo giornale se è auto dichiarato apologeta del PNRR ma anche del DM 70, ma aggiungo io che leggo attentamente i suoi articoli, apologeta anche del piano di prevenzione presentato lo scorso anno dal ministero della salute (QS 8 novembre 2021), apologeta anche del nuovo sistema nazionale per la prevenzione della salute appena approvato da governo (QS 20 aprile 2022) e apologeta di tante altre cose che non cito per brevità tra le quali l’istituzione del direttore assistenziale nella mia regione da Maffei definita una “opportunità da non perdere” (QS 21 luglio 2022).

Cioè alla fine il dottor Maffei ai miei occhi leggendo i suoi interessanti contributi si presenta non solo come l’apologeta del DM 70 ma alla fine come un apologeta delle ragioni della tecnocrazia alla quale per sua ammissione si sente ovviamente di appartenere. Potrebbe supporsi un conflitto di interessi? Potrebbe anche darsi ma parrebbe dichiarato.

Ciò che si appalesa è che il prof. Cavicchi propone da anni, come tutti sanno, un pensiero di riforma mentre il dott. Maffei di fatto opta per chi nel tempo le riforme non è riuscito a farle.

Per cui il nodo vero, a proposito di Ospedale, posto dal prof. Cavicchi non è tecnico ma politico e riguarda i rapporti tra burocrazia, tecnocrazia e politica.

A questo proposito la cosa che mi ha più colpito nell’ultimo articolo del dott. Maffei è la mancanza di confronto nel merito delle questioni sollevate dal prof. Cavicchi forse per non averne capito il senso o forse ritenendo che senso non ne avessero. Bene, posso dire che per me e moltissimi altri le questioni sollevate dal prof. Cavicchi senso ne hanno eccome.

Cavicchi si è fatto una semplice domanda che io personalmente ho trovato davvero molto stimolante: perché i funzionari attualmente operanti in sanità con un Ospedale tanto mal ridotto non riescono neanche per sbaglio a concepire un qualsiasi cambiamento riformatore? Cioè perché essi sono così tanto rigidi e così tanto irragionevoli?

La loro risposta sembra implacabile: abbiamo una politica molto debole senza nessun pensiero di riforma per cui essa necessariamente si trova a dipendere in tutto e per tutto dalla burocrazia quella del DM 70 che però ci ha messo in crisi con le sue false soluzioni.

Il rischio che quindi corriamo è che la burocrazia funzioni di fatto come una ideologia e che quindi che sia l’ideologia e non la politica al timone. Questo è il punto. Cosa c’è di così tanto difficile da capire?

Io stesso come presidente di ordine ho fatto esperienze nella mia regione di una burocrazia che facendosi ideologia (penso per esempio alle competenze avanzate, alle autoambulanze senza medici ecc.) ha fatto più danni della grandine.

Ma la domanda che a me viene spontanea è: a che serve avere un governo, una regione quindi un ministro e un assessore se poi sulla sanità con una pandemia con una guerra e una recessione decidono i burocrati?

Cioè la domanda che non può essere evitata: ma in sanità la politica serve o no? Io dico che serve come il l’aria ma proprio per rimediare a tutte le insufficienze della tecnocrazia e della burocrazia.

Come ha scritto Cavicchi “per la burocrazia vale il principio di Lavoisier”, cioè non si cambia niente ma si trasforma tutto, con una pandemia una guerra e una recessione non è difficile capire che non sarà la burocrazia a salvare la sanità ma l’unica speranza che abbiamo è augurarsi una politica all’altezza delle sfide riformatrici.

Non mi pare un concetto difficile da capire e meno che mai senza senso.

Caro dott. Fassari, ringraziandola ancora dell’ospitalità che mi concede nel Suo giornale mi lasci auspicare con tutto il cuore, per il bene dell’Ospedale e dei malati, che la politica sia più disponibile a ragionare del dottor Maffei perché ricordo a tutti che, anche se parliamo di posti letto parliamo pur sempre di persone malate, di sofferenze, di paure di angosce personali e di persone che muoiono.

Dott. Giancarlo Pizza
Vicepresidente OMCEO Bologna

 

18 maggio 2022
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