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Autismo e disabilità visiva. Dalle associazioni un’unica strada educativa e sanitaria per una sfida doppia  

di Elisabetta Caredda

Si tratta di una condizione, detta ASVI, poco conosciuta ma tutt’altro che rara. Pili: “Secondo recenti stime in Italia circa 1.600 i bambini diagnosticati su una popolazione scolastica di circa 5.000 studenti con disabilità visiva”. IERFOP e APRI hanno avviato il progetto ‘Vis a Vis’, che propone un modello transdisciplinare per l’inclusione, la diagnosi e il supporto delle persone con doppia disabilità sensoriale e relazionale.

03 APR - Nel complesso universo delle disabilità dello sviluppo, l’incontro tra disturbo dello spettro autistico (ASD) e deficit visivo rappresenta una delle forme più complesse e meno conosciute di pluridisabilità. Questa condizione prende il nome di ASVI – acronimo di Autism Spectrum and Visual Impairment – ed è caratterizzata dalla coesistenza di problematiche sensoriali e relazionali che interagiscono e si amplificano a vicenda. A parlarne a Quotidiano Sanità è Roberto Pili, medico oncologo e presidente della Comunità Mondiale della Longevità e IERFOP Onlus e socio ANF.

“Secondo recenti stime – spiega Pili -, in Italia sono circa 1.600 i bambini con una diagnosi riconducibile all’ASVI, su una popolazione scolastica di circa 5.000 studenti con disabilità visiva. Ma i numeri potrebbero essere sottostimati: studi internazionali condotti in Svezia da De Verdier e colleghi indicano che fino al 31% dei bambini ciechi può presentare tratti dello spettro autistico, spesso non riconosciuti per l’inadeguatezza degli strumenti diagnostici standard”.

“Quali le difficoltà della diagnosi – prosegue il Presidente IERFOP Onlus -, si parla di un linguaggio da riscrivere. Molti test per l’identificazione precoce dell’autismo, infatti, si basano sull’osservazione di comportamenti visivi come il contatto oculare, il riconoscimento delle espressioni facciali o l’uso dello sguardo per comunicare. Ma cosa succede se il bambino non può vedere? Nei casi di ASVI, la diagnosi risulta estremamente complessa e richiede professionisti formati a cogliere segnali alternativi, attraverso il linguaggio corporeo, il tatto, la postura e l’intonazione vocale. Una diagnosi tempestiva e accurata è però fondamentale per impostare interventi educativi e riabilitativi personalizzati, capaci di sostenere lo sviluppo delle abilità sensoriali, motorie, affettive e relazionali, riducendo l’isolamento e favorendo l’integrazione”.

“Tra le cause e condizioni associate, quando si può dire che la vista sia compromessa? L’ASVI è spesso correlato a condizioni oftalmologiche complesse, che si manifestano già nei primi anni di vita. Tra le più frequenti troviamo la retinopatia del prematuro (ROP) che è comune nei bambini nati prematuramente; la cataratta congenita con l’opacizzazione del cristallino alla nascita; il glaucoma congenito con un aumento della pressione intraoculare nei neonati; l’atrofia ottica e distrofie retiniche ereditarie; la retinoblastoma che riguarda il tumore raro della retina; l’amaurosi congenita di Leber; le infezioni intrauterine (TORCH) come toxoplasmosi e rosolia; ed infine la sindrome di CHARGE, una rara malattia genetica che combina sordità e cecità con altre gravi malformazioni”.

“In molti casi, queste condizioni si presentano in associazione a disturbi neurologici o comportamentali, rendendo necessario un approccio multidisciplinare. A riguardo, il progetto Vis a Vis può rappresentare una risposta innovativa. Per spiegare meglio. Per rispondere alle sfide poste dall’ASVI, IERFOP e APRI (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti) hanno avviato il progetto ‘Vis a Vis’, che propone un modello transdisciplinare per l’inclusione, la diagnosi e il supporto delle persone con doppia disabilità sensoriale e relazionale”.

“Questo progetto si articola in diverse linee di intervento: si va dallo sviluppo di strumenti diagnostici specifici per la comorbidità tra autismo e cecità, alla formazione mirata per operatori e caregiver, integrando competenze tiflologiche e psicologiche; Ancora, dai protocolli educativi personalizzati, orientati all’inclusione scolastica e alla qualità della vita al supporto alle famiglie, con percorsi condivisi e servizi di accompagnamento”.

“Quali gli obiettivi strategici del progetto? In primo luogo si punta a potenziare la diagnosi precoce, a migliorare la qualità degli interventi educativi, a rafforzare le reti di sostegno e a promuovere una cultura dell’inclusione fondata sulla conoscenza scientifica e sulla collaborazione tra saperi. Lungo tutto l’arco della vita fondamentale è inoltre il ruolo della prevenzione. Basti pensare che negli ultimi decenni, le persone con autismo stanno vivendo più a lungo grazie ai progressi sanitari, all’inclusione scolastica e a una maggiore attenzione sociale. Tuttavia, l’invecchiamento comporta nuove fragilità, spesso legate a condizioni visive trascurate o sottodiagnosticate”.

“In particolare, le persone autistiche possono sviluppare la cataratta precoce o senile, il glaucoma e retinopatie ereditarie o ancora, maculopatie degenerative; ricordo anche la retinopatia diabetica, frequente sopratutto nei casi di comorbidità con diabete di tipo 1. La difficoltà quindi di esprimere il disagio visivo, la resistenza agli esami strumentali e la scarsa consapevolezza del problema rendono la diagnosi tardiva, aumentando il rischio di cecità evitabile, con conseguenze gravi sull’autonomia, il comportamento e il benessere psico-emotivo”.

“Intendiamo allora sensibilizzare su una nuova prospettiva, ossia quella di integrare la salute visiva e il supporto relazionale. Di fronte a questo scenario, riteniamo urgente costruire un modello integrato di prevenzione oftalmologica che accompagni la persona autistica lungo tutto il suo percorso di vita. Tale modello dovrebbe pertanto prevedere gli screening visivi regolari, fin dalla prima infanzia; la formazione del personale educativo e sanitario sul riconoscimento dei segnali visivi atipici, le tecnologie accessibili e ambienti valutativi adattati, nonché protocolli riabilitativi sinergici in grado di affrontare contemporaneamente le fragilità visive e relazionali”.

“L’ASVI non è una semplice somma di due disabilità: è una condizione unica, che richiede risposte altrettanto uniche. Riconoscerla, studiarla e affrontarla significa difendere il diritto alla piena espressione della persona, anche laddove la complessità sembra prevalere. Il progetto ‘Vis a Vis’ traccia una direzione chiara: conoscere per includere, formare per non escludere, prevenire per vivere meglio. Solo così nessun bambino, nessun ragazzo, nessun adulto verrà lasciato indietro” – conclude Pili.

Elisabetta Caredda

03 aprile 2025
© Riproduzione riservata

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