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QS Edizioni - domenica 8 settembre 2024

Studi e Analisi

Per crescere un bambino ci vuole un villaggio. Le riflessioni al BalTalk della Biblioteca Liberati

di Tiziano Costantini
immagine 15 settembre - L’ultimo incontro organizzato dalla Biblioteca Alessandro Liberati ha analizzato l’importanza dello sviluppo cognitivo e socio-relazionale dei bambini nei loro primi anni di vita, del ruolo del pediatra, della famiglia, degli educatori, facendo il punto sulla teoria e la pratica necessarie per garantire le migliori opportunità di una buona ed equa partenza nella vita.
Molti genitori, ma anche insegnanti ed educatori, non immaginano quanto possa essere decisivo il loro contributo per lo sviluppo cognitivo e socio-relazionale dei bambini, in particolare nei primi anni di vita.
D’altra parte se a livello politico non vengono sempre messe in campo le risorse e le misure necessarie a sostenere le conoscenze e le competenze dei nuovi genitori, se manca un po’ a tutti i livelli la consapevolezza su questi temi, difficilmente la situazione potrà cambiare in maniera significativa.

Nell’ultima BAL Talk, incontro promosso dalla Biblioteca Alessandro Liberati e svoltosi presso la sede del DEP Lazio, si è parlato proprio dello stato dell’arte sullo sviluppo nei primi anni dell’infanzia, delle implicazioni pratiche di queste conoscenze, facendo il punto sulla teoria e la pratica necessarie affinché si realizzi l’obiettivo di garantire a tutti i bambini le migliori opportunità di una buona partenza nella vita, presupposto essenziale di una società più giusta e più prospera.

Come ricordato all’inizio dell’incontro dalla direttrice del DEP Marina Davoli, coordinatrice del BAL Talk, di recente si è tenuto il trentesimo colloquio della Cochrane Collaboration, il cui fondatore Ian Chalmers e Andy Oxman, già 10 anni fa hanno avviato un’iniziativa dal nome Informed Health Choices. Questa iniziativa è partita da un’osservazione dello stesso Chalmers il quale dichiarò che non avrebbe più parlato di EBM agli adulti ma che era necessario insegnare fin da piccoli, ai bambini, i concetti base della metodologia della ricerca. Questo potrebbe essere l’unico modo di sviluppare un senso critico nei confronti della medicina e nelle scelte da compiere che può poi mantenersi anche nella fase adulta della vita, quando si tendono a sviluppare sempre più pregiudizi e preconcetti difficili da scardinare.

Nel BAL Talk è intervenuta Laura Reali, Presidente della Confederazione europea pediatri delle cure primarie, che ha sottolineato come in Italia ci sia ancora una visione del pediatra associata alla malattia del bambino, quando invece questi può e deve avere un ruolo ben più importante.
“Il pediatra, tuttavia, non può lavorare da solo – afferma Laura Reali – perché, come dice un proverbio africano, per crescere un bambino ci vuole un villaggio”. Sono tante le figure che devono occuparsi di sostenere il nutrimento mentale del bambino, lavorando insieme, magari sotto il coordinamento del pediatra di famiglia sul territorio, che deve essere adeguatamente formato anche a lavorare in gruppo, con altre professionalità con cui integrarsi.

Raffaela Milano, Direttrice Progetti Italia-Europa di Save the Children Italia, sottolinea poi dati in parte lapalissiani ma assai rilevanti. “Negli ultimi anni l’Italia ha visto accelerare la denatalità, crescere la povertà infantile, aumentare il manifestarsi delle espressioni di disagio tra ragazzi e ragazze in età sempre più precoci. I giovanissimi sono meno numerosi, quindi con meno voce, più poveri, quindi con minori opportunità. È evidente che bisogna prendersi cura di tutto ciò, avere in testa i bambini e il loro diritto a un presente buono e a un futuro pensabile e possibile”.

È infatti assurdo pensare che sebbene i primi anni di vita siano determinanti per la salute, siano anche i più trascurati dalle politiche pubbliche, spesso delegati in bianco alle reti di cura esistenti.

Le risposte, sia sul piano dei servizi che sul piano del sostegno economico alle famiglie, sono strade da perseguire ma hanno al loro interno delle criticità. “Parliamo tanto di asili nido – afferma Raffaela Milano - tuttavia bisogna approfondire anche il tema della qualità del servizio, perché dovremmo chiederci: chi sta formando questi educatori? Un asilo nido non di qualità non produce quell’efficacia determinante per la crescita di un bambino. La stessa logica di analisi riguarda anche i contributi economici alle famiglie. Abbiamo visto dei passi avanti in questa direzione, ma non basta”.

