toggle menu
QS Edizioni - venerdì 29 marzo 2024

Lettere al Direttore

Territorio, vero rilancio o bluff: il futuro delle Cure primarie

di Mario Fiumene
17 giugno - Gentile Direttore,
cosa non va in sanità e cosa andrebbe fatto per superare le attuali disomogeneità assistenziali e le carenze palesi nella gestione del Ssn? Fissiamo alcuni punti: 1) Importante sarà riaffidare ai medici di base e ai futuri infermieri di famiglia, il ruolo nella prevenzione. Per entrambe le Professioni il tempo di cura è nel Codice deontologico Per quanto riguarda il modello delle Case della Salute, ha un’applicazione disomogenea all'interno delle Regioni che le hanno avviate, a causa delle resistenze provenienti da vari ambiti.
 
2) La rete territoriale: una rete funziona solo se ognuno fa bene il proprio lavoro, ritengo importante che la medicina territoriale approfondisca e rafforzi le sue specificità cercando connessioni sempre più strette tra servizi e attività territoriali, con ampio ricorso a competenze diverse che dialogano e costruiscono un’organizzazione sanitaria più sensibile alle esigenze della popolazione. Un ampio spazio dovrà essere dedicato alla salubrità dei luoghi di vita e di lavoro.
 
3) Rafforzare ed integrare la prevenzione, la promozione della salute, attraverso la medicina generale (compresa la pediatria di libera scelta), l’assistenza infermieristica,  la riabilitazione e tutto l’ambito dell’assistenza sociale, senza dimenticare la salute mentale. Il lavoro deve essere di “gruppo associato”: nel territorio si deve fare sintesi di quella frammentazione che esiste a livello più alto. In questo quadro si può proporre di potenziare il ruolo dei Sanitari ivi compresi farmacisti. Sarebbe bene omogenizzare le cure territoriali in tutte le Regioni: la figura del medico singolo appare ormai anacronistica in un contesto che richiede competenze scientifiche, tecnologiche, informatiche, legislative sempre maggiori. In molti Stati membri dell’OMS la collaborazione tra il medico, l’infermiere e gli altri professionisti della salute nell’ambito delle cure primarie è esperienza ormai consolidata e valida, nel nostro Paese essa è, invece, un processo ancora da implementare.
 
4) L’intervento proattivo di professionisti della salute sulla prevenzione,  gli screening e diagnosi precoci, le azioni di counseling individuale e familiare, possono contrarre e far decrescere a medio lungo termine la stessa spesa sanitaria nazionale in quanto, evitando stati morbosi e gestendo più adeguatamente le cronicità, si riducono ricoveri, uso e abuso di farmaci (es. antibiotici), utilizzo di presidi e diagnostiche non necessarie. Il professionista della salute, nel proprio ambito, deve pertanto svolgere un ruolo efficiente ed efficace promuovendo la salute degli individui delle famiglie e delle comunità; gestendo l’assistenza in ambito domiciliare. I medici di famiglia servono ancora…il medico di famiglia e l'infermiere di famiglia sono le sentinelle della salute pubblica. E soprattutto si deve lavorare perché si concretizzi una integrazione ospedale/territorio con passaggio di informazioni e contatti tra professionisti dei due ambiti per esempio attraverso l’inserimento nelle medicine di gruppo degli specialisti convenzionati. Va portato a termine il progetto fascicolo sanitario con la possibilità di invio di dati dal territorio all’ospedale e viceversa, il fascicolo sanitario deve diventare strumento condiviso di conoscenza della storia del paziente, anche per l'area dell'emergenza/urgenza.
 
Molto altro si potrebbe migliorare: 1) una maggiore integrazione con i servizi sociali, 2) una maggiore collaborazione con il dipartimento di igiene e prevenzione con il riconoscimento del ruolo del medico di famiglia e dell'infermiere di famiglia sia per l’indagine che per la sorveglianza epidemiologica oltre che per le misure di profilassi attiva come le vaccinazioni.
 
Le cure territoriali devono avere strumenti e risorse per offrire una assistenza sempre più qualificata, che abbia la stessa dignità dell’ospedale e che condivida con esso dei percorsi di cura in grado di prendersi carico dei bisogni di salute del cittadino in tutti i suoi aspetti. Da più parti  giungono proposte:una è, che la soluzione sarebbe portare la medicina generale
alla dipendenza del SSN. Siamo sicuri che senza il rapporto fiduciario derivante dalla libera scelta del cittadino riguardo la medicina di famiglia (medico, infermiere, pediatra) si avrebbe la stessa forza, la stessa capacità di conoscenza e di sorveglianza del territorio?
 
Senza contare che questo porterebbe ad un ulteriore perdita di autonomia professionale. Di fatto il personale sanitario è già molto in sofferenza per l’eccessiva burocratizzazione e per i continui limiti imposti al suo agire professionale. Come pensare che la dipendenza possa migliorare questa situazione?
 
Questo vale anche per la figura dell'infermiere di famiglia. In conclusione andando sul pratico, sarà necessario garantire gradi diversi di autonomia, di autogoverno, di responsabilità e soprattutto di libertà decisionale, nonché adeguare la retribuzione in modo adeguato.
 
Mario Fiumene
Dottore Magistrale in Scienze infermieristiche, Counsellor ad indirizzo Socio costruzionista
17 giugno 2020
© QS Edizioni - Riproduzione riservata