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Caso Nola. L’albero di Lao Tzu e i giardinieri dal secchio bucato

di Fabrizio Gianfrate

È evidente che le responsabilità del funzionamento della sanità sono riconducibili nel bene e nel male alla politica. Ma la sanità è anche una delle materie più difficili da gestire per la propria complessità strutturale intrinseca. Cosa succede quando viene data in mano dalla politica locale a suoi fedelissimi, al di là della loro idoneità?

12 GEN - Sostiene il serafico Lao Tzu, nel suo Tao-Te Ching (500 a.C.) che fa molto più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. È il caso di Nola, 2017, d.C., l’ennesimo “pasticciaccio brutto” che accompagnato dal solito birignao scandalistico finisce strillando col prevalere mediaticamente sul silenzioso regolare lavoro quotidiano salva vite di medici ed altri operatori sanitari lì come nel resto del Paese.
 
A Nola è parte offesa anche il personale sanitario che si è preso cura delle signore adagiate sul pavimento: a terra e in ginocchio, anche metaforicamente, erano pure quei medici e infermieri che le curavano. Non eroi, come da abusata retorica fascistoide oggi imperante (“sventurato il Paese che ha bisogno di eroi”, B. Brecht), ma esempi di quotidiana abnegazione, i tanti alberi che crescono silenziosamente nella complicata e spesso ostile foresta del SSN.
 
In tanti ospedali e policlinici ci sono “normali” eccellenze che convivono con aberrazioni da terzo mondo. Abitano nella stessa casa verità estreme ed opposte l’una all’altra, in una paradossale emulsione tra professionalità di alto valore e sedimenti d’incompetenza e disonestà. Una crasi tra l’etica del lavoro di Max Weber e “Pierino medico della Saub”. Con tanti bravi professionisti che come il giardiniere di Okun devono portare ogni giorno l’acqua per l’orto con il secchio è bucato.
 
Quali le cause? Scarse risorse, malaffare, incompetenza? Un mix di tutti questi? Certo abbiamo la sanità pubblica meno finanziata tra i grandi Paesi del globo e questo incombe su ASL e Ospedali virtuosi o meno. Certo è che laddove le risorse sono più scarse maggiore deve essere la competenza (e l’onestà) di chi le gestisce al vertice o nel middle management per trarne la massima utilità collettiva.
 
Va ricordato che l’attuale basso livello di finanziamento della sanità è scelta politica ben precisa, figlia (chissà quanto illegittima) dell’ultima variazione sulla costituzione, l’art. 81 (2012 d.C.) che prevede il pareggio di bilancio, all’origine di tutte le costrizioni EU. Recente Art. 81 alquanto stridente con il vetusto art. 3 (1946 d.C.), quello sul diritto alla salute (antiquariato costituzionale…).
 
Al di là del livello macro-finanziario, spesso, nel micro certi casi di “malasanità” appaiono come una sequela di disattenzioni e negligenze gestionali, involontarie o volute, degne di un romanzo di Cechov o Gogol sulla mediocrità umana, professionale o etica (o entrambe). Le mosche cocchiere di Gramsci, che continuano ad accanirsi sul cavallo che le porta fino a sfinirlo e così a danneggiare se stesse.
 
Cause di solito riconducibili a un unico denominatore comune: follow the money, qualcuno che ci guadagna per sé o conto terzi, l’interesse precipuo che genera inefficienza o, in loop, l’inefficienza generata appositamente per creare quell’indebito profitto. Ancora peggio se insieme alla gestione del potere e per il suo mantenimento. In barba o in combutta coi controllori. E con chi deve controllare i controllori.
 
Sulla carta i correttivi sono semplici: ospedali e servizi territoriali sono strutturati in forma di aziende. Seguendo la dottrina economica, il manager dovrebbe trasformare nel modo più efficiente ed efficace i fattori produttivi (finanziari, umani, tecnologici, ecc.) di cui dispone in prestazioni sanitarie (output) che generino il miglior livello salute (outcome) per la propria collettività. Ciò attraverso poteri e responsabilità ben definiti (governance), con i giusti controlli e contrappesi (checks and balances), criteri e scale di valutazione oggettivi, condivisi ed intransigenti (scorecard).
 
Avviene? Lo sappiamo solo se misuriamo e confrontiamo i risultati. Se li mettiamo in scala e li compariamo con gli altri. Ma a farlo deve essere un “terzo”, perché non si può chiedere all’oste di valutare il proprio vino. Con indicatori specifici che valgano per tutti. Valutiamo e pubblichiamo le performance di ospedali ed Asl. E sui risultati correggiamo processi e personale. Finora è stato un tabù. Si vedrebbero incompetenze e magagne. La mancanza di cultura del merito ci rende ultimi in tanti settori. In sanità significa non curare al meglio. Abbiamo cominciato a farlo con il lodevole Piano Nazionale Esiti. Il cui utilizzo però è a dir poco migliorabile.
 
Non voglio classifiche ma sapere chi è sotto la media e, guardando a chi è sopra, come fare per raggiungerlo. Le chiamano “best practices”. Analogamente con la legge, altrettanto meritoria almeno nelle intenzioni, che lega la conferma dei manager sanitari alle rispettive performance sanitarie e di bilancio.  
Perché quei “pasticciacci brutti”, opera di mani incompetenti o voraci ed occhi distratti o interessati, non finiscano come il romanzo di Gadda senza una conclusione, senza che il compassato Commissario Ingravallo, pur essendo chiaro a lui ed al lettore chi sia il (la) colpevole del fattaccio di via Merulana, riesca a dipanare esplicitamente il garbuglio delle responsabilità.
 
È evidente che, data la sua pervasività normativa e decisionale, le responsabilità del funzionamento della sanità sono riconducibili nel bene e nel male alla politica. Il cui ruolo di garanzia di equità e distribuzione sociale è imprescindibile. Ma la sanità è anche una delle materie più difficili da gestire per la propria complessità strutturale intrinseca. Data in mano dalla politica locale a suoi fedelissimi, al di là della loro idoneità. Per questo, guardandoci intorno, ci viene spesso la tentazione di parafrasare sulla sanità quanto sosteneva Clemenceau sulla guerra: è materia troppo seria e importante per lasciarla in mano a certi generali.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria

12 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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