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Il Centro Disturbi Identità di Genere dell'ospedale Molinette di Torino compie dieci anni

Sono 462 i soggetti che si sono rivolti al CIDIGeM in questi 10 anni. Tutti i soggetti sono stati valutati con colloqui diagnostico-clinici, con valutazioni testistiche e supportati a livello psicoterapeutico per tutta la durata del percorso di transizione.

25 NOV - Il Centro CIDIGeM dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino compie dieci anni. L'anniversario sarà celebrato durante il Convegno “CIDIGeM 10 anni di attività”, che si terrà giovedì 26 novembre 2015 dalle ore 8,15, presso l'Aula Magna A.M Dogliotti dell'ospedale Molinette. Il Centro Interdipartimentale Disturbi di Identità di Genere, centro di riferimento regionale e nazionale, nasce alle Molinette nel 2005 su specifica richiesta della Regione per poter assicurare, in ambito pubblico, l’assistenza sanitaria alle persone con Disturbo dell’Identità di Genere.
La Regione Piemonte, nel 2008, l’ha riconosciuto come Centro di Riferimento Regionale. Il C.I.D.I.Ge.M. garantisce una presa in carico multidisciplinare dal punto di vista psicologico, medico e chirurgico a quanti, vivendo la profonda sofferenza della non coerenza tra il proprio sesso biologico e quello psicologico, desiderano modificare il proprio aspetto e vivere adeguatamente il proprio ruolo di genere. Il disturbo di cui si tratta rappresenta una condizione molto rara (1:40.000 circa tra i maschi biologici ed 1:90.000 tra le femmine biologiche), ma richiede capacità specifiche ultraspecialistiche per una gestione integrata efficace.

Questo Gender Team lavora in accordo alle vigenti linee guida nazionali ed internazionali ed ha registrato un incremento di utenza esponenziale negli ultimi anni. 462 i soggetti che si sono rivolti al CIDIGeM in questi 10 anni. Tutti i soggetti sono stati valutati con colloqui diagnostico-clinici, con valutazioni testistiche e supportati a livello psicoterapeutico per tutta la durata del percorso di transizione. 300 i soggetti con diagnosi di Disforia di genere, di cui il 49,2% riportava una positività per disturbi d’ansia, dell’umore e dell’adattamento, ma i sintomi nel 97,6% sono stati valutati moderati-lievi e non hanno controindicato il proseguimento del percorso.

Nei rari casi in cui era presente un quadro di depressione moderata grave questa ha richiesto di essere compensata anche con il ricovero ed in accordo alle linee guida non ha impedito di proseguire il trattamento e di arrivare all’intervento chirurgico di RCS. Le visite psichiatriche sia per la fase diagnostica che per successive eventuali condizioni intercorrenti, sono state 4.000. Le visite endocrinologiche suddivise tra le varie fasi del percorso comprese quelle di follow up di soggetti già operati circa 3.000. Gli interventi chirurgici trasformativi dei maschi biologici in femmine sono stati 73, a 23 dei quali sono state effettuate inoltre le mastoplastiche additive. Quelli delle femmine biologiche in maschi 35 per la prima fase demolitiva che consiste nel togliere i caratteri sessuali primari (ovvero mammella e utero), dei quali 10 per la seconda fase ricostruttiva del pene.
Le caratteristiche di questo gender team hanno permesso la realizzazione di questi numeri, significativi per una condizione così rara, senza particolari problematicità ed, anzi, rappresentando un riferimento per persone di altre regioni d’Italia nonché per stranieri alla ricerca di un supporto alla loro richiesta di aiuto.

La Cassazione e la Corte Costituzionale si sono recentemente espresse in materia di identità di genere e rettificazione di sesso, risolvendo una questione controversa fin dall'entrata in vigore della legge nel 1982, finalmente chiarendo che il trattamento medico chirurgico per l'adeguamento dei caratteri sessuali primari ed il requisito della sterilità non costituiscono condizione o presupposto necessario ai fini della rettificazione anagrafica, consistendo in una scelta espressiva dei diritti inviolabili della persona secondo il principio di autodeterminazione. L'intervento è solo un possibile mezzo per la rettificazione anagrafica e potrà essere autorizzato per consentire alla persona di poter raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in quei casi in cui la divergenza tra sesso anatomico e psicosessualità determini un atteggiamento conflittuale e di rifiuto. Se tale situazione di benessere è già stata raggiunta al termine del percorso, costituito da trattamenti medici ormonali ed estetici e psicologici ed è accertata la irreversibilità della scelta, allora l'intervento demolitorio e/o modificativo non sarà necessario.

Il team legale che collabora con ONIG e C.I.D.I.Ge.M. aveva già sottoposto al Tribunale torinese l'istanza di un utente volta ad ottenere la rettifica anagrafica senza l'imposizione dell'intervento chirurgico, fondata proprio sulle motivazioni oggi espresse dalla Cassazione e dalla Consulta. Tale causa pilota è ora davanti alla Corte d'Appello di Torino e sarà decisa nei primi mesi del 2016. Il team legale ha inoltre proposto cause sulla vexata quaestio del “divorzio automatico” imposto ai coniugi a seguito della rettifica anagrafica di sesso di uno di essi, che dovranno essere decise sulla scia di quanto espresso dalla Consulta e dalla Cassazione nel 2014 e nel 2015 sul tema.
 

25 novembre 2015
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