toggle menu
QS Edizioni - sabato 19 luglio 2025

Lettere al Direttore

Professioni sanitarie ex legge 251/00 in crisi: tra carichi crescenti, carriere bloccate e una formazione da ripensare

di S.Proia, R. Di Bella, D,Pasini
immagine 17 giugno -

Gentile direttore,
prendendo le mosse dal dibattuto DM 418 del 30 maggio di quest’anno, che ha riformato l’accesso a Medicina, questo testo intende inserirsi in una riflessione più ampia sulle sfide che le professioni sanitarie si trovano ad affrontare. Come sottolineato in diversi contributi, la riforma — che può comportare l’ingresso di studenti in Corsi di Laurea delle professioni sanitarie ex lege 251/00 per mancanza di alternative — mette in evidenza una situazione di difficoltà che va ben oltre la questione del testo ministeriale in sé.

È quindi importante partire da questo punto per affrontare una questione più generale: la scarsa valorizzazione delle professioni sanitarie ex lege 251/00 , dal punto di vista formativo, professionale e culturale nonostante che siano passati 25 anni dall’approvazione di questa legge, madre di tutte le norme per la riforma delle professioni sanitarie.

È quindi corretto sottolineare le criticità di una misura che, di fatto, sembra dirottare sulle professioni sanitarie una quota di studenti esclusi dalla facoltà di Medicina. Ma questo è solo l’ultimo tassello di una situazione che richiede una valutazione ben più profonda, perché le difficoltà delle professioni sanitarie ex lege 251/00 nascono da una situazione strutturale di lunga data — una situazione che la riforma ha reso, se possibile, ancor più evidente.

È perciò importante affrontare in modo organico le sfide che il settore si trova a vivere, riprendendo quanto a suo tempo sottolineato dai rappresentanti ordinistici, scientifici e sindacali di queste professioni sanitarie e da diversi addetti ai lavori.

Un ritratto delle professioni sanitarie ex lege 251/00 oggi
È sotto gli occhi di tutti come le professioni sanitarie vivano una situazione difficile, strette in una morsa di compiti crescenti, retribuzioni inadeguate e scarse prospettive di carriera (WHO, 2020; OECD, 2019). A fronte di una formazione universitaria di alto livello, le retribuzioni non rispecchiano le responsabilità ricoperte, e le progressioni di carriera restano limitate, nonostante che la contrattazione nazionale già per due rinnovi l’abbia prevista in analogia al sistema degli incarichi professionali e gestionali della dirigenza medica e sanitaria.

A questo si somma una carenza di personale, che grava sulle équipes, aumentando i carichi di lavoro, i turni e lo stress correlato (Journal of Nursing Scholarship, 2021). Un circolo vizioso che, a sua volta, produce una situazione di malessere professionale, assenteismo per malattia e difficoltà a mantenere in organico le forze necessarie per gestire i servizi. È una situazione che richiede una riforma organica, perché, senza una strategia di ampio respiro, le difficoltà andranno ad aggravarsi.

La questione delle carriere e della formazione
È necessario ricordare che queste professioni sanitarie non vivono solo di pratica clinica, ma anche di organizzazione, ricerca, docenza e management. La normativa, dal 251/2000 al DM 270/04, ha teoricamente aperto spazi di progressione, ma nella pratica le posizioni per una piena valorizzazione delle competenze acquisite restano scarse (The Lancet, 2016).

È per questo che il modello formativo 3+2 sembra non essere più in grado di rispondere alle sfide attuali. L’introduzione delle Lauree specialistiche per singola professione, rappresenta un’ottima soluzione, ma difficilmente implementabile in tutte le Classi di Laurea e in tutte le professioni. Un percorso di studi più robusto, di almeno 4 o 5 anni, che comunque non esclude un iter di specializzazione, consentirebbe di formare professionisti con una livello di competenze più avanzate, senza la necessità di ricorrere a percorsi formativi post base dal contenuto formativo non sempre omogeneo.

Secondo gli scriventi è quindi auspicabile, una riforma dei piani di studio, che includa una base formativa iniziale comune per le professioni sanitarie e che poi si specializzi gradualmente (WHO, 2020).

Un altro paradosso: la situazione universitaria
È paradossale che, nonostante queste professioni sanitarie richiedano una formazione avanzata, le posizioni apicali a livello universitario siano quasi esclusivamente ricoperte da figure che provengono da altri settori, come la medicina o la biologia.

È una situazione che limita l’autonomia delle professioni, ostacolando lo sviluppo di una cultura accademica propria e privandole di una piena rappresentatività all’interno delle università (The Lancet, 2016).

È quindi fondamentale aumentare la rappresentanza delle professioni sanitarie ex lege 251/00 a livello accademico, per garantire che le scelte formative siano orientate dalla conoscenza diretta delle sfide che questo settore deve affrontare.

Verso una riforma strutturale
È quindi il momento di ripensare in modo organico l’assetto delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica.

È importante:

  • Superare il modello 3+2, con corsi di laurea più lunghi e capaci di includere competenze oggi spesso affidate a Master e corsi post-laurea non standardizzati a livello nazionale;
  • Riorganizzare i piani di studio, con percorsi iniziali comuni per favorire una formazione di base omogenea, per favorire una maggiore conoscenza fra le professioni e maggiore collaborazione tra i professionisti ed una condivisione delle competenze non riservate;
  • Revisionare il sistema di accesso ai Corsi di laurea, con selezioni meno rigide in ingresso ma più rigorose durante il primo anno di corso; azione questa che permetterebbe di alleggerire e facilitare i calcoli previsionali sui fabbisogni formativi;
  • Aggiornare i DM che identificavano e normavano i profili professionali, ormai obsoleti rispetto all’evoluzione dei ruoli e alle competenze richieste;
  • Razionalizzare le figure professionali, attraverso la revisione dei profili riducendo la frammentazione senza sacrificare la specializzazione;
  • Aumentare la rappresentanza accademica, favorendo l’accesso alle cattedre da parte delle professioni sanitarie, potenziando il controllo dei percorsi formativi universitari.

Sono sfide difficili, che richiedono una volontà di riforma, una condivisione delle scelte e una graduale implementazione.

È importante che questo dibattuto non resti una questione di addetti ai lavori, ma diventi una priorità per l’intero Servizio Sanitario Nazionale, perché dalla valorizzazione delle professioni sanitarie dipende la cura delle persone e la tenuta del nostro modello di salute (OECD, 2019; WHO, 2020).

È giunto quindi il tempo di compiere scelte coraggiose per mantenere alta la cura, l’assistenza e la salute di tutta la società

Riferimenti (APA)

Saverio Proia

Roberto Di Bella, Direttore Attività Professionalizzanti Corso di laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia, Department of Medicine and Technological Innovation University of Insubria

Danilo Pasini, Dirigente delle Professioni Sanitarie Fondazione Policlinico Universitari Gemelli, IRCCS – Roma

17 giugno 2025
© QS Edizioni - Riproduzione riservata