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Sanità pubblica delle Marche all’ultima chiamata

27 MAR -

Gentile direttore,
il 2025 è nelle Marche l’anno delle elezioni Regionali, elezioni in cui il tema della sanità gioca un ruolo decisivo. La attuale Giunta di centrodestra vinse sulla sanità le precedenti elezioni del 2020 promettendo una sanità più vicina al cittadino. In questi quasi 5 anni i problemi dei marchigiani che della sanità hanno bisogno o che nella sanità lavorano sono rimasti gli stessi o sono aumentati, a partire da quello delle liste di attesa che nelle Marche non esplode solo perché i cittadini sono gente tranquilla e semmai rinunciano alle cure (le Marche con il 9,7% sono al terzo posto nella classifica fatta da GIMBE sulla percentuale di persone che hanno rinunciato alle cure nel 2023 secondo i dati del Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile 2023 dell’ISTAT).

Nel successo di quella campagna elettorale del 2020 ebbero un grande effetto anche le promesse di mantenimento/potenziamento di tutti i servizi erogati localmente, a partire ovviamente dagli ospedali. Uno degli slogan di successo di quella campagna fu infatti quello del “no agli ospedali unici provinciali”, una espressione inventata per contrastare la scelta della precedente Giunta di centrosinistra di procedere alla integrazione in una unica struttura di tre coppie di ospedali di primo livello con Dipartimento di Emergenza e Accettazione praticamente quasi attaccati tra loro. Una scelta che avrebbe allineato la rete degli ospedali pubblici delle Marche alle indicazioni del DM 70, ma soprattutto ne avrebbe migliorato sicurezza ed efficienza. E una scelta che avrebbe potuto consentire un potenziamento dei servizi territoriali nelle Marche particolarmente deboli in tutti i settori (consultori, salute mentale, assistenza domiciliare e residenziale, demenze, neuropsichiatria infantile, cure palliative, ecc.).

La scelta del centrodestra, in linea con la sua impostazione populista che nelle Marche si esprime in sanità al massimo grado di purezza, è stata quella di rinunciare da subito a una programmazione regionale di sistema, che qualcosa deve per forza razionalizzare, in modo da privilegiare una programmazione locale che tutto può promettere. In questo modo ogni comunità locale si è vista promettere sulla carta il massimo di servizi possibile salvo poi scontare nei fatti la carenza di servizi realmente offerti imposta dai vincoli economici e di disponibilità di personale. Questa politica è partita, come già anticipato, dagli ospedali con la promessa di una rete ospedaliera di 14 Ospedali con DEA, di cui uno nuovo ancora da aprire (il DM 70 ne prevede al massimo 10) più tre ospedali di area disagiata, di cui uno totalmente illegittimo perché a distanza di circa 30 minuti dal Pronto Soccorso più vicino. A questi tre ospedali è stato promesso un Pronto Soccorso che attualmente manca. Questa scelta di mantenimento della frammentazione della rete ospedaliera si è tradotta in una programmazione edilizia che investe centinaia di milioni in tre ospedali nuovi e in 6 palazzine col DEA in altrettanti ospedali dentro una rete ospedaliera insostenibile sul piano delle risorse oltre che incoerente con le norme. Gran parte dei cantieri che riguardano questi interventi stanno partendo questi mesi e saranno un enorme peso per la sanità pubblica futura delle Marche. Una volta avviati i cantieri sarà quasi impossibile tornare indietro e le Marche si troveranno a gestire una rete ospedaliera condannata a non funzionare, visto che già oggi si regge in molti casi sui medici delle cooperative e si confronta con la fuga dei professionisti nel privato. Intanto però in campagna elettorale le foto e i video davanti a quei cantieri saranno merce elettorale preziosa per il centrodestra.

