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Demma (Aetos Venezia): “La psoriasi lieve-moderata impatta enormemente sul vissuto emotivo e sulla qualità di vita dei pazienti”


04 APR - Come ogni malattia della pelle, anche la psoriasi ha importanti ripercussioni sul vissuto psicologico del paziente. Ogni persona ha il proprio trascorso, la propria vita, le proprie abitudini e una malattia come la psoriasi può minare l’integrità psicologica dell’individuo con ripercussioni non solo sulla vita sociale, ma anche sul rapporto di fiducia che il paziente può instaurare con il dermatologo e quindi sull’aderenza alla terapia. Può sembrare paradossale, ma questo aspetto si verifica in percentuale maggiore nei casi di psoriasi lieve-moderata per i