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Forum Risk Management. Aids, guai ad abbassare la guardia. Riformare la legge 135 del 1990

di Ester Maragò e Michela Perrone

Riflettori puntati sull’Aids al 16° Forum Risk Management in corso ad Arezzo in occasione della giornata mondiale. La battaglia contro il virus non è ancora stata vinta e in Italia il 60% degli Hiv-positivi riceve una diagnosi tardiva, e tra gli eterosessuali questa percentuale sale addirittura al 70%. E oggi i monumenti storici della Città di Arezzo e le sei Porte della Città di Firenze si illumineranno di rosso
 

01 DIC - In Europa si stima siano 2,2 milioni le persone che convivono con l’Hiv. E se durante la pandemia nel nostro Paese si è registrato un calo importate delle nuove diagnosi (l’incidenza si è ridotta, passando da 4,1 per 100mila abitanti a 2,2 con una diminuzione maggiore nel Nord Italia, dove si è registrato un -55,27% rispetto all’anno precedente) non significa che il virus abbia effettivamente rallentato la sua corsa. Sono infatti ancora tante le diagnosi tardive.
Soprattutto è stata disattesa la sfida mondiale delle “tre 90”, ossia: diagnosticare, entro il 2020, il 90% di tutti i casi di Hiv nel mondo; consentire l’accesso alle terapia antiretrovirali al 90% delle persone sieropositive; ottenere la soppressione della carica virale nel 90% delle persone trattate.
Obiettivi ai quali recentemente è stato aggiunto un “quarto 90”: far sì che il 90% delle persone con Hiv in soppressione virologica riescano ad avere una buona qualità di vita.
 
Ecco quindi che, in occasione della Giornata mondiale dell’Aids, arriva dal 16° Forum Risk Management in corso ad Arezzo, un invito a non abbassare la guardia. La lotta all’Hiv, apparentemente silenziato dalla pandemia, deve infatti continuare non solo sul fronte della prevenzione ma anche su quello normativo. Esperti e politici invocano quindi una rapida riforma della legge 135 del 1990 per arrivare a diagnosi rapide e contrastare lo stigma sociale, garantendo anche l’equo accesso alle cure e la formazione del personale.
E per non dimenticare, i monumenti storici della Città di Arezzo e le sei Porte della Città di Firenze oggi si illumineranno di rosso.
 
Ma quali sono gli scenari in Italia? Nel nostro paese ha spiegato Barbara Suligoi Direttore del Centro Operativo Aids del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità “abbiamo osservato questa riduzione in tutte le popolazioni, ma continua l’idea che l’Hiv sia un virus legato a certe categorie di persone. Lo abbiamo visto nelle diagnosi tardive: in Italia il 60% degli Hiv-positivi riceve una diagnosi tardiva, ma tra gli eterosessuali questa percentuale sale addirittura al 70%. Bisogna far passare il messaggio che la trasmissione avviene durante rapporti non protetti”.
Gli esperti stimano che oggi in Italia ci siano circa 15mila persone non diagnosticate. “Dobbiamo informare in modo continuativo sull’Hiv e sulle malattie sessualmente trasmissibili - ha ricordato Suligoi – oggi per fortuna esistono terapie efficaci, ma dobbiamo promuovere il test e facilitare la segnalazione dei casi attraverso un sistema di sorveglianza più moderno e innovativo”.
 
“L’Hiv è stata una tempesta” ha ricordato Marcello Caremani, medico esperto sulla patologia ripercorrendo la storia della malattia. “Come è avvenuto per il coronavirus non lo conoscevamo anzi peggio mentre del coronavirus se ne parlava, dell’Hiv non conoscevamo nulla. Ci siamo trovati 40 anni fa con 36-37 milioni di malati nell’Africa sub sahariana e nel Sud Est asiatico e con 2milioni e 500 morti solo nelle regioni dell’Africa. Non è stata una pandemia rumorosa come qualcuno dice. Tutt’altro, è stata una pandemia silenziosa e ancora oggi lo è, con milioni di persone positive. E ancora oggi tanti muoiono perché non hanno i farmaci. Prevenzione e solidarietà sono stati i nostri punti di forza. Ma le azioni di prevenzione vanno gestite in maniera universale, perché di Aids si continua a morire”.
 
Il Sars Cov2 ha aggravato la situazione. L’Organizzazione mondiale della sanità, come spiega Silvia Bertagnolio responsabile del programma resistenza farmaci antiretrovirali Oms-Ginevra, ha stimato, grazie a una piattaforma globale di condivisione dei dati, che “gli Hiv-positivi hanno un rischio più alto del 15% di presentarsi in ospedale con un’infezione da Sars-Cov2 più grave rispetto alla popolazione generale e hanno il 38% di rischio in più di morire durante l’ospedalizzazione.
Per Bertagnolio “È importante celebrare il passato e i risultati che abbiamo ottenuto, ma è altrettanto importante guardare avanti e chiederci come possiamo migliorare per cercare di raggiungere i target che ci eravamo posti per il 2020. Dobbiamo essere innovativi e dare spazio alla comunità, alle associazioni che sanno come intercettare le persone a rischio. E poi è necessario investire in ricerca. Non dobbiamo abbassare la guardia, nonostante la percezione del rischio sia bassa”, ha concluso l’esperta.
 
Riformare la legge 135 del ’90 e superare lo stigma. Mauro D’Attis, del Gruppo parlamentare Hiv, ha ricordato come oggi le nuove generazioni siano meno informate sui rischi delle malattie sessualmente trasmissibili. D’Attis e altri parlamentari hanno riaperto il dibattito su Hiv e Aids in Parlamento: “Abbiamo depositato una proposta che revisiona la 135 del ‘90, una legge all’epoca molto innovativa che oggi ha bisogno di essere aggiornata – ha affermato – la proposta di legge è stata incardinata in Commissione Affari sociali. Per la prima volta, dopo 30 anni, il Parlamento sta di nuovo affrontando pubblicamente il tema dell’Aids”.
D’Attis ha poi presentato, con altri parlamentari, una proposta di emendamento alla legge di bilancio. “Abbiamo riscontrato che negli anni il Piano nazionale dell’Aids non è mai stato accompagnato da un’adeguata copertura finanziaria – ha aggiunto – abbiamo quindi proposto di destinare alcuni milioni di euro per i prossimi 3 anni per finanziare gli interventi previsti dal Piano: ricerca, la comunicazione e l’informazione e le attività di volontariato del terzo settore”.
Maria Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge, ha ripercorso la storia della malattia, con i momenti di panico e lo stigma che perdura ancora oggi: “Ci manca l’ultimo miglio: abbiamo terapie efficaci che ci permettono un’alta qualità della vita, ma dobbiamo riuscire a eliminare lo stigma - ha affermato - Dobbiamo aiutare noi stessi a uscire dall’alone della paura”.
Stefano Vella dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha ribadito come nella lotta all’Hiv siano stati compiuti progressi straordinari, sottolineando come “il modello di distribuzione dei farmaci nelle aree più povere del mondo potrebbe essere un esempio di lotta alle disuguaglianze: abbiamo cercato di raggiungere tutti, decentralizzando le cure e affidando i farmaci alla community, che li ha distribuiti sotto supervisione medica. Possiamo dire che l’Hiv ha “inventato” le associazioni di pazienti, che prima non esistevano e che invece oggi sono fondamentali”.
 
 
Ester Maragò e Michela Perrone



 

01 dicembre 2021
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