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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Studi e Analisi

Un “nuovo” Ssn non è possibile se non cambia anche la formazione di tutte le professioni della salute

di Saverio Proia
immagine 14 marzo - Partendo dalla constatazione oggettiva che il Servizio Sanitario Nazionale oltre le funzioni di tutela della salute, nella triade operativa di prevenzione, cura e riabilitazione, svolge anche attività di ricerca sanitaria e di didattica, è quanto mai necessario, non dico cambiare il paradigma ma riequilibrare competenze e poteri tra sistema universitario e SSN, ritornando ai principi propri dell’articolo 6 del dlgs 502/92, forse nel tempo disattesi se non modificati in peggio

Facendo seguito al mio precedente articolo questa profonda riforma che auspicherei non può che comprendere la questione della formazione delle professioni della salute.

Per un SSN anche di insegnamento
Per la loro precipua caratteristica la formazione universitaria delle professioni sanitarie dovrebbe essere quella che vada realizzata laddove le professioni stesse svolgono la loro attività cioè il Servizio Sanitario Nazionale, senza nulla togliere al ruolo, alle competenze e alle funzioni degli Atenei.

Partendo dalla constatazione oggettiva che il Servizio Sanitario Nazionale oltre le funzioni di tutela della salute, nella triade operativa di prevenzione, cura e riabilitazione, svolge anche attività di ricerca sanitaria e di didattica, è quanto mai necessario, non dico cambiare il paradigma ma riequilibrare competenze e poteri tra sistema universitario e SSN, ritornando ai principi propri dell’articolo 6 del dlgs 502/92, forse nel tempo disattesi se non modificati in peggio.

Non dico che la formazione, in particolare quella specialistica post lauream, venga svolta dal SSN con il concorso dell’Università oppure possa far evolvere le facoltà di medicina in scuole di sanità, come una volta si teorizzava, ma stabilire la pari dignità tra le due realtà istituzionali concordando che l’unico primato e l’obiettivo da raggiungere insieme sia la migliore qualità formativa del professionista affinché sia in grado di attuare al meglio il diritto alla salute.

Lo specializzando da “borsista” a “dirigente in formazione”
Se si concordasse con questo ragionamento quali potrebbero essere le conseguenze?

La prima e forse più rilevante, muterebbe la natura giuridica dello specializzando medico come delle altre professioni sanitarie abilitate con laurea magistrale (odontoiatra, veterinario, farmacista, biologo, chimico, fisico e psicologo) che da borsista diventerebbe, sin dal primo anno di formazione, un dirigente in formazione a tempo determinato per tutto il periodo della specializzazione il cui trattamento normativo ed economico sarebbe regolato da un’apposita sezione del contratto collettivo nazionale della dirigenza medica e sanitaria.

Questa nuova tipologia di contratto di formazione lavoro, oltre a garantire i normali trattamenti contrattuali, assicurerebbe copertura previdenziale ed anzianità di servizio sin dall’inizio del suo periodo di formazione specialistica; di conseguenza lo stesso entrerebbe a pieno titolo, sempre a tempo determinato, nella dotazione organica dell’Azienda sanitaria ove svolge l’attività di formazione e al quale verrebbero progressivamente autorizzati lo svolgimento di autonome attività specialistiche in relazione alla verifica positiva delle competenze acquisite, naturalmente sarà un dirigente strutturato a svolgerli l’attività di tutor.

Lo specializzando, dirigente in formazione, pur essendo già un dipendente a t.d. manterrebbe tutti i suoi diritti e doveri che l’essere in formazione specialistica gli fanno esercitare: ovviamente “di norma” la formazione teorica è svolta da un docente dipendente dell’Università mentre quella pratica “di norma” è svolta da un docente/tutor dipendente dell’Azienda sanitaria, così come la verifica periodica e finale della formazione specialistica, pur adeguata al nuovo paradigma, manterrebbe l’attuale metodologia.

Lo specializzando una risorsa ed un valore aggiunto per il SSN
Il medico o professionista sanitario specializzando nel suo percorso di specializzazione, ricordo che è quantomai oneroso per la finanza pubblica e non coperto integralmente dalle tasse di iscrizione versate all’Università, diventerebbe un risorsa professionale, un valore aggiunto per il SSN e avrebbe una sua crescita professionale di gran lunga più pregnante e rilevante rispetto all’attuale sistema, forse assomiglierebbe maggiormente ad un corso-concorso propedeutico allo svolgimento dell’attività professionale specialistica nella branca scelta. .

Infatti, terminato il periodo di formazione specialistica come dirigente in formazione a t.d. ed acquisito il relativo titolo, il medico o l’altra professionista sanitario specialista potrà optare se rimanere in rapporto di dipendenza o convenzionale con il SSN oppure esercitare come dipendente o libero professionista in altre amministrazioni pubbliche o private se non in libera professione pura.

Ne consegue che dovrebbe essere rivista la normativa concorsuale per l’accesso alla dirigenza medica e sanitaria del SSN al nuovo status giuridico dello specializzando per renderla più snella ed efficace e garantire, soprattutto alle Aziende sanitarie l’immediata disponibilità di neospecialisti.

