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QS Edizioni - sabato 20 aprile 2024

Lettere al Direttore

A quando una riforma della formazione medica specialistica?

di A.Costantino et al.
11 ottobre - Gentile Direttore,
nelle ultime settimane, complice anche il PNRR, si sta molto dibattendo sulle pagine virtuali del suo giornale in merito al futuro della medicina generale ma reputiamo che sia altrettanto importante iniziare un serio ed articolato dibattito sull’impianto formativo delle specializzazioni mediche.
 
Attualmente, oltre 40mila giovani medici stanno compiendo il loro percorso di specializzazione e la legge “cardine” che stabilisce i loro diritti, doveri e inquadramento è una legge del 1999, la n°368, che da oltre 22 anni non ha avuto nessun sostanziale aggiornamento.
Il medico in formazione specialistica, ancorato ad una legge dello scorso millennio, è inquadrato come uno studente post-universitario vincitore di un contratto di specializzazione universitaria: un inquadramento del tutto atipico se consideriamo i percorsi formativi degli altri paesi europei e del mondo occidentale.
 
Il medico in formazione ha nel corso degli anni preso le sembianze di una “figura mitologica”: ha conseguito una laurea magistrale di 6 anni con minimo 36 esami ma riceve una borsa di studio (tra le più basse d'Europa), non riceve straordinari ma paga regolarmente le tasse universitarie, non ha alcun diritto ai neanche quelli basilari di un lavoratore come trasferimenti, indennità aggiuntive, ricongiungimento familiare e infine congedi di paternità, di lutto grave, di matrimonio.
 
La “figura mitologica” è impreziosita con tutta una serie di incompatibilità lavorative che, ad eccezione di guardie mediche e sostituzioni dei MMG, non gli permette di svolgere alcun lavoro medico senza ricevere, come avviene per tutti i lavoratori, di una indennità di esclusività. E’ emblematico ciò che è accaduto durante questa pandemia: in deroga alle normative vigenti, il medico in formazione potevano essere assunti a tempo determinato nei reparti COVID, come a dire “in tempo di pace siete degli studenti, in tempo di pandemia siete dei lavoratori”.
 
Grazie ad una serrata battaglia delle associazioni giovanili di categoria, il medico in formazione, ovvero il professionista sanitario, ha potuto partecipare alla storica campagna di vaccinazione COVID riuscendo addirittura (!) ad essere pagato, sebbene con la retribuzione oraria minima prevista dagli accordi sindacali di categoria. Indimenticabili furono le dichiarazioni dell'allora Ministro e neo sindaco di Napoli Manfredi: “Gli specializzandi sono studenti: giusto che diano il loro contributo alla vaccinazione con un mese del loro percorso di specializzazione senza retribuzione ma pagati con crediti formativi universitari”. L’allora consulente della Regione Lombardia, il collega Guido Bertolaso, minacciò addirittura di ricorrere ai prefetti se “gli specializzandi oseranno non accettare di vaccinare gratis”.
 
Il quadro è ultimato con un “modus operandi” totalmente disomogeneo tra le oltre 1300 scuole di specializzazione italiane sul tema degli orari di attività da svolgere, dei trasferimenti presso altra sede e del periodo fuori rete formativa fino a 18 mesi, con differenze anche dentro la scuola stessa poiché il consiglio di scuola può arbitrariamente concedere a uno o l'altro medico in formazione l'opzione di trasferimento o periodo fuori rete formativa, con una ovvia disomogeneità non solo nel trattamento individuale ma soprattutto nell’offerta formativa e quindi nella qualità formativa del futuro specialista.
 
Ma i medici in formazione specialistica cosa pensano della loro condizione “studentesca-lavorativa”? la risposta proviene direttamente dai risultati del questionario di valutazione delle scuole di specializzazione, elaborato dall'Osservatorio Nazionale della formazione medica. Dai suoi dati, che per la prima volta sono pubblicati in forma aggregata e tutt’ora consultabili sul sito ufficiale del Ministero dell’Università emerge a nostro avviso una situazione impietosa.
 