Sarebbe utile, a livello di ricerca, capire anche qualcosa in più sui genitori. “Save the Children Italia – come racconta Raffaela Milano - ha prodotto un report che riguarda la multiculturalità nelle nostre scuole ed è emerso che un alunno su 10 ha un background migratorio. Dovremmo scandagliare di più la questione: quali domande di ricerca dovremmo porci per approfondire le conoscenze necessarie a nutrire la mente e non solo il corpo?”.

Anche Giorgio Tamburlini, pediatra ed esperto di salute dell'infanzia, nonché autore di un libro dal titolo I bambini in testa, ribadisce come la ricerca ci mostri che nei primi 2-3 anni di vita il fattore più importante è quello che il genitore fa e com’è coi suoi figli. I determinanti sociali sono fondamentali, certo, ma ciò che accade tra le mura domestiche lo è forse ancor di più. “Per questo è importante darsi da fare con tutte le famiglie, non solo con quelle che partono da situazioni di manifesta difficoltà” - afferma Tamburlini. È ovvio infatti che la povertà esacerba e moltiplica i problemi, ma la situazione generale è più articolata.

Citando Donald Winnicott, Tamburlini ricorda che “l’integrazione del bambino dipende dall’integrazione degli adulti che si occupano di lui”. È dunque necessario creare un tavolo tra i servizi, fare in modo che i materiali siano gli stessi concordati, che i genitori sappiano quali siano i percorsi, che ci siano spazi per genitori subito dopo la nascita, che partano dal consultorio ma si avvalgano anche del personale educativo, e la regia di tutto ciò non può che essere nei coordinamenti pedagogici. “Il nido che funziona meglio – sostiene ancora Tamburlini - è quello che coinvolge le famiglie”.

In tutto ciò, non va poi dimenticato il tema delle esposizioni ambientali, sottolineato da Manuela De Sario del DEP Lazio. “I bambini sono un gruppo particolarmente vulnerabile, e le evidenze sugli effetti delle esposizioni ambientali sull’apparato respiratorio in crescita e sullo sviluppo cognitivo ci fanno capire ancor di più quanto sia importante fornir loro il miglior inizio alla vita possibile”.

In tal senso contrastare l’esposizione ambientale, l’inquinamento atmosferico, agire sui cambiamenti climatici è fondamentale, ma ci vorrebbe – come già emerso nel corso del BAL Talk – un’alleanza sempre maggiore tra le varie figure professionali, ad esempio tra epidemiologi e pediatri ma non solo. Tutti vanno supportati. Bisogna trasmettere queste evidenze e pensare a creare degli interventi con benefici di salute per i bambini.

Anche Daniela Porta del DEP ricorda come da circa 20 anni il Dipartimento si occupi di coorti di nati, grazie alle quali si sono potuti studiare molti aspetti oltre agli effetti dell’inquinamento, come gli stili di vita, l’alimentazione e tanto altro. L’interazione coi pediatri però non ha avuto sempre risultati ottimali, perché per ottenerli occorre che questi ultimi vengano messi nelle migliori condizioni possibili per agire.

Farlo nel modo corretto non è semplice, poiché anche nei modelli di intervento l’Italia è un Paese molto diverso da regione a regione, tuttavia è importante individuare delle strategie comuni in un sistema di servizi che tenga conto di un livello di partenza diverso da un contesto all’altro, con la garanzia più importante: non tradire mai i diritti dei minori.

“Il bambino – come ricorda Marina Davoli - è il paradigma dell’esposizione a tutto ciò che c’è intorno all’ambiente, alla famiglia, alla scuola e - indirettamente tramite i genitori - anche al lavoro”. Per questo è fondamentale l’attenzione alle prime fasi di vita del bambino, che disegneranno l’adulto del domani.

Di lavoro da fare ce n’è tanto ma il miglioramento passa anche dal dialogo e tramite iniziative di confronto come queste promosse dalla BAL, che provano a mettere alla luce potenziali problemi e proporre soluzioni, affinché la strada per la crescita del bambino sia il più spianata possibile. E chissà che da questa iniziativa non si possa passare a progettare concretamente “un villaggio per crescere”

A cura di Tiziano Costantini
Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio – ASL Roma 1
15 settembre 2023
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