Un mondo sempre più generico. Ma in Italia il mercato è fermo al 10%
07 LUG - Compie dieci anni in Italia, dalla Finanziaria del 2001, la norma sulla possibile sostituzione di farmaci non più coperti da brevetto con i cosiddetti generici, farmaci sovrapponibili poi ribattezzati bioequivalenti. Nel nostro paese, com’è noto, non hanno preso piede come nelle aspettative e come nei paesi di riferimento, tanto che la quota di mercato è intorno al 10%. Le ragioni di questo ritardo sono diverse e complesse, ci sono questioni tecniche, normative, anche culturali: “Generici, un puzzle da (ri)comporre”, si è intitolato significativamente un convegno all’Università Statale di Milano, che ha cercato di sviscerare i numerosi punti che fanno tuttora discutere. Per esempio, la copertura del brevetto del principio attivo e non di processo, la registrazione con stesso dossier in tutt’Europa ma la possibile valutazione dell’Agenzia nazionale caso per caso, la disponibilità di generici comunicata a volte prima che sia reale, la sostituibilità da parte del farmacista, le variazioni delle politiche sui prezzi e i rimborsi.
Ciò non toglie, però, che complessivamente il farmaco, a livello globale, sia “sempre più generico”. Lo conferma qualche dato riferito al convegno. “In riferimento al periodo 2004-2008, la produzione mondiale di principi attivi (API) generici compresi mostra un incremento medio annuale del 7,2%” ha affermato Piero Iamartino, di Micromacinazione SA, uno dei maggiori produttori di principi attivi. “in Europa occidentale si è scesi dal 44,3% al 38,9%, in Asia si è saliti dal 32,1% al 38,4%, con la Cina cresciuta dal 13,1% al 19,3%. Per gli API solo generici, il trend mondiale vede un incremento medio annuale del 9,1%; la composizione è per il 16,7% dell’Italia (la Cina è al 37,8%). In Italia ci sono una novantina di aziende produttrici di API generici e il nostro è comunque il più importante paese produttore dell’Europa occidentale. Il fatturato è in crescita, nonostante la competizione dei paesi asiatici; nel 2009 è stato intorno a 3,15 miliardi di euro, e l’85% di questo valore è riferito all’esportazione”.
Tra le criticità per i paesi europei, la presenza crescente di API generici di provenienza extra-europea, che hanno standard qualitativi non paragonabili a quelli del nostro continente (anche se nazioni come Cina e India si stanno adeguando); la difficoltà di esecuzione di audit da parte dei produttori, le limitate risorse ispettive (non previste di routine dall’autorità europea ma in Italia sì); la complessità della “supply-chain” (fabbricante-intermediari-distributore). Ci sono poi rischi, consistenti in azioni criminali (vedi caso dell’eparina in Cina) e nelle contraffazioni. Modifiche che verranno recepite a fine 2012-inizio 2013 in Europa riguardano il coinvolgimento delle autorità regolatorie dei paesi extra-europei, la registrazione di tutti gli attori della supply-chain, una maggiore responsabilità spettante agli utilizzatori degli API.
“Come tendenza, quello che si prevede è una riduzione, a livello mondiale, della quota dei farmaci di marca (branded) dal 64% del 2010 al 54% nel 2015, con una diminuzione di nuovi principi attivi. I paesi emergenti, soprattutto Cina e India, diventeranno il primo mercato dei generici (date le dimensioni e quindi le necessità locali), seguito dagli Stati Uniti ” conclude Iamartino. “Relativamente alla produzione le prospettive per l’Europa sono di un aumento anche delle esportazioni verso questi giganti asiatici, la creazione di joint-venture con produttori di quel continente e anche loro acquisizioni di aziende europee, oltre all’intensificazione del dialogo tra le autorità regolatorie europee e quelle cinesi in particolare”.
E.V.
07 luglio 2011
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