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Campania. Piano ospedaliero, pronta la bozza delle reti oncologiche. Meno 70 posti letto

di Ettore Mautone

Ma per sindacati e ordine, in attesa di leggere la versione definitiva, mancano i poli di eccellenza e spuntano posti letto in piccoli ospedali periferici a bassa complessità assistenziale. Scotti (Omceo Napoli): "Eppure quella del Piano ospedaliero è un’occasione da non perdere per mettere ordine e razionalità dove questi oggi non ci sono".

29 APR - Piano ospedaliero: è questione di giorni l’ufficialità sul riordino degli ospedali in Campania e procede a tamburo battente il lavoro di  messa a punto delle reti ad esso collaterali. Non solo quelle per ictus, infarto e politrauma (cosiddette tempo-dipendenti, in quanto qualità ed efficacia dipendono anche dalla rapidità d’intervento) ma anche le monospecialistiche, come la rete Pediatrica e la rete Oncologica.
 
A quest’ultima è affidato l’arduo compito di schiodare la Campania dall’ultimo posto in classifica tra le Regioni per mortalità per cancro laddove anche l’incidenza, ossia i nuovi casi registrati ogni anno, è ormai oltre la linea mediana del Paese. 
 
Il punto di partenza è l’estrema frammentarietà dell’offerta di cure
e, fatta eccezione per il Pascale, l’assenza di poli provinciali in cui concentrare competenze mediche e chirurgiche, tecnologie e ricerca (clinica e di base) e su cui costruire il miglioramento dei volumi e degli esiti delle terapie. Una situazione che attualmente sconta come effetto collaterale la massiccia migrazione sanitaria verso le regioni di confine e verso il Nord e l’estero. Un flusso di pazienti in fuga che il Piano dovrebbe essere in grado di intercettare almeno in parte.
 
A guardare i numeri della bozza di Piano ospedaliero
- su cui sta lavorando una commissione regionale ad hoc - la prima novità è il numero dei posti letto destinato a diminuire di 70 unità complessive su scala regionale. Nel dettaglio del dare e avere degli ospedali su scala provinciale se ne registrano 10 in meno tra Avellino e Benevento, 14 in più a Caserta, altri dieci in incremento a Napoli 3 sud mentre sono solo  2 le degenze in più a Napoli 2 nord, che diventano 4 a Salerno. Un sostanziale equilibrio insomma tra l’assetto attuale e quello futuro mentre solo a Napoli si concentra la sforbiciata maggiore con 90 posti letto in meno (da 339 a 249) con l’attribuzione di 20 unità al Cotugno (tumori legati soprattutto all’Aids),  12 alla Sun, 30 alla Federico II, 12 al San Giovanni Bosco, 6 all’Ascalesi, 20 all’Ospedale del mare (quando sarà) e il Pascale a recitare la parte del leone con 80 posti letto di medicina.
 
Posti letto di oncologia della nuova rete oncologica in raffronto alla vecchia configurazione

ASL

Vecchia rete

Nuova rete

Saldo


Av-Bn

83

73

-10


Ce

30

44

14


Na2nord

38

40

2


Na3Sud

12

22

10


Salerno

44

48

4


Na1centro

339

249

-90


Totale 

546

476

-70




La distribuzione di posti letto
Le incongruenze del Piano
Ma non è tanto sul numero dei posti letto che l'offerta della nuova rete lascia delusi in molti, quanto la loro distribuzione che non sembra, ad un primo sguardo, dare un miglioramento in termini di qualità, e resta è molto frammentata. L’impressione è che anziché distribuire i posti letto in funzione della rete oncologica sia avvenuto il contrario. Caserta sembra quella messa peggio, specie alla luce della problematica “Terra dei Fuochi”: qui si crea una struttura nuova di Oncologia da 10 posti letto a San Felice a Cancello e si potenzia Piedimonte Matese, presìdi periferici a bassa complessità distanti e poco accessibili dal centro ma soprattutto privi di discipline di alta complessità. Restano vuoti invece Marcianise ed il vicino sant'Agata dei Goti per la macroarea Av-Bn che viene anche decurtata in termini quantitativi.

Nelle altre due Asl interessate con Terra dei fuochi (Na2 nord e Na 3 Sud, le cose non sembrano andare meglio. Incongruenze difficilmente spiegabili considerando quale sia la tipologia del paziente che afferisce al ricovero oncologico: paziente che dopo la diagnosi  fanno chemioterapie e radioterapie, effettuate in day hospital, secondo protocolli standardizzati. Pazienti in buona percentuale destinati ad avere gravi effetti collaterali, occlusioni, versamenti pleurici e polmonari, e dunque soggetti a procedure invasive, ma anche interventi chirurgici di alta complessità, da ripetere spesso nel tempo per aumentare la sopravvivenza e proseguire le terapie. Prevedere dunque posti letto per ricoveri oncologici in ospedali piccoli e poco attrezzati è un non senso visto che non si tratta di hospice ma di degenze vere e proprie in cui garantire la massima accessibilità ed un eventuale supporto se si manifesta un evento acuto durante la chemio.
 