Ciclo unico ed unitario della formazione medica specialistica
Naturalmente sarebbe necessario introdurre altri tasselli di riforma quali specificare che la formazione universitaria medica finalizzata all’esercizio della professione quale specialista nel Servizio Sanitario Nazionale, compresi i presidi accreditati, nei servizi sanitari di INPS e INAIL, Ministero della Salute e nella Sanità Militare è articolata in due fasi ciclo unitario ed unico.

  • la prima fase consiste nel corso di laurea in medicina e chirurgia svolta all’interno delle sedi universitarie, prevedendo anche uno specifico raggruppamento scientifico disciplinare MED riguardante la medicina generale e delle cure primarie e per il tirocinio all’interno di servizi e presidi ospedalieri e territoriali del SSN accreditati con le Università, compresi gli studi dei medici di medicina generale, finalizzato ad acquisire le competenze delle scienze biopsicomediche e la comprensione delle scienze umane e sociali nonché le conoscenze finalizzate alla promozione della salute e del benessere psico-fisico;
  • la seconda fase, estesa anche alle altre professioni della dirigenza sanitaria, consiste nel corso di specializzazione post-laurea, svolta all’interno dei servizi e presidi del SSN, sulla base di accordi tra Atenei e Regioni avvalendosi in prevalenza di docenti e tutors dipendenti o convenzionati con le Aziende Sanitarie.

Sarebbe necessario rivedere i criteri per la programmazione del fabbisogno degli specializzandi prevedendo che annualmente il Ministero della Salute, previa conferenza di servizi con il Ministero dell’Università, gli altri dicasteri interessati, le Regioni e gli Ordini di riferimento nonché coinvolti e sentiti i sindacati rappresentativi, programma il numero del fabbisogno stimato e ponderato dei corsi universitari di formazione specialistica, articolato per le diverse specializzazioni mediche e sanitarie sulla base delle scelte di programmazione sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale e delle altre Amministrazioni interessate e sul ricambio generazionale, ripartendolo per Regioni tenendo conto della presenza delle istituzioni universitarie sanitarie preposte e di sedi formative delle aziende sanitarie accreditate, ivi compresi i studi di medicina generale convenzionati.

Ampliare e qualificare la rete formativa del SSN
Di conseguenza la norma dovrebbe prevedere che per la specificità della formazione della professione medica, la stessa verrebbe svolta dalle Università in collaborazione con le Regioni, avvalendosi, di norma, dei servizi, presidi e personale, dipendente e convenzionato, del Servizio Sanitario Nazionale per i contenuti teorici e pratici professionalizzanti nella formazione pre laurea e post laurea, che in virtù delle caratteristiche di idoneità individuate con apposita intesa tra Ministero dell’Università, della Salute e Regioni e Province autonome assumerebbero la tipologia di Ospedale d’Insegnamento, Distretto Sociosanitario di Base d’Insegnamento, Dipartimento di Prevenzione d’Insegnamento a seconda delle diverse offerte formative didattiche.

Quindi tale formazione verrebbe svolta dalle Università e dalle Regioni e Province autonome, avvalendosi, oltre che delle Aziende ospedaliere-universitarie del d.lgs. 517/99, della rete formativa teorica e pratica costituita da quei servizi e presidi ospedalieri, dipartimentali e distrettuali compresi anche le Unità Complesse di Cure Primarie di medicina generale e di pediatria di base, la cui caratteristica di idoneità sarebbe individuata con apposita intesa tra Ministero dell’Università, della Salute e Regioni e Province autonome; le attività di docenza e di tutoraggio verrebbero svolte, pertanto, anche da personale, dipendente e convenzionato, del medesimo Servizio Sanitario Nazionale, in particolare per i contenuti teorici e pratici professionalizzanti nella formazione sia nel corso di laurea che nei corsi di specializzazione.

Tale rete formativa dovrebbe essere definita su base regionale o interregionale in base a specifici accordi o Protocolli d’Intesa tra Atenei e Regioni, dovrebbe essere, si di qualità ma sufficientemente ampia così da consentire agli specialisti in formazione di acquisire le competenze adeguate alla progressiva assunzione di responsabilità fino alla completa autonomia; la rete formativa dovrebbe inoltre, rispondere ai criteri qualitativi e quantitativi definiti nel DI 68/2015 e nel DI 402/2017.

In questo quadro di riforma si pone il problema della formazione regionale in medicina generale e, viste le basi proposte che riequilibra il baricentro tra ruolo e competenze tra Università e SSN e quindi tra Atenei e Regioni, riterrei che possa essere proposta l’evoluzione di questa formazione in una vera e propria specializzazione universitaria, analoga giuridicamente alle altre; se poi lo specializzando debba avere il contratto di formazione di lavoro all’interno del CCNL della dirigenza medica o nell’ACN della medicina generale è un’altra scelta da ponderare, legata, ovviamente, alle scelte da assumere concertandole e condividendole con le rappresentanze interessate.

Non sono entrato nel merito di quali strumenti da adottare per orientare le nuove generazioni di medici verso le specializzazioni meno, a torto, “attraenti” oppure ad evitare l’emigrazione all’estero di specialisti formati a spese del contribuente italiano, già oggetto di interventi governativi, parlamentari e sindacali, ma proverò ad affrontarlo in un altro articolo, così come proverò ad articolare successivamente altre parti di una riforma compresa, condivisa e concertata con il personale del SSN e le sue rappresentanze e, perché no, anche cogestita…ma questa sarà un’altra storia.

Saverio Proia

14 marzo 2023
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