Adesso con le strutture territoriali previste dal DM 77 e finanziate in parte col PNRR si sta assistendo alla stessa scena con la moltiplicazione delle promesse e dei cantieri. Particolarmente significativa è la vicenda delle Case della Comunità che nelle Marche sono finanziate per un numero pari a 29. All’ultimo monitoraggio dell’Agenas aggiornato al febbraio 2025 solo una ha tutti servizi previsti dichiarati attivi e 13 non ne hanno attivo nemmeno uno. Ma adesso la Regione ha promesso altre 11 Case della Comunità di cui 6 del tutto nuove mentre 5 sarebbero una evoluzione di Case della Salute già attive. La distribuzione di queste Case della Comunità è disegnata in modo da intercettare il maggior numero possibile di voti senza alcuna logica programmatoria sensata. Si assiste così ad una disomogeneità territoriale inspiegabile con quattro distretti sanitari che nel loro territorio hanno una Casa della Comunità ogni 21.000-25.000 abitanti mentre un altro dalle caratteristiche del tutto assimilabili ne ha una per 60.000 abitanti. Si assiste poi alla decisione di riconoscere una Casa della Comunità Hub a piccoli Comuni in Province il cui capoluogo ha una Casa della Comunità Spoke. La natura elettoralistica di questa (non) programmazione è confermata plasticamente, come si dice oggi, da una dodicesima nuova Casa della Comunità promessa a seguito di proteste da parte della politica locale.

Anche con gli Ospedali di Comunità la Giunta non ha lesinato quanto a promesse prevedendo nel Piano Socio Sanitario per 3 strutture delle 9 finanziate con i fondi del PNRR una sorta di pseudo Pronto Soccorso dotato di personale specializzato messo a disposizione dal DEA di riferimento. Per riuscirci il Piano inventa le Case della Comunità di area disagiata. Da non crederci.

E’ ovvio che nelle Marche come non funzioneranno i 14 ospedali con DEA non funzioneranno le 41 Case della Comunità previste. Ma qui la Giunta ha avuto un’altra intuizione: i Punti Salute. Si tratta di una invenzione sia rispetto al Piano Socio Sanitario delle Marche che soprattutto rispetto al DM 77 che non li prevedono. Sono una sorta di “campioncino” mal riuscito delle Case della Comunità e consistono in pratica in un ambulatorio con un infermiere che per qualche ora al giorno per qualche ora alla settimana fa alcune prestazioni di telemedicina e poco altro. Lo fa al di fuori di qualunque percorso di presa in carico strutturato. Ma va comunque bene per una inaugurazione in pompa magna (a volte partecipa anche il Rettore della Università Politecnica delle Marche) in tanti posti della Regione (ne sono previsti 50 con la solita inspiegabile distribuzione disomogenea).

Proviamo a ricapitolare. In una Regione con una storica frammentazione della rete ospedaliera e una storica debolezza dei servizi territoriali la Giunta ha promesso e continuerà a promettere più Ospedali (con un DEA in più), più Pronto Soccorso di cui tre veri e tre “pseudo”, 35 Case della Comunità in più e 50 Punti Salute in più in una Regione in cui gli specialisti dell’Emergenza-Urgenza mancano e gli Infermieri di Famiglia e di Comunità debbono di fatto ancora partire.

Chi difende i cittadini da questa non programmazione che sostenuta da massicci interventi edilizi sarà un macigno insopportabile per la sanità pubblica futura delle Marche? Dov’è il Ministero che quegli interventi edilizi li ha finanziati e approvati e che ha scelto le Marche come sede del G7 Salute? Dov’è la stessa Corte dei Conti che dedica corpose e importanti analisi purtroppo solo ex post ai danni delle politiche sanitarie regionali? Dov’è l’Università cui la Regione affida i corsi di formazione manageriale? Dov’è l’apparato tecnico-manageriale che supporta la Giunta nel (mal)governo della sanità? Dove sono gran parte dei Sindacati e degli Ordini Professionali?

Non vorrei ripetere per chissà quanti anni “io l’avevo detto”, espressione come poche in grado di irritare. Preferirei anche evitare titoli ad effetto come “Cronaca di una morte annunciata: la sanità pubblica delle Marche”. Preferirei un risveglio delle Istituzioni e degli stakeholder dormienti, o che a me sembrano tali.

Claudio Maria Maffei



27 marzo 2025
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