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QS Edizioni - venerdì 19 aprile 2024

Lettere al Direttore

Elogio del medico “vintage”

di Ornella Mancin
14 settembre - Gentile Direttore,
chissà quanti di noi medici di famiglia, leggendo le parole del segretario nazionale della Fimmg Scotti, si sono sentiti “medici vintage”.
Chi come me (e credo che ormai siamo decisamente tanti) ha aperto lo studio negli anni 90 e quindi vanta almeno 30 anni di attività, ha visto la professione cambiare in maniera radicale: si è passati  dal lavoro in solitudine nel proprio studio alle  medicine  di gruppo, per arrivare in alcuni casi  alle medicine integrate, con una organizzazione complessa (personale di segreteria, infermieri, integrazione con specialisti); dall’ inizio del terzo millennio l’informatizzazione è entrata a gamba tesa nella nostra attività :dai  certificati di malattia online,  alla dematerializzata, per finire alla telemedicina solo per citare alcuni passaggi ; senza poi parlare della burocratizzazione che progressivamente e definitivamente grava sulle nostre spalle senza possibilità di tregua. Su tutto questo vanno inseriti cambiamenti epocali di relazione medico -paziente (basti pensare al consenso informato e alla legge sul fine vita).
 
Credo che poche categorie abbiano subito cambiamenti (predefiniti da altri)  in  un lasco di tempo relativamente breve riuscendo in qualche modo a uscirne “integri”.
 
Se fossimo legati a una visone “vintage” della medicina forse questi cambiamenti li avremo respinti e oggi staremo comodamente seduti nei nostri studi a fare i medici alla vecchia maniera, senza preoccuparci di piani terapeutici e budget, lavorando solo con le nostre mani , pochi strumenti e tanto ragionamento clinico …. ragionamento che mi permetta il nostro segretario, oggi spesso ci manca il tempo di fare
 
Siamo stati travolti dal cambiamento e abbiamo retto  con spirito di squadra e di sacrifico, cosa che del resto succede anche negli ospedali , perché si è prima di tutto medici  sempre, prima di essere specialisti o medici di famiglia, ed essere medici vuol dire lavorare con senso etico e deontologico, sapendo che prima di tutto viene il bene del paziente, anche quando il paziente, come succede sempre più spesso, ti aggredisce e tu sei costretto a rispondere in prima persona alle inadempienze di una organizzazione sempre più deficitaria.
 
Poi è arrivato il Covid e il sistema si è prontamente riaggiustato sulle nuove modalità di lavoro: pochi accessi, triage all’ingresso, tele medicina. Abbiamo lavorato nel territorio con molta paura, per molto tempo senza DPI e troppi nostri colleghi hanno perso la vita.
 
In questi mesi di emergenza sanitaria il nostro lavoro è triplicato. Alla normale routine si è aggiunta una disponibilità telefonica pressoché illimitata(che i pazienti presi dalla paura usano alla grande) e il lavoro legato alla pandemia: pazienti con sintomi da covid a cui chiedere i tamponi, contatti stretti da segnalare e tenere sotto controllo, certificazioni da fare …e se anche ci sono  le USCA  poco tolgono al nostro carico lavorativo.
 
Poi sono arrivati i test sierologici agli insegnanti (sulla cui validità ancora si discute) e ci siamo nuovamente attivati perché se qualcuno chiede noi rispondiamo. Su quelli (dicono un 35% ) che non si sono detti disponibili a farli sono tuonate le parole infelici di un noto sindacalista “ A questi medici andrebbe ritirata la laurea in medicina” manco ci fossimo laureati per questo.
 
Adesso il nostro segretario Nazionale ci dice che “nella categoria c’è chi ha ancora una visione ‘vintage’ del nostro ruolo” e che “per la medicina generale, anche in vista delle risorse europee in arrivo, è chiaramente il momento dell’adesso o mai più”.
 
Precisamente adesso o mai più di cosa? Qual è il cambiamento che ci viene prospettato, qual è il progetto futuro della medicina di famiglia?
Intanto è di ieri la notizia apparsa sulla  stampa (Corriere del Veneto 13 settembre)  di un accordo Regione Veneto e Sindacato perché i medici di famiglia possano  fare anche i tamponi rapidi ai propri pazienti: “In effetti non ha senso inviare un paziente con la  febbre in ospedale  per il tampone  quando può farlo dal proprio medico”, dice il governatore del Veneto Zaia  mentre il segretario regionale Fimmg ragiona sul numero di tamponi da affidare a ciascun medico (100 sembrerebbe il numero giusto così tanto per iniziare).
 
C’è una corsa al farci fare le cose perché altri potrebbero sottrarci spazio e noi dobbiamo dimostrare che siamo insostituibili.
Insostituibili lo siamo e lo saremo se ci viene consentito di essere medici e non “meri erogatori di servizi” come ben diceva il Presidente Anelli quando tre anni fa si è insediato alla guida della Fnomceo e invocava un cambio di passo per non scomparire.
 
Fateci fare i medici, aiutateci ad essere medici prima di tutto restituendoci autonomia e responsabilità professionale, difendente il nostro ruolo infungibile di medici a cui è dato il compito di fare diagnosi e terapia,  il resto è corollario su cui si può discutere.
Se volere essere medici è vintage, allora io sono vintage.
 
Ornella Mancin
Medico di famiglia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                                                                                                                 
14 settembre 2020
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