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Telemedicina. Ticca (Riformatori): “Creare ‘Centri di risposta territoriale’ per monitorare anche i pazienti cronici”   

di Elisabetta Caredda

Il componente della commissione Salute propone di ridisegnare il modello di assistenza sanitaria, con postazioni ad alto contenuto tecnologico, che possa supportare quella ospedaliera. “Penso a un sistema innovativo che tenga conto dell'invecchiamento della popolazione e dell’aumento della non autosufficienza, che oggi riguarda tre anziani su dieci. Quindi ad una soluzione in cui il domicilio sia il primo luogo di cura dei pazienti fragili”.

04 SET - La sanità digitale come nuovo modello di assistenza perché possa arrivare a rappresentare un valido supporto a quella prestata negli ospedali e concentrarsi sulle sentite esigenze dei pazienti. Ciò, nell’auspicio di tentare di decongestionare gli ospedali e i pronto soccorso cittadini. A parlarne a Quotidiano Sanità è Umberto Ticca, capogruppo dei Riformatori Sardi e componente della commissione consiliare Salute.

“Occorre sviluppare la telemedicina per assistere nel limite del possibile i malati cronici in loco – spiega il consigliere Umberto Ticca -. La telemedicina rappresenta un solido canale di assistenza sanitaria, se realizzata bene, ed un valido strumento anche per tentare di decongestionare gli ospedali ed i pronto soccorso cittadini. Altre esperienze in Italia e all’estero ci dicono che questa è una tra le opportunità proficue da seguire”.

“Ecco che ritengo debba essere presa in considerazione - prosegue il Capogruppo Riformatori -, d’interesse per lo sviluppo di questo sistema avanzato di assistenza, la creazione di Centri di risposta territoriale dove collocare postazioni ad alto contenuto tecnologico per monitorare e trattare i pazienti cronici. Queste strutture devono poter essere ospitate nelle Case di Comunità od in altri presidi sanitari in linea con la normativa nazionale e regionale in materia. I fondi non mancherebbero di sicuro, potrebbero essere reperiti dal Pnrr”.

“Penso ad un percorso che possa guardare al territorio come primo luogo di cura, una sanità che parli con i sindaci e che costruisca insieme al terzo settore un sistema universalistico e condiviso. Un sistema innovativo che tenga conto, per prepararci a garantire al meglio l’assistenza sanitaria, dell'invecchiamento della popolazione e delle proiezioni di crescita dell'incidenza della non autosufficienza, oggi pari a circa tre individui ogni dieci anziani. Per questo dobbiamo intervenire quanto prima dando risposte serie nel territorio e prendendo in carico i pazienti che hanno difficoltà nell'accesso alle cure”.

“Ecco che allora diventa indispensabile studiare un modello di ‘presa in carico’ che guidi il paziente a partire dal suo domicilio, orientandolo alla struttura più vicina in grado di soddisfare in modo appropriato la sua esigenza di salute. A tal proposito deve poter essere disposto un ‘protocollo di percorso sanitario individuale’ che trovi riscontro di attuazione in Sardegna nel momento in cui i presidi sanitari del nostro territorio riescono a rispondere alla qualità adeguata delle cure ma che nello stesso tempo sia però aperto, quando tali condizioni non sono realizzate, a strutture all’avanguardia anche al di fuori della nostra regione”.

“Per modificare le abitudini ed i comportamenti dobbiamo mettere sicuramente in essere degli strumenti innovativi. In tal senso ci viene incontro la tecnologia. La sanità del futuro, per essere sostenibile, sappiamo passa per un alto grado di innovazione tecnologica. La Telemedicina, la teleassistenza, la gestione del paziente nel metaverso e intelligenza artificiale (AI), sono oramai realtà ineluttabili alle quali affidarsi. Occorre sviluppare sistemi di presa in carico del paziente anche a distanza che abbiano come motore la tecnologia. Inoltre, con lo sviluppo delle tecnologie si va nella direzione della sostenibilità economica in quanto prendere in carico i pazienti a domicilio permette di evitare i ricoveri inutili, con un notevole risparmio di risorse da ridestinare ad altre necessità”.

“Con tali motivazioni si intende da tempo individuare tutte le prestazioni sanitarie che, in qualche misura, possono giovarsi di attività ‘da remoto’ che non richiedano la presenza fisica dell'operatore sanitario. Il modello di sviluppo di assistenza territoriale a cui pensiamo è già realtà in tantissime aree in cui la sanità funziona meglio della nostra. Il mio intento è quello di offrire uno spunto di riflessione su proposte, prima fra tutte quella accennata sulla creazione di ‘Centri di risposta territoriale’ (CRT), di cui ho già cominciato a parlare tra i banchi del Consiglio regionale e che con la condivisione di un dialogo costruttivo della commissione Salute di cui faccio parte si possa lavorare per ridisegnare un modello innovativo da tutti ambito, che punta a dare una soluzione perché il primo luogo di cura sia davvero il domicilio del paziente. Che è anche il sogno oggi dei pazienti più fragili” – conclude Ticca.

Elisabetta Caredda

04 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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