Degli 11.705 rispondenti, a 4.801 viene richiesto di lavorare oltre l'orario previsto dal contratto ed a 2.668 non vi è il riconoscimento dei riposi dopo i festivi e le notti lavorate (tanto sono studenti, no?), 2.586 dichiarano che non è sottoposto regolarmente a controlli di sorveglianza sanitaria, 2.495 dichiarano che durante l'attività pratica da lei svolta non era presente il tutor e infine 3628 dichiarano che nella sua Scuola i medici in formazione non hanno le stesse possibilità di accedere a corsi, congressi ed attività di ricerca. Concludendo, la soddisfazione globale degli specializzandi sfiora la sufficienza (6,4/10).
 
Davanti a tutto ciò, non si può pensare di far scorrere gli anni ’20 del nuovo millennio senza una riforma della formazione medica specialistica. Questa “figura mitologica” di medico in formazione - studente un po’ lavoratore (a convenienza) deve essere archiviata con un suo sostanziale cambio d’inquadramento. La nostra idea di formazione è quella di un dirigente medico in formazione che non si sostituisce allo strutturato ma che abbia durante la specializzazione un crescente livello di autonomia commisurato ad un crescente stipendio, con una indennità di esclusività se egli decidesse di concentrarsi solo sulla specializzazione e con gli straordinari pagati.
 
Noi immaginiamo un medico trattato e inquadrato come tale, con tutti i diritti e le prerogative di un lavoratore ma sotto la supervisione e responsabilità di un tutor, che si forma in tutti gli ospedali, ruotando per davvero tra aziende sanitarie universitarie e non, con la sua formazione teorica supervisionata da professori universitari e la formazione pratica assistita da tutor che possono essere anche dirigenti medici con almeno 10 anni di esperienza (certificati come formatori di qualità da corsi specifici e valutata la loro capacità di insegnamento annualmente), che in quanto a preparazione non hanno nulla in meno rispetto a professori universitari.
 
Un “dirigente medico in formazione” a cui la formazione fuori rete formativa, le ferie, le malattie, i congedi, gli straordinari, il monte orario e il ricongiungimento familiare siano diritti granitici e uguali per tutti e soprattutto che la qualità della formazione sia vigilata in maniera standardizzata non da un Osservatorio come quello odierno, in cui su 16 membri 8 sono Professori Universitari e solo 3 sono medici in formazione, dove sembra molto che “gli osservatori e gli osservati coincidano” ma una struttura plurale (un organo paritetico con i rappresentanti degli specializzandi eletti mediante votazione telematica) a cui il professionista sanitario in formazione, dotato di un codice identificativo anonimo, può segnalare qualunque problematica a cui deve seguire d'ufficio una site visit a sorpresa.
 
A grandi linee, questa è la nostra idea di riforma e non possiamo che lanciare un appello ai due Ministeri competenti (quello della Salute e MUR) di istituire un tavolo interministeriale con le realtà associative e sindacali di categoria per ottimizzare il percorso formativo dei medici di domani, che cureranno gli italiani del III° millennio. Sediamoci intorno a un tavolo e costruiamo insieme, professori e specializzandi, una riforma della formazione medica post laurea degna del nostro Paese.

Andrea Costantino, Demetrio Crea, Filippo D’Amico, Marco Dell’Aquila, Giuseppe Esposito, Nicola Guareschi, Antonio Libonati, Giammaria Liuzzi, Sebastiano Lo Russo, Rinaldo Stefano Miceli, Massimo Minerva, Gian Marco Petrianni, Enrico Ponti, Giacomo Ranaldi, Giorgio Robuffo, Cristina Sangiovanni, Guido Santini, Manuel Santu, Samin Sedghi Zadeh, Livio Tarchi, Marco Tarroni, Lucrezia Trozzi
Rappresentanti ALS - Associazione Liberi Specializzandi
11 ottobre 2021
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