“Con l’approvazione definitiva del Senato, è diventata legge dello Stato il decreto-legge del 30 marzo 2023 n.34, riguardante ‘Misure urgenti a favore delle famiglie e delle imprese inseguimento di energia elettrica e gas naturale, nonché obblighi sanitari e fiscali’. Purtroppo, questo provvedimento ha definito quella che pare essere l’ultima parola sul tema del cosiddetto payback sui dispositivi medici”.
Così il Presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi che aggiunge:
“Si ricorderà che a fine anno scorso si presentò il problema legato a questo meccanismo, che introduce un tetto alla spesa sostenuta a livello nazionale e regionale per acquisti di beni e servizi in ambito sanitario – ha detto – in particolare per i dispositivi medici, chiamando a concorrere al ripiano dell’eventuale superamento del tetto le imprese fornitrici, in misura pari all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa a carico del Ssn.
La novità emersa dalla legge, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 29 maggio scorso, è l’istituzione di un fondo statale ad hoc, con una dotazione di circa 1,1 miliardi di euro, che, in proporzione agli importi spettanti alle Regioni per il ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici, dimezza gli importi dovuti dalle imprese del settore, a condizione che rinuncino al contenzioso.
Da una parte, è apprezzabile che si sia limitato l’impatto finanziario del payback. Dall’altra, però, il meccanismo è confermato nella sostanza e lo sono, di conseguenza, le forti criticità rilevate dalle imprese del settore. Il fatto stesso che si sia arrivati a una sorta di patteggiamento evidenzia come anche lo Stato si sia reso conto della stortura della norma, ma questa soluzione rimane non ammissibile per le logiche della libera impresa.
Ricordiamo che - per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 - il saldo originario per il ripiano da parte delle imprese della nostra regione ammonta a più di 170 milioni di euro. Alcune nostre imprese si trovano nella condizione di dover versare importi superiori al milione di euro.
Peraltro, l’intervento non affronta il tema del payback dovuto per il periodo 2019-2020, né interviene in modo strutturale per gli anni successivi al 2022.
Riaffermiamo, ancora una volta, con forza come sia profondamente ingiusto che un gruppo di imprese private, molte a proprietà internazionale, che generano occupazione e valore sul territorio, siano costrette a pagare il conto della sanità pubblica come se si fossero appropriate di risorse in modo indebito.
E quindi non possiamo che ribadire come, pur nella consapevolezza che la gestione della sanità è un tema complesso e sempre più oneroso per consentire un’accessibilità a tutti, il prezzo di questo sistema non possa essere scaricato sul mondo dell’impresa privata.
Come più volte ribadito, il payback rappresenta un’anomalia, per usare un eufemismo, e chiediamo dunque con forza che venga abolito. Qualora non venisse abolito, è logico pensare che il libero mercato si organizzerà di conseguenza: aspettiamoci dunque rincari e la presa di consapevolezza di una maggior necessità di fare gruppo nelle politiche di acquisto. L’unico vero fine che aveva il meccanismo del payback, ossia quello di regolare la spesa sostenuta per l’acquisto di beni e servizi in ambito sanitario – conclude – non sarà dunque raggiunto perché si creeranno necessariamente storture per rispondere a questa situazione che definire ingiusta è assai benevolo. Si tratta infatti di una assurdità dal punto di vista legale, da qualsiasi lato la si voglia guardare, che mina ancora una volta la libertà di impresa”.