Nelle Asl mancano almeno 2000 addetti alla sicurezza sul lavoro
di Domenico Della Porta
Su un totale di 2500 Tecnici della Prevenzione negli ambienti di vita e di Lavoro, in attività esclusiva nell’ambito di salute e sicurezza sul lavoro, ne mancano oltre 2000. Occorre a questo punto rivedere quanto pubblicato qualche tempo fa sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro, dove venivano inseriti elementi innovativi rispetto agli interventi di controllo, ma da attivarsi in una fase in cui non vengono registrati aumenti di eventi infortunistici
24 LUG - La risposta all’aumento del numero degli infortuni mortali sul lavoro che ha caratterizzato l’anno 2018 e che sta caratterizzando anche il 2019, richiede una nuova strategia d’intervento nelle imprese volti, da un lato, a valorizzare il Piano Mirato di Prevenzione (una nuova modalità di controllo definita percorso strutturato di prevenzione), dall’altra a potenziare il personale di vigilanza e controllo dei Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (PSAL) dei Dipartimenti di Prevenzione.
Così
Luigi Cajazzo, direttore Generale della Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia ha posto l’accento sulla necessità di superare i vincoli posti dal Bilancio per le assunzioni di personale tecnico da destinare all’attività di controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nel corso del III Forum del Gruppo tecnico interregionale per la salute e sicurezza sul lavoro, svoltosi a Milano pochi giorni fa.
A tal proposito è stato richiamato il comma 6 dell’art- 13 del D.Lgs. 81/2008 che recita: “L’importo delle somme che l’ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell’articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758(N), integra l’apposito capitolo regionale per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL. “Con “Il Piano triennale straordinario” si è infatti prevista l’assunzione – a tempo determinato – ha detto Cajazzo, di 45 tecnici della prevenzione e di esperti “biologi, chimici, ingegneri”, avvalendosi di quanto indicato nel predetto art. 13, ovvero sostenendo l’aumento dei costi con gli introiti delle sanzioni irrogate dalle ATS".
"Ad un anno di distanza - ha aggiunto il DG - le ATS non sono riuscite a completare il piano di acquisizione del nuovo personale per criticità legate alla tipologia di contratto attivato (tempo determinato): in molte realtà, infatti, i vincitori del concorso o non hanno accettato l’incarico o si sono dimessi pochi mesi dopo a causa dell’assunzione con contratto a tempo indeterminato in altre realtà locali. Pur in presenza di organici in sofferenza, e di risorse da destinare al potenziamento dell’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro, l’impegno istituzionale non trova strumenti d’intervento idonei. Per questo, è stata rimarcata la necessità non più derogabile di superare questo vincolo, riportando la discussione anche in sede di “Patto per la Salute”, dove il tema del personale è centrale. Il superamento della criticità sembra risiedere in un’azione congiunta di tutti gli attori, sia appartenenti al livello regionale che al livello nazionale.”
Analoga situazione è presente in tutte le Regioni d’Italia se si considera che su un totale di 2500 Tecnici della Prevenzione negli ambienti di vita e di Lavoro, in attività esclusiva nell’ambito di salute e sicurezza sul lavoro, ne mancano oltre 2000 - ha precisato
Maurizio La Rocca, segretario nazionale dell’Unione Nazionale Personale Ispettivo Sanitario d’Italia, la più grossa organizzazione sindacale rappresentativa della categoria. E pensare che già 10 anni fa veniva richiesta nella Relazione Conclusiva redatta dalla Prima Commissione di Inchiesta Parlamentare sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e morti bianche una “Rapida e completa attuazione del Testo Unico delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, con più azioni di prevenzione, contrasto e vigilanza, e rafforzamento della lotta ai fenomeni del lavoro sommerso ed irregolare, nonché dello sfruttamento del lavoro minorile, attraverso l’attivazione degli organismi di controllo, rafforzamento, coordinamento e collaborazione fra tutti gli enti istituzionali che si occupano della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, sia a livello centrale che locale.”
Occorre a questo punto rivedere quanto pubblicato qualche tempo fa sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro, “La strategia di prevenzione… che privilegia, nell'aggiornato contesto normativo, non più un approccio sanzionatorio e repressivo, ma l'adozione di misure condivise tra Amministrazioni e parti sociali, volte a promuovere la prevenzione e la sicurezza sul lavoro attraverso la formazione e l'informazione, la qualificazione delle imprese e la semplificazione degli adempimenti burocratici. L'efficacia del sistema di prevenzione, infatti, passa inevitabilmente per una effettiva collaborazione tra lavoratori e aziende, in un contesto con competenze precisamente definite delle Amministrazioni pubbliche.” Elementi questi, sicuramente innovativi rispetto agli interventi di controllo, ma da attivarsi in una fase in cui non vengono registrati aumenti di eventi infortunistici.
Domenico Della Porta
Docente Medicina del Lavoro Università Telematica Internazionale Uninettuno – Roma
Delegato Nazionale Federsanità ANCI per la prevenzione e Sicurezza Operatori e Strutture
24 luglio 2019
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