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QS Edizioni - venerdì 29 marzo 2024

Studi e Analisi

Popolazione in Italia. Nuovo calo anche nel 2022. La colpa? Sempre poche nascite e molti morti per il caldo record a luglio e agosto. E gli immigrati non bastano a colmare il saldo negativo

immagine 20 marzo - Lo rileva oggi il nuovo rapporto Istat sulla dinamica demografica del 2022: al 31 dicembre i residenti in Italia scendono infatti a 58.850.717 persone con un calo di circa 179mila unità rispetto all’inizio dell’anno. Le nascite risultano in ulteriore calo, ma con lievi segnali di recupero al Sud. I decessi restano ancora su livelli elevati, anche per effetto dell’incremento registrato nei mesi estivi a causa del caldo eccessivo. Dal 2019 ad oggi persi più di 790mila residenti. IL RAPPORTO.

L’Istat ha pubblicato oggi i dati della dinamica demografica realtiva al 2022 registrando ancora una volta un calo della popolazione: al 31 dicembre i residenti in Italia scendono infatti a 58.850.717 persone con un calo di circa 179mila unità rispetto all’inizio dell’anno, nonostante il positivo contributo del saldo migratorio con l’estero, rispetto agli anni della pandemia, anche a causa degli effetti della crisi bellica in Ucraina.

Il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo. Le nascite risultano in ulteriore calo, ma con lievi segnali di recupero al Sud e i decessi restano ancora su livelli elevati, anche per effetto dell’incremento registrato nei mesi estivi a causa del caldo eccessivo.

L’Istat rileva che, se nel biennio 2020-2021 la dinamica demografica è stata prevalentemente influenzata dalle conseguenze degli effetti dell’epidemia da Covid-19, nel 2022 il verificarsi di alcuni fattori contingenti (l’uscita dallo stato di emergenza sanitaria, la crisi internazionale a seguito del conflitto in Ucraina, l’eccesso di caldo nei mesi estivi) delinea nuovi scenari.

Al termine dello stato di emergenza sanitaria a fine marzo 2022 la dinamica demografica restituisce l’immagine di un bilancio di popolazione ancora perturbato dagli strascichi della pandemia. La perdita di popolazione registrata nel primo trimestre risulta, infatti, pari a 83mila unità, ben il 46,4% del calo conseguito nell’intero anno.

L’ulteriore successivo calo di nascite e l’eccesso di mortalità dei mesi estivi, legato alle persistenti ondate di calore, hanno ulteriormente aggravato la dinamica naturale. Allo stesso tempo, la ripresa dei movimenti migratori internazionali (in parte dovuta agli effetti della crisi in Ucraina) produce effetti positivi, contribuendo al rallentamento del deficit di popolazione.

Il deficit di popolazione rallenta al Nord, peggiora nel Mezzogiorno
Nel 2022 la perdita di popolazione si manifesta in tutte le ripartizioni, anche se con diversa intensità. Nel Nord il decremento è di -0,1%, di entità decisamente inferiore rispetto a quella dell’anno precedente (-0,4% nel 2021). Anche al Centro il calo di popolazione è più contenuto (-0,3% contro il -0,5% del 2021). Il Mezzogiorno, invece, subisce effetti più pronunciati passando dal -0,2% del 2021 al -0,6% nel 2022. La perdita complessiva di popolazione conseguita nel 2022 su base nazionale (-0,3%) non si discosta da quella del 2019 (-0,3%).

Nel 2019 la provincia autonoma di Trento, la Lombardia e l’Emilia-Romagna si erano contraddistinte per incrementi di popolazione (rispettivamente +0,3%, +0,2% e +0,1%). Dopo un crollo nel biennio 2020-2021 dell’1% circa, nel 2022 queste recuperano residenti tornando su livelli positivi (rispettivamente +0,2%, +0,1% e +0,04%).

La dinamica è opposta per due regioni del Mezzogiorno: Campania e Sicilia. Entrambe avevano colmato la perdita subita nel 2020 (rispettivamente il -1,5% e il -0,9%) nel corso del 2021; invece, nel 2022 registrano un nuovo deficit (entrambe il -0,6%).

In ripresa i movimenti migratori dall’estero, in calo le emigrazioni
Nel 2022 in totale si contano 1.887.463 iscrizioni in anagrafe e 1.745.978 cancellazioni dovute a trasferimenti di residenza. Nel 2021 si era già registrata una ripresa della mobilità, a seguito dell’attenuazione delle misure restrittive di contenimento della pandemia. Questa prosegue nel 2022, mostrando incrementi moderati dei flussi migratori interni e incrementi più marcati delle iscrizioni dall’estero, accompagnati da una forte riduzione dei flussi in uscita dal Paese.

Nuovo record negativo per le nascite, con lievi recuperi al Sud
Nel 2022 si contano 392.598 nascite, 7.651 in meno rispetto al 2021 (-1,9%), nuovo record negativo che accentua la denatalità degli ultimi anni. Se l’andamento delle nascite del 2021 ha lasciato pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia nei confronti dei mancati concepimenti, più complesse sono le dinamiche alla base del calendario nel 2022. Il contesto della crisi sanitaria ancora presente nel 2021 e le conseguenti incertezze economiche potrebbero avere incoraggiato le coppie a rimandare ancora una volta i loro piani di genitorialità.

