Gentile Direttore,
il tasso di occupazione dei posti letto di terapia intensiva dovrebbe continuare a essere uno dei parametri utilizzati nel monitoraggio della pandemia, anche se qualche dubbio al riguardo viene, considerando che i relativi dati nel Portale Covid-19 dell’Agenas non compaiono aggiornati (si fornisce come data dell’ultimo aggiornamento il 29 ottobre 2022).
Del resto anche l’ultimo Report settimanale Covid si è fermato al 2 settembre 2022. Eppure le recenti dichiararazioni del Sottosegretario Gemmato si basano proprio su questi dati visto che a proposito del vaccino anti-Covid ha dichiarato che “Non ha senso farlo nelle persone che evidentemente non muoiono contraendo il virus, men che meno in quest'epoca storica in cui abbiamo il 2% di occupazione di terapie intensive”.
Il desiderio di abrogare per Legge la pandemia sta portando al rischio di far uscire dai radar anche questa parte del sistema di monitoraggio della pandemia. Prendiamo come esempio il caso della Regione Marche.
In base ai dati e ai grafici reperibili nel Portale Covid-19 dell’Agenas le Marche disporrebbero attualmente di 230 posti letto di terapia intensiva, contro circa la metà di quelli che erano disponibili prima della pandemia. Se si tiene conto della popolazione il numero di posti letto corrisponde a 15, 4 posti letto ogni 1.000 abitanti, dato che colloca le Marche appena al di sotto della media nazionale (15,6). Le Marche continuano poi a segnalare in una tabella che ormai non viene più aggiornata da settimane altri 48 posti letto attivabili al bisogno che sono probabilmente quelli del Covid Hospital della Fiera di Civitanova Marche, dismesso da mesi anche se rimangono i costi delle utenze.
Ma questi 230 posti letto dove stanno e dove sta il personale in grado di farli funzionare nella malaugurata ipotesi che servissero? Dove stanno i posti letto non è facile ricostruirlo, perché il dato la Regione non lo comunica.
Tra i posti letto di prima della pandemia e quelli creati dopo sono riuscito a suo tempo a “trovare” 223 posti letto di terapia intensiva collocati all’interno degli ospedali pubblici. In base agli atti e alle dichiarazioni regionali sarebbero così distribuiti: AO Ospedali Riuniti di Ancona 88 (di cui 14 di area cardiologica e 8 di area pediatrica), AO Marche Nord 54 (di cui 48 a Pesaro e 6 a Fano) e Azienda Sanitaria Unica Regionale 81 (4 Urbino, 5 Senigallia, 13 Jesi, 4 Fabriano, 5 Civitanova Marche, 8 Macerata, 4 Camerino, 19 Fermo, 11 San Benedetto del Tronto e 8 Ascoli Piceno). All’appello ne mancano 7 rispetto ai 230 dell’Agenas, ma ne risultano 3 di più rispetto ai 220 previsti per le Marche dal DL 34 del maggio 2020 e dalle successive Linee di indirizzo del Ministero per la sua applicazione.
Ma quanti sono i posti letto di terapia effettivamente attivi nelle Marche e quindi in grado di essere operativi entro 48 ore in caso di necessità senza incidere sostanzialmente sul resto della attività, che è un criterio mai formalizzato ma di buon senso? Sicuramente di meno, molto meno.
Del resto il brogliaccio del nuovo DM 70 pubblicato e commentato qui su QS prevedeva che nei Piani pandemici regionali venissero definiti meccanismi per espandere la offerta ospedaliera fino a 0.14 posti letto di terapia intensiva ogni 1.000 abitanti e che realmente aggiuntivi rispetti allo standard di 3 posti letto per acuti ogni mille abitanti fossero circa la metà di quelli in più di terapia intensiva.
Una interpretazione di buon senso di questa affermazione è che sarebbe stato compito delle Regioni predisporre “i meccanismi” organizzativi per rendere rapidamente operativi i nuovi posti letto “fisici” di terapia intensiva con una interferenza “minima” sul resto delle attività. La Regione Marche non ha in alcun modo definito questi meccanismi e anche qualora lo facesse col personale di cui dispone difficilmente potrebbe portare anche solo vicino a 200 i propri posti letto attivi senza una riduzione significativa delle attività chirurgiche programmate.
Ma c’è un altro punto importante nella definizione regionale della rete delle terapie intensive che qualcuno dovrebbe a livello centrale verificare: questa rete dovrebbe essere ragionevolmente omogenea come distribuzione territoriale e ragionevolmente coerente con il DM 70.
Invece nel caso delle Marche:
Il Sottosegretario Gemmato si è dichiarato contrario alla eccessiva autonomia delle Regioni in sanità: eccogli servito un ottimo esempio su cui sperimentare con una giunta “amica” di centro-destra un diverso rapporto Stato-Regioni.
Claudio Maria Maffei