In questi casi il paziente necessita, secondo le linee guida di settore, di un ricovero in terapia subintensiva, ad alta complessità, per praticare toracentesi, paracentesi (ossia punture per svuotare cavità corporee in cui si accumulano fluidi), diagnostica di alta tecnologie e chirurgia, che non sembrano presenti nei piccoli ospedali dove sono stati polverizzati una discreta quota di posti letto della rete. Inoltre gli oncologi ripetono sempre che la qualità si fa con grandi casistiche e dunque riesce difficile capire in significato di attribuire 4/6 pl a questi piccoli ospedali periferici peraltro in passato destinati ad essere dismessi. Infine c'è il concetto della ottimizzazione della chemioterapia che, come è noto a tutti, viene effettuata tramite la preparazione con Umaca (strutture particolari delle farmacie ospedaliere con tecnologie complesse, cappe di aspirazione dei farmaci, reflui filtrati che abbattono la diffusione nell’ambiente di residui nocivi ecc.) che per contenere i costi, ottimizzare le costose preparazioni dei chemioterapici e ridurre gli sprechi, possono essere ospitati solo nei grandi ospedali di eccellenza in cui, evidentemente, andrebbero concentrate le funzioni di poli oncologici su base provinciale.  
 
Poli il Pascale ma anche la Federico II: quest’ultima che fa circa 40 mila chemioterapie /anno, dove una struttura prepara i trattamenti per tutto il policlinico. Una rete in bozza ma già a maglie larghe dunque in cui l’inefficienza attuale non viene sanate e l’efficacia, purtroppo, è destinata a restare al palo a meno che piccoli centri ospedalieri con poca casistica e scarsi mezzi possano dare buoni risultati in termini di esiti.
 
Se tutto ciò non dovesse accadere e la rete non essere profondamente rivista le conseguenze non potranno altro che riverberarsi sulla migrazione oncologica verso centri di eccellenza.

“La proposta migliore – dice Antonio De Falco, segretario regionale della Cimo -  sarebbe invece organizzare Poli oncologici anche specialistici, integrati in rete, specialmente in una Regione che si prepara ad affrontare una emergenza come quella oncologica, dove Terra dei Fuochi o no, comunque la mortalità è alta e la correlazione con l'inquinamento è comunque allo studio”.
 
I dati epidemiologici
In Campania, sulla base dei dati epidemiologici forniti dalla banca dati dell’Istituto nazionale tumori e dall’Istituto Superiore di Sanità, si stima un’incidenza di neoplasie maligne per anno (dati 2010, i più recenti) di 398 su 100 mila nuovi casi per il sesso maschile a fronte di una media nazionale di 336 per 100 mila e 265 per 100 mila per il sesso femminile in questo caso in linea con il dato nazionale ma peggiorato negli ultimi anni. Il tasso di mortalità si discosta invece decisamente dalla media nazionale  di 173 per 100 mila per gli uomini e 94 per 100 mila per le donne attestandosi su 231 su 100 mila per i primi e 103 su 100 mila per le seconde. Come di recente pubblicato da Fusco e collaboratori per il sesso maschile si stima che i siti maggiormente colpiti da neoplasie maligne siano stati nel 2012 (dato più recente) polmone e prostata rispettivamente con 2.811 e 2.773 nuovi casi, seguiti da colon e retto, con 2.275 nuovi casi totali.
 
Nel sesso femminile il tumore più frequente e anche a maggiore prevalenza è stato quello mammario con 3.675 nuovi casi e 34 mila casi viventi nel 2012 con precedente diagnosi, seguito da quello del colon retto (1.694), e polmone (818). Il tasso di mortalità più elevato per il sesso femminile si è riscontrato per il tumore mammario (31 su 100 mila), quello al polmone per il esso maschile (80 su 100 mila). Per gli uomini, infine, la maggiore prevalenza si riscontra nel tumore della prostata (18 mila casi con precedente diagnosi viventi nel 2012), seguiti dai tumori del colon retto (22 mila casi totali viventi tra entrambi i sessi nel 2012).                 
  
"Numeri che meriterebbero ben altra risposta e ben altre reti - aggiunge Roberto D’Angelo – segretario della Cisl medici di Napoli - la disorganizzazione dell'assistenza è già sul piatto, i nostri pazienti non hanno diagnosi precoce per la carenza di screening, quindi hanno diagnosi tardive, poi non hanno Pdta mirati, che li accompagnino verso percorsi di cura di qualità. Pazienti che si perdono, migrano e finiscono spesso nelle trame di un privato che riduce le famiglie sul lastrico, lucrando sul dolore e la disperazione. Aggiungerei quindi che alla scarsa qualità, efficacia ed efficienza, la terza E che manca è quella dell'Equità, perché chi avrà cultura e soldi se la caverà, il resto si arrangerà”.
 
Un’occasione da non perdere
Eppure quella del Piano ospedaliero è un’occasione da non perdere per mettere ordine e razionalità dove questi oggi non ci sono. Forse, alla luce delle premesse date, la provocazione lanciata con la campagna di affissioni dell’Ordine dei medici di Napoli e Bari, dove una donna senza capelli sottoposte a cure anticancro ricorda che se fosse nata al Nord o in Europa sopravvivrebbe per più anni indicando la necessità di fornire risorse a livello nazionale con il riequilibrio del fondo e una risposta programmatoria diversa, che però allo stato non sembra esserci nelle bozze di piano. “Aspettiamo di leggere la versione definitiva del Piano – avverte Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei medici di Napoli – ma se fosse come emerge dalle vostre anticipazioni la giovane donna senza capelli per la chemio non è bastata a richiamare ad una programmazione sanitaria che guardi alla cura e non alla solita distribuzione opportunistica dei P. Speriamo non prevalga la logica Gattopardesca del cambiare tutto per non cambiare niente”.
 
Forse la disperazione di quella donna campana senza capelli sui manifesti ormai sbiaditi, fa ancora in tempo, visto che il Piano non è ancora ufficializzato, a far ripensare al tutto, e ad avere come obiettivo migliorare la sopravvivenza dei cittadini, che sfortunatamente, si ammalano di tumore nella nostra regione.
 
Ettore Mautone

29 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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