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QS Edizioni - sabato 20 aprile 2024

Lettere al Direttore

La medicina va basata su analisi e programmazione, non sull’edilizia

di Pietro Cavalli
29 luglio - Gentile Direttore,
cosa ne è stato della programmazione sanitaria del territorio della Lombardia sud-orientale? Che fine ha fatto il progetto, favorito da una donazione privata di più di sei milioni di euro, per la costruzione di un nuovo polo oncologico (Cancer Center) presso l’ospedale di Manerbio, con lo scopo di “dotare l’azienda e i cittadini del territorio di un centro oncologico di eccellenza”?

E avrà seguito l’iniziativa simile (ma con meno fondi) annunciata a trenta chilometri di distanza su strada rettilinea, laddove, sempre prima della pandemia, venne annunciata una nuova struttura oncologica (Cancer Center) presso l’ospedale di Cremona?  

Di sicuro sappiamo che qualche chilometro a nord, alla periferia di Brescia, era in programma, ancora nel febbraio 2020, la costruzione di un Centro Oncologico (Cancer Center) presso la Fondazione Poliambulanza, per un investimento superiore a 36 milioni di euro.

In un raggio di qualche decina di chilometri non vanno poi dimenticati Humanitas, IEO, Istituto Tumori, ospedale Niguarda, ospedale Policlinico di Milano, ospedale Policlinico di Monza, Ospedale San Matteo e Università di Pavia, ospedale San Raffaele, Spedali Civili di Brescia, Ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, tutte strutture dotate di Cancer Center di rilevanza internazionale e meta di pellegrinaggi sanitari anche dall’estero.

Un’offerta di prestazioni sanitarie analoga forse al proliferare di centri commerciali nel territorio lombardo, probabilmente necessaria (ma i dati relativi a ricoveri e spostamento di pazienti risultano difficilmente accessibili) e tuttavia apparentemente priva di regole, controlli e pianificazione.

In altri settori invece la programmazione regionale ha funzionato benissimo, al punto di riuscire a privare il territorio cremonese della possibilità di assistere e curare i neonati critici, quelli che, in condizioni di emergenza, vengono imbarcati su di un’ambulanza e recapitati a Brescia, a 50 chilometri di distanza. Con la conseguenza che le future mamme, a conoscenza di questa situazione, preferiscono andare a partorire direttamente a Brescia, ridimensionando anche l’attività del reparto di ostetrica cremonese. Che quindi induce alla riflessione su di una semplice equazione: meno neonati uguale meno ricoveri; meno ricoveri uguale meno personale e attrezzature; meno personale e attrezzature uguale meno necessità di servizi accessori; meno servizi accessori uguale meno ospedale. Di questo passo potrebbero restare a presidiare il territorio solo le Case di Riposo (e le altre “Case” previste dal PNRR).

In quest’ottica la decisione regionale di sostenere e finanziare la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a Cremona appare un vero e proprio cambio di prospettiva e assai stimolante, pur se apparentemente fuori contesto, priva di un’analisi sulle reali necessità del territorio, slegata dai dati epidemiologici, ignorante dei flussi dei cittadini cremonesi verso altre strutture, carente di valutazione dei costi sanitari e, soprattutto, dei possibili risultati in termini di salute della popolazione.

Andrebbe allora specificato che una Medicina basata sull’edilizia è certamente in grado di far girare l’economia e deliziare i professionisti del “taglio del nastro” e tuttavia che la tutela della salute dei cittadini non deve riguardare solamente il connubio laterizi-cemento, ma essere basata anche su professionisti motivati e preparati, inseriti in un percorso di reale formazione continua e condivisione delle scelte operative.

Pur riconoscendo ed apprezzando il grande impegno della attuale Direzione Generale, non è inoltre per nulla chiaro con quali competenze/specialità andrà riempita la nuova struttura.
Va da sé che, a fronte delle esperienze passate, sarebbe molto importante che il territorio ed i suoi rappresentanti si facciano sentire prima che le decisioni regionali diventino operative: dopo, come abbiamo imparato, sarebbe troppo tardi.

A questo proposito l’analisi dei dati sanitari del territorio è fondamentale. Ad esempio, se, come riportato dai media locali nel periodo immediatamente precedente la attuale pandemia, i dati ATS relativi all’epidemiologia dei tumori sul territorio cremonese sono reali, dovremmo essere di fronte ad una incidenza di tumori in diminuzione, come del resto tutta l’Italia. Con l’eccezione il tumore dello stomaco, in particolare nei maschi, mentre nelle femmine è il tumore della mammella a mantenere un’incidenza elevata, con una differenza tra Crema e Casalmaggiore, dove ci si ammala di più (ma si muore di meno) e Cremona, dove ci si ammala di meno (e si muore di più). Dati molto strani e che meriterebbero quantomeno una verifica da parte delle autorità sanitarie ed una riflessione da parte di quelle civili.

Un aiuto in questo senso può essere trovato nell’indagine PNE (Programma Nazionale Esiti), promossa da Agenas e dal Ministero della salute, che analizzano l’aderenza di tutte le strutture sanitarie del territorio nazionale ad alcuni indicatori che definiscono la “qualità” delle prestazioni sanitarie.

Si rimane perciò favorevolmente colpiti dal fatto che l’Ospedale di Cremona appaia tra le migliori strutture lombarde per quanto riguarda alcuni indicatori, ad esempio la mortalità dopo infarto cardiaco, che rimane bassa e sovrapponibile a quella registrata in Ospedali assai più rinomati. Anche la mortalità per ictus è al di sotto della media nazionale: solo due esempi di una buona sanità e che lavora (bene) in silenzio e che è in grado di fornire ottimi risultati in termini di salute.

Altri Reparti invece, a dispetto di una eccellente nomea e grande abilità comunicativa, oltre che di consistenti investimenti degli ultimi anni, presentano alcuni indicatori con valutazioni tra le più basse di tutti gli ospedali lombardi.

E’ quindi sull’analisi dei dati che si dovrebbe basare ogni tipo di programmazione. Ovviamente a condizione che questi dati esistano, che siano corretti, che siano aggiornati. Non avendo motivo di pensare che la realtà sia differente, ci permettiamo di suggerire ai rappresentanti della società civile di acquisire consapevolezza di questi ed altri dati, di esercitare controllo e vigilanza sul funzionamento delle strutture ed organizzazioni sanitarie, con il fine ultimo di pretendere un’assistenza efficiente ed efficace per i loro cittadini.

E’ auspicabile allora che il protocollo di intesa relativo al nuovo ospedale di Cremona preveda un approccio alla sanità pubblica differente rispetto a quello pre-covid, con un maggiore coinvolgimento del territorio e dei suoi rappresentanti, nella condivisione e nell’analisi dei dati necessari ad una programmazione utile per una migliore speranza di salute della popolazione.

Pietro Cavalli
medico, Cremona
29 luglio 2021
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