Si alza il livello di attenzione nei confronti degli
Ordini del giorno approvati nelle scorse settimane dal Consiglio regionale della Lombardia e che, per superare il problema delle liste d’attesa in oculistica, impegnano la Giunta a valutare la possibilità di affidare a ottici e optometristi la prima visita oculistica e oftalmica. A schierarsi contro oggi è l’Associazione Nazionale dei Primari Ospedalieri di Oculistica (Anpooc), che raggruppa i responsabili di circa 150 unità operative distribuite sul territorio nazionale. In una lettera inviata al ministro della Salute,
Orazio Schillaci, l‘Annpooc mette in chiaro i rischi e le contraddizioni di questa ipotesi, preoccupata anche che altre Regioni possano pensare di seguire l’esempio lombardo.
“L'Associazione – spiega nella missiva il presidente dell’Anpooc,
Ciro Tamburrelli, direttore dell’Ospedale Oftalmico di Roma - ritiene fondamentale garantire che le prestazioni di primo livello per le visite oculistiche siano condotte da personale medico e sanitario adeguatamente preparato e aggiornato, al fine di assicurare una valutazione accurata delle condizioni del paziente, specialmente in presenza di patologie oculari complesse”. Data la carenza di medici disponibili, l’Associazione riconosce che le visite di primo livello “possono essere eseguite da Assistenti di Oftalmologia e Ortottisti, professionisti con una formazione sanitaria specifica. A differenza degli ottici, che hanno una formazione tecnica e non sanitaria, questi professionisti sono addestrati per gestire gli aspetti sanitari della cura degli occhi, offrendo così una gestione adeguata delle visite di primo livello”. Ma riguardo agli ottici il no è secco.
Enfatizzando “l'importanza della supervisione medica completa nella fornitura di servizi oftalmici”, l‘associazione rimarca, piuttosto, “la necessità di integrare le tecnologie avanzate, come l'intelligenza artificiale, all'interno di strutture sanitarie competenti anziché presso enti commerciali, per garantire una gestione qualificata e sicura delle prestazioni”.
Le ragioni sintetizzate nella lettera al ministro vengono approfondite e argomentate in un documento a firma del Consiglio Direttivo dell’Anpooc, formato, oltre che dal presidente
Ciro Tamburrelli, dal vice presidente
Emilio Rapizzi, dal segretario
Michele Marullo, dal tesoriere
Agostino Vaiano e dai consiglieri
Antonio Acquaviva, Marina Cascella, Luigi Caretti, Charles Anthony Martorana, Maurizio Postorino, Andrea Niutta e
Luca Ventre.“Il coinvolgimento di strutture commerciali all’interno delle quali operano figure professionali non preparate a gestire la parte sanitaria – spiega l’Anpooc - presenta risvolti negativi che in ultima analisi si risolvono in potenziali danni per il paziente. Primo fra tutti il rischio di non valutare tempestivamente condizioni predisponenti a danni irreversibili”. Ed “è grave – sottolinea l’associazione - che per ovviare ad un oggettivo bisogno di un gran numero di prestazioni di primo livello per le visite oculistiche si pensi di potersi rivolgere a figure professionali poste al di fuori dei processi formativi universitari medici e sanitari e soprattutto con interessi anche di tipo commerciale nella fornitura delle prestazioni richieste e addirittura ipotizzate in un meccanismo a convenzione retribuito dalle casse regionali”.
Per i primari di Oculistica “è innegabile che il progresso tecnologico stia introducendo una serie di apparecchiature di facile utilizzo e soprattutto collegate a sistemi di intelligenza artificiale in grado di acquisire dati clinici oggettivi, in tempi rapidi e di estrema precisione” ma “resta inaccettabile che sistemi sanitari regionali possano scavalcare le figure professionali mediche e sanitarie formate e aggiornate nelle nostre università e nei nostri ospedali per rivolgersi a organizzazioni commerciali in cui operano professionisti preparati solo sotto un profilo tecnico non sanitario”.
Allora, per l’Anpooc, “l’implementazione tecnologica, oggi diffusa nei negozi di ottica e nelle Farmacie”, è necessaria “all’interno di hub territoriali negli ambulatori convenzionati e delle ASL”. In questo senso, gli investimenti che qualcuno intende dirigere verso i negozi di ottica, per l‘associazione vanno “reclamati e richiesti all’interno delle reti Ospedaliere e territoriali del SSN che costituiscono l’unica garanzia di un servizio professionale in ambito strettamente medico, non condizionato e sottoposto alle verifiche di qualità e appropriatezza che solo le ASL possono garantire”, conclude l‘Anpppc, che sta valutando anche la promozione di manifestazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.