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QS Edizioni - venerdì 29 marzo 2024

Scienza e Farmaci - Piemonte

Tumore colon-retto. Ricerca Irccs Candiolo di Torino apre a nuove speranze di cura “chemio-free”

immagine 7 marzo - Potrebbe essere possibile tenere sotto controllo la malattia grazie agli inibitori dell’enzima PARP, la proteina ‘officina’ che ripara il Dna delle cellule tumorali danneggiate dalla chemioterapia “rimettendole in moto”, favorendone la crescita e lo sviluppo. I PARP-inibitori, già approvati in Italia per la cura dei carcinomi dell’ovaio, entrano per la prima volta in gioco anche per la cura del tumore del colon-retto, aprendo nuove prospettive di cura ai pazienti con forme già avanzate di malattia.
Potrebbero aumentare le armi per combattere il tumore del colon-retto che, solo nel 2018, ha fatto registrare in Italia oltre 50 mila nuove diagnosi, occupando il secondo posto tra le 5 neoplasie più frequenti. Sono gli inibitori dell’enzima PARP, la proteina che ripara il Dna delle cellule tumorali, già approvati per i carcinomi dell’ovaio e per la prima volta studiati e utilizzati anche per il tumore del colon retto.
 
La notizia arriva da uno studio appena pubblicato su Clinical Cancer Research, dai ricercatori dell’Istituto di Candiolo Irccs e dall’università di Torino, che apre la via a studi clinici per testare nuovi farmaci per evitare la chemioterapia nelle forme più avanzate di tumore del colon retto, dopo trattamento chemioterapico con oxaliplatino, favorendo così la cronicizzazione della malattia.

I ricercatori del Dipartimento di Oncologia Università di Torino che lavorano presso l’Istituto di Candiolo, guidati da Sabrina Arena e da Federica Di Nicolantonio e Alberto Bardelli, hanno infatti osservato che gli inibitori di PARP arrestano la crescita anche di un sottogruppo di tumori del colon-retto. Inoltre, hanno scoperto che le cellule tumorali intestinali colpite dagli inibitori di PARP, pur avendo caratteristiche molecolari diverse, sono accomunate dalla sensibilità alla chemioterapia con oxaliplatino. Pertanto, in base ai risultati apparsi su Clinical Cancer Research, questi farmaci potrebbero essere testati come terapia di mantenimento per quei pazienti affetti da carcinoma al colon-retto che in precedenza hanno risposto bene e a lungo alla chemioterapia a base di oxaliplatino.

“I PARP-inibitori – afferma Arena – potrebbero segnare la svolta nella terapia di molti tumori. Tra questi oggi potrebbe esserci anche il tumore del colon-retto. La chemioterapia a base di oxaliplatino danneggia il DNA delle cellule dei tumori e spesso riesce a bloccare la crescita delle forme più avanzate di cancro al colon-retto. Tuttavia, i pazienti devono interrompere i cicli di trattamento per l’alta tossicità, anche quando la terapia è ancora efficace. Per questo occorre trovare nuovi farmaci in grado di tenere sotto controllo la malattia alla fine dei cicli di chemioterapia. Ed è qui che entrano in gioco i PARP-inibitori che impediscono a questa proteina ‘officina’ di riparare la rottura del DNA derivata dalla chemioterapia e quindi di replicare il proprio DNA per crescere e svilupparsi. Siamo solo all’inizio di un lungo e complesso percorso –precisa Arena –. Al momento stiamo studiando l’intero genoma per identificare se e quali caratteristiche molecolari del tumore consentano di selezionare i pazienti che potranno beneficiare di questo tipo di terapia”.

“Per arrivare a questa scoperta – ricorda Bardelli – abbiamo utilizzato una nuova strategia che sfrutta i cosiddetti organoidi: si tratta di colture in vitro di tessuti dei pazienti che ci consentono di testare rapidamente nuovi farmaci e di personalizzare le terapie. La squadra di biologi molecolari, medici, ingegneri matematici e bioinformatici che ha partecipato a questo studio è già tornata al lavoro per analizzare altri farmaci innovativi in grado di inibire le proteine coinvolte nella riparazione del danno al DNA e nel controllo del ciclo cellulare. Il prossimo passo sarà trasferire le osservazioni fatte in laboratorio in un trial clinico che metta a disposizione dei pazienti con cancro del colon-retto questi agenti antitumorali”, conclude l’esperto.

I numeri del colon-retto in Italia 
In Italia è fra le cinque neoplasie più frequentemente diagnosticate e occupa il secondo posto, rappresentando il 14% del totale: nel 2018 sono stati 28.800 i nuovi casi negli uomini e 22.500 nelle donne. La fascia di età prevalentemente colpita è compresa fra i 60 e i 75 anni, anche se in altre nazioni europee e negli USA si sta documentando l’aumento di diagnosi nella popolazione sotto i 50 anni.
 
Nel nostro Paese, tuttavia, l’incidenza di tumori del colon-retto nei giovani di 20-39 anni sembra essere in calo. La distribuzione geografica della patologia è molto disomogenea: rispetto alle regioni del Nord, nelle regioni del Centro l’incidenza è più alta del 7% (sia negli uomini sia nelle donne), mentre diminuisce in quelle meridionali (-6% uomini, -5% donne). Nel 2018 le cinque regioni con maggior numero di casi sono state Lombardia, Lazio, Veneto, Campania e Piemonte. Attualmente in Italia vivono circa 481.000 persone con pregressa diagnosi di tumore del colon-retto (16% uomini e 12% donne). Il tumore del colon-retto è la seconda causa di morte per tumore sia negli uomini (11%) sia nelle donne (12%).
 
Secondo i dati Istat nel 2016 i decessi per il tumore del colon-retto in Italia sono stati quasi 20.000: 11.000 negli uomini e 9.000 nelle donne. 
7 marzo 2020
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