L’aumento delle nascite registrato a gennaio 2022 (+3,4% in confronto allo stesso mese del 2021) è in linea con il recupero osservato nel bimestre novembre-dicembre 2021 (+10,6% rispetto allo stesso periodo del 2020). Segue un repentino calo delle nascite in primavera (-10,7% a marzo e -10,0% ad aprile), solo in parte ricompensato dall’incremento nel trimestre giugno-agosto (+3,1%). Negli ultimi mesi dell’anno il trend torna ad essere decrescente con picchi di forte contrazione nei mesi di settembre e ottobre (-5,1% e -5,0%).

A livello europeo, la situazione registrata nel nostro Paese non è un’eccezione, trovando punti di contatto sia con la Spagna, che è caratterizzata da un profilo simile al nostro, sia con la Francia che, pur facendo rilevare livelli di fecondità storicamente più elevati, nel 2022 registra comunque un calo soprattutto a partire dal mese di luglio.

A livello territoriale il tasso di natalità, pari a 6,7 per mille residenti in media nazionale nel 2022, conferma ancora una volta il primato della provincia autonoma di Bolzano con il 9,2 per mille, mentre la Sardegna presenta il valore più basso: 4,9 per mille.

L’eccesso di mortalità si concentra nei mesi estivi e nelle età anziane
Nel 2022 in Italia si registrano 713.499 decessi, circa 12mila in più rispetto all’anno precedente ma 27mila in meno rispetto al 2020, anno di massima mortalità dovuta alla pandemia da Covid-19. Se nel 2022 si fossero manifestati i medesimi rischi di morte del 2019, decisamente più favorevoli, si sarebbero riscontrati 660mila decessiv anziché 713mila, ossia 53mila in meno.

Un terzo dell’eccesso di mortalità del 2022 rispetto al valore atteso, globalmente pari al +8,1%, si concentra nei mesi di luglio e agosto, quando si è registrato un numero di decessi superiore del 16%. Per rilevare un quantitativo analogo di decessi (complessivamente 125mila nei due mesi estivi) bisogna andare indietro nel tempo fino al 2015 (110mila). Anche tale anno fu contraddistinto da un significativo aumento dei decessi a causa dei fattori climatici, con incrementi molto accentuati nei mesi caldi e freddi dell’anno. Peraltro, la persistente ondata di caldo della scorsa estate ha interessato molti altri paesi europei, come Spagna, Portogallo e Germania, dove si sono osservati analoghi fenomeni di super-mortalitàvi.

Circa 24mila decessi dei complessivi 53mila in eccesso su scala nazionale si rilevano al Nord, 10mila al Centro e 19mila nel Mezzogiorno. Il surplus di mortalità rispetto ai valori ipoteticamente attesi è tuttavia inferiore alla media nazionale (+8,1%) sia al Nord (+7,8%) sia al Centro (+7,5%), mentre nel Mezzogiorno si presenta superiore (+8,8%).

Rispetto al genere l’eccesso di mortalità interessa più le donne, tra le quali si rilevano 31mila decessi in più sul valore atteso, pari al 59% del surplus totale. Gli uomini presentano un’eccedenza di 22mila unità, pari al 41%.

L’eccesso di mortalità si presenta particolarmente concentrato nelle età più anziane della popolazione, dove i rischi di morte sono notoriamente più elevati. Tra le donne circa il 60% dell’eccesso si concentra tra gli 86 e i 96 anni, dove si riscontrano oltre 18mila decessi in più rispetto ai valori attesi.

Un discorso analogo vale per gli uomini, che però presentando un picco di mortalità anticipato di circa 5 anni rispetto alle donne, concentrano circa il 50% dell’eccesso di mortalità tra la popolazione di 81-91 anni (oltre 10mila decessi in più).

La dinamica naturale negativa prosegue in tutte le regioni
Il nuovo record minimo di nascite e l’elevato numero di decessi continuano a produrre un forte impatto sulla dinamica naturale. Dal 2008, anno in cui si è registrato il valore massimo relativo di nascite degli ultimi 20 anni, l’Italia ha perso la capacità di crescita per effetto del bilancio naturale, non rimpiazzando a sufficienza chi muore con chi nasce.

Il deficit del saldo naturale è aumentato in modo progressivo, raggiungendo i picchi più elevati nel biennio 2020-2021, quando si è registrata una perdita di oltre di 300mila persone in media annua. Al deficit della componente naturale negli anni di pandemia, nel 2022 si somma un ulteriore decremento di 320mila unità, determinando in soli tre anni la perdita di 957mila persone, all’incirca la popolazione di una città come Napoli.

Il persistere degli effetti dell’epidemia fino alla primavera ha contribuito a determinare solamente nei primi tre mesi del 2022 una perdita di 105mila unità, pari al 32,7% del saldo naturale dell’intero anno. Inoltre, per il periodo estivo, l’eccesso di mortalità registrata nel mese di luglio provoca un aumento del 58,3% del deficit naturale rispetto allo stesso mese del 2021.

La dinamica naturale presenta valori negativi in ogni regione, anche nella provincia autonoma di Bolzano (-314 unità), tradizionalmente caratterizzata da una natalità superiore alla media. Il tasso di crescita naturale, pari al -5,4 per mille a livello nazionale, varia dal -0,6 per mille di Bolzano al -10,2 per mille in Liguria. Nel complesso, quasi tutte le regioni conseguono nel 2022 un peggioramento del tasso di crescita naturale rispetto all’anno precedente, con le sole eccezioni del Friuli Venezia-Giulia (-7,2 per mille contro -7,8 per mille) e della Puglia (-4,7 per mille contro -5,1 per mille).

20 marzo 2023
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