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Acquisti centralizzati nel Lazio: coinvolgere i professionisti senza disperdere le competenze anche locali


Anche nel Lazio hanno destato una certa sorpresa i dati dell’indagine che QS ha condotto a livello nazionale sulla percezione degli acquisti centralizzati da parte dei professionisti del sistema sanitario.

24 OTT - Sorpresa nello scoprire quanto alta sia la percentuale di chi dichiara di non utilizzare i dispositivi medici acquistati con gara centralizzata, sorpresa per il numero di professionisti convinti che si voglia perseguire soltanto meri risparmi economici a discapito della qualità, sorpresa, infine, per un generale sentirsi messi da parte, non coinvolti non tanto nelle procedure di gara ma nella definizione di un fabbisogno che ancora è molto localizzato.
Dopo Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, il viaggio di Quotidiano Sanità, per verificare sul campo opinioni e risultati della Survey nazionale sulle centrali di acquisto sostenuta incondizionatamente da Assobiomedica, ha fatto tappa a Roma dove si sono confrontati manager, professionisti medici e non medici e rappresentanti delle istituzioni.

All’incontro di Roma hanno partecipato Stefano Acanfora (Direttore Centrale Acquisti della Regione Lazio), Lorenzo Sommella (Direttore sanitario A.O. Sant’Andrea), Francesco Ripa Di Meana (Presidente FIASO), Carmela Matera e Francesco Quagliariello (rispettivamente Direttore sanitario e Direttore amministrativo ASLRM4), Massimo Carlini (in rappresentanza della Società italiana di chirurgia) ed Emilio Chiarolla (Direttivo Associazione italiana ingegneri clinici)

Nel Lazio, come in analoga misura in altre regioni, la declinazione dell’indagine di Quotidiano Sanità ha restituito un vissuto da parte dei professionisti con qualche luce e diverse ombre ritenute però, dai partecipanti all’incontro, giustificabili da un lato ma non veritiere dall’altro.
È convinzione di quasi tutti gli intervenuti, infatti, che i rispondenti alla ricerca (per il Lazio sono stati oltre 400) ma in generale tutti gli operatori sanitari impegnati quotidianamente nelle strutture del Ssr non siano pienamente a conoscenza delle modalità (e delle complessità) con cui la Regione opera nel campo degli acquisti centralizzati. Il dato di equivoco è la diffusa convinzione che nella centralizzazione degli acquisti sia insita automaticamente una scarsa qualità dei prodotti. Un’equazione ritenuta sbagliata e financo semplicistica dai partecipanti che tuttavia hanno ammesso essere figlia, probabilmente, da una incompleta comunicazione a livello istituzionale e da un’ancora scarsa efficacia applicativa della necessaria introduzione di una governance sugli acquisti anche a livello locale e aziendale.

Insomma se l’omogeneizzazione degli acquisti (che nella Regione Lazio tiene sempre conto dei fabbisogni espressi dai professionisti attraverso le cosiddette “centrali di aggregazione della domanda) non deve essere ritenuta negativa di per sè in quanto ha ricadute anche di equità sull’utenza, la realtà descritta dai partecipanti al confronto è quella che vede situazioni paradossali, dove alcune aziende si trovano ad utilizzare prodotti acquistati in proprio, se non scadenti, di certo di qualità non superiore rispetto ad altre che hanno aderito all’acquisto comune.  

Di contro, la percezione negativa che emerge dall’indagine è comunque un dato qualitativo del rapporto dei professionisti con il management aziendale e regionale importante di cui tener conto. Così come altrettanto importante è tener conto, per esempio, dell’importanza di expertise di livello locale come per esempio quelli espressi a livello degli Irccs che nel Lazio sono numerosi oltre che di eccellenza.

Se il processo non è adeguatamente governato all’interno delle aziende non bisogna poi stupirsi più di tanto dei risultati emersi poiché molti problemi nascono dalle modalità di acquisto ma, soprattutto, dalla disomogeneità di approccio e richiesta da parte degli stessi professionisti.
Probabilmente, hanno convenuto i partecipanti, molti professionisti sono stati lontani (e moltissimi lo sono ancora) da ragionamenti che, esulando dalle necessità del singolo, abbraccino criteri di maggiore razionalizzazione e logica complessiva di sistema. Esemplificando, è vero che due chirurghi esprimeranno spesso esigenze anche molto diverse tra loro ma è una dinamica che va compresa e che non nasce dalla “follia” dei singoli, bensì dal modo in cui questa categoria si è formata nel tempo.

Se da un lato non è realmente vero che la centrale d’acquisto abbassi la qualità e non porti innovazione, la percezione è tale quando i professionisti stessi si sentono esclusi dal processo.

E’ vero, invece, che la centralizzazione degli acquisti nella regione Lazio è una realtà da appena tre anni e i dati, se letti anche nella loro valenza positiva, dimostrano che è comunque in atto un chiaro processo di evoluzione. C’è chi ha idee più chiare e chi non conosce i meccanismi e sente di subire le varie decisioni. Il cambio culturale probabilmente, per poter accelerare, dovrà prevedere da parte delle istituzioni molta chiarezza sulle procedure: da come si fa un capitolato a come si raccolgono le richieste, dallo studio che si deve fare sull’aggregazione di domanda e sui prodotti, sulla standardizzazione piuttosto che sulla specificità, sull’avere uno sguardo sul futuro e quello che il mercato riserva ma anche confrontarsi sulle nuove modalità di vendita e ricambio delle tecnologie sul mercato e, su tutto questo, capire quali sono le strategie migliori con cui elaborare le gare.

Una complessa serie di approfondimenti che chiamerebbe in prima linea almeno le maggiori società scientifiche, tra le uniche a poter mettere in campo professionalità con specializzazioni diverse, per contribuire ad esprimere un fabbisogno tecnologico e scientifico veramente allineato con le esigenze dei singoli professionisti sul campo.

Dunque se anche nel Lazio la parola d’ordine sembrerebbe quella che identifica nel “coinvolgimento pieno dei professionisti” la via maestra per acquisti di qualità aderenti alle reali necessità di operatori e pazienti, molta strada rimane da fare a cominciare da un maggiore impegno a livello di governance aziendale e, non ultima, introducendo un sistema rilevazione dei fabbisogni più coinvolgente e di feedback da parte dei professionisti che, alla fine, sono gli unici a poter giudicare sul campo qualità e adeguatezza di una tecnologia creata per essere protagonista nel processo di cura.

24 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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