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QS Edizioni - domenica 16 marzo 2025

Regioni e Asl - Veneto

Riforma delle Ipab in Veneto ferme da circa un ventennio. Sindacati e consiglieri chiedono un tavolo di discussione  

di Endrius Salvalaggio 
immagine 29 gennaio - In Veneto volge al termine un’altra legislatura della Lega e per la riforma delle Ipab ancora una volta si registra il nulla di fatto. Fp Cgil: “Ad ogni campagna elettorale veniva promessa una riforma che, a distanza di tre legislature, non è ancora avvenuta. Restano presenti carenze sui contratti e malcontento generalizzato con un continuo turnover nelle strutture”. Il Pd denuncia criticità che ricadono sugli operatori e sulle famiglie.
A distanza di quasi vent’anni, la riforma delle Ipab non è ancora stata fatta. Sindacati e politica la stanno chiedendo in forma corale. Vero è che negli anni, ci sono stati dei provvedimenti a supporto delle circa 120 Ipab, ma ciò che chiedono i sindacati sono provvedimenti che rendono le strutture più efficienti e quei riconoscimenti per il personale sanitario, che ci lavora, applicati ancora a macchia di leopardo dai contratti decentrati.

“Il 2024 – spiega il segretario provinciale Alfredo Sbucafratta, Fp Cgil Padova – è stato un anno dove in alcune Ipab nella provincia di Padova si sono applicati riconoscimenti fermi da quasi un ventennio. E’ stato finalmente siglato il contratto integrativo con le progressioni per i prossimi tre anni, con il riconoscimento di 23 posizioni orizzontali, fino al coinvolgimento di altri 50 dipendenti entro i prossimi 3 anni, ma molte altre strutture soffrono di contratti decentrati ancora inapplicati con un continuo turnover del personale”.

“La situazione più complessa nella provincia padovana – continua Sbucafratta – riguarda una Rsa, di cui è prevista l’imminente chiusura entro la fine del mese. Un fallimento annunciato considerato che la parte non ha mai rispettato gli accordi che prevedevano i lavori di manutenzione. Uno spreco enorme e anche un notevole disagio, sia per i pazienti che per la quarantina di dipendenti in totale, che ndovranno necessariamente venire trasferiti in altre strutture. Ad ogni campagna elettorale ci veniva promesso che questa riforma si doveva fare, attraverso un tavolo di condivisione, probabilmente, la stessa promessa verrà fatta anche per la prossima campagna elettorale”.

A tutto questo, continua il sindacato, a causa della carenza di personale, va aggiunta la spinosa questione delle esternalizzazioni dei servizi, sempre maggiori, a cooperative e imprese che perseguono finalità economiche, mentre queste strutture, proprio per la loro natura giuridica, dovrebbero mirare ad obiettivi attinenti alla pubblica assistenza.

La mancata riforma, per le consiglieri regionali del Partito Democratico e componenti della Commissione Sociosanitaria, Francesca Zottis e Anna Maria Bigon, crea queste diseguaglianze fra dipendenti e gestione, che poi si riflettono da un lato sulla quota alberghiera visto gli incrementi da 1 a 3,5 euro al giorno, con conseguenti impennate di spesa annui per le famiglie che oscillano tra i 360 e 1300 euro e dall’altro lato, da un continuo ricambio di personale creando discontinuità sul servizio offerto.

“In Veneto la retta media a carico delle famiglie nelle case di riposo per non autosufficienti si aggira attorno ai 2.200 euro al mese – spiega Anna Maria Bigon - e la media di ricovero senza impegnativa in una struttura è di 87,83euro al giorno, con tariffe che vanno da 71,00 a 135,20 euro, mentre la media giornaliera con impegnativa regionale è di 63,87 euro, con prezzi che variano da 51,00 a 95,70 euro. Importi così elevati richiedono agli ospiti stessi e alle loro famiglie sacrifici e sforzi sempre più insostenibili”.

Per sindacati e politici la riforma delle Ipab andrebbe a sanare il benessere collettivo dei lavoratori con stipendi e riconoscimenti stipendiali in base alla professionalità e anzianità di lavoro, oltre che a contenere le rette per gli assistititi e le famiglie.

Endrius Salvalaggio
29 gennaio 2025
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