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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Scienza e Farmaci

Gli pneumologi italiani: Covid lascia danni nei polmoni per almeno 6 mesi. E il 30% dei guariti potrebbe avere problemi respiratori cronici

immagine 26 maggio - “Non abbiamo al momento dati certi sulle conseguenze a lungo termine da polmonite da Covid-19, è trascorso ancora troppo poco tempo dall’inizio dell’epidemia. Tuttavia le prime osservazioni rispecchiano da vicino i risultati di studi realizzati in Cina a seguito della polmonite da SARS del 2003, molto simile a quella da Covid-19, confermando il sospetto che anche Covid-19 possa comportare danni polmonari che non scompaiono alla risoluzione della polmonite”,  spiega Luca Richeldi, membro del Cts e presidente della Società Italiana di Pneumologia.
Il Covid-19 lascia danni nei polmoni per almeno 6 mesi. E in ogni caso il 30% dei guariti avrà problemi respiratori cronici. E’ quanto emerge dal confronto tra i dati osservati dopo la polmonite da SARS del 2003, “cugina” di quella da Covid-19, e i primi dati osservazionali di follow-up dei sopravvissuti al coronavirus. Lo scenario arriva dal meeting digitale organizzato dalla Società Italiana di Pneumologia (SIP) con StemNet, la Federazione delle Associazioni di Ricerca sulle Cellule Staminali e il Gruppo Italiano Staminali Mesenchimali (GISM): gli esiti fibrotici, cioè la cicatrice lasciata sul polmone da Covid-19, possono comportare un danno respiratorio permanente e irreversibile e costituiranno la nuova patologia respiratoria di domani e una nuova emergenza sanitaria, per la quale sarà necessario attrezzarsi per tempo, rinforzando le Pneumologie. 
 
C’è convinzione tra gli pneumologi che nei pazienti rimasti molto a lungo negli ospedali e soprattutto nelle Unità di Terapia Intensiva, il recupero della “funzionalità respiratoria sia a lungo termine e, nei casi più gravi, potrebbe non essere completo”. Gli esperti perciò mettono in guardia: “È necessario prevedere percorsi di riabilitazione respiratoria e adeguati follow-up per capire quali pazienti rischiano danni permanenti. Già attivo a Pavia dal 27 aprile scorso il primo ambulatorio post-Covid che traccia la strada per lo specifico follow-up dei pazienti”. 
 
Nello specifico emerge chiaramente che l’infezione polmonare da coronavirus può lasciare un’eredità cronica sulla funzionalità respiratoria: si stima che in media in un adulto possano servire da 6 a 12 mesi per il recupero funzionale, che per alcuni però potrebbe non essere completo. Dopo la polmonite da Covid-19 potrebbero perciò essere frequenti alterazioni permanenti della funzione respiratoria ma soprattutto segni diffusi di fibrosi polmonare: il tessuto respiratorio colpito dall’infezione perde le proprie caratteristiche e la propria struttura normale, diventando rigido e poco funzionale, comportando sintomi cronici e necessità, in alcuni pazienti, di ossigenoterapia domiciliare. La fibrosi polmonare potrebbe diventare perciò il pericolo di domani per molti sopravvissuti a Covid-19 e rendere necessario sperimentare nuovi approcci terapeutici come i trattamenti con cellule staminali mesenchimali. 
 
“Non abbiamo al momento dati certi sulle conseguenze a lungo termine da polmonite da Covid-19, è trascorso ancora troppo poco tempo dall’inizio dell’epidemia a Wuhan, dove tutto è cominciato.  Tuttavia le prime osservazioni rispecchiano da vicino i risultati di studi di follow-up realizzati in Cina a seguito della polmonite da SARS del 2003, molto simile a quella da Covid-19, confermando il sospetto che anche Covid-19 possa comportare danni polmonari che non scompaiono alla risoluzione della polmonite”  – spiega Luca Richeldi, membro del Comitato Tecnico e Scientifico, presidente della Società Italiana di Pneumologia (SIP) e Direttore del Dipartimento di Pneumologia, al Policlinico “Gemelli” di Roma.
 
In molti pazienti Covid-19 che sono stati ricoverati o intubati osserviamo dopo la dimissione difficoltà respiratorie che potrebbero protrarsi per molti mesi dopo la risoluzione dell’infezione e i dati raccolti in passato sui pazienti con SARS mostrano che i sopravvissuti alla SARS a sei mesi di distanza avevano ancora anomalie polmonari ben visibili alle radiografie toraciche e alterazioni restrittive della funzionalità respiratoria, come una minor capacità respiratoria, un minor volume polmonare, una scarsa forza dei muscoli respiratori e soprattutto una minor resistenza allo sforzo, con una diminuzione netta della distanza percorsa in sei minuti di cammino. Ma, soprattutto – precisa Richeldi – il 30% dei pazienti guariti mostrava segni diffusi di fibrosi polmonare, cioè grosse cicatrici sul polmone con una compromissione respiratoria irreversibile: in pratica potevano sorgere problemi respiratori anche dopo una semplice passeggiata”.
 
“Questi problemi si sono verificati anche in pazienti giovani, con un’incidenza variabile dal 30 fino al 75% dei casi valutati – interviene Angelo Corsico, Direttore  della Pneumologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Ordinario di Pneumologia all’Università di Pavia  - E i primi dati riferiti dai medici cinesi su Covid-19 e i nostri primi dati osservazionali, parlano di molti pazienti sopravvissuti nei quali viene diagnosticata proprio una fibrosi polmonare, ovvero una situazione in cui parti di tessuto dell’organo sono sostituite da tessuto cicatriziale non più funzionale”. Gli esperti temono perciò che la fibrosi polmonare possa rappresentare il pericolo di domani e per questo richiamano l’attenzione alla necessità di specifici ambulatori dedicati al follow-up dei pazienti che sono stati ricoverati, specialmente i più gravi e gli anziani più fragili, che potrebbero necessitare di un trattamento attivo farmacologico e di percorsi riabilitativi dedicati. “Reliquati polmonari purtroppo ci sono per questo avremo una nuova categoria di pazienti con cicatrici fibrotiche a livello polmonare da Covid con insufficienza respirtatoria, che rappresenterà certamente un nuovo problema sanitario” sottolinea Richeldi.  
 
“A Pavia un ambulatorio post-Covid, dedicato ai pazienti dimessi dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, è già attivo dal 27 aprile scorso – aggiunge Corsico -  In accordo con le linee guida della “British Thoracic Society Guidance on Respiratory Follow Up of Patients with a Clinico-Radiological Diagnosis of COVID-19 Pneumonia”, i pazienti vengono sottoposti a esame radiografico del torace, prove di funzionalità respiratoria, test del cammino di 6 minuti, ecografia toracica e cardiaca e, se necessario, a TAC toracica per indagare la presenza di una pneumopatia interstiziale diffusa o di una embolia polmonare. I dati preliminari sembrano confermare le prime osservazioni cinesi su Covid-19: diversi pazienti dimessi, purtroppo, presentano ancora insufficienza respiratoria cronica, esiti fibrotici e bolle distrofiche. È quindi necessario seguirli con attenzione e soprattutto inserirli in adeguati programmi di riabilitazione polmonare. 
26 maggio 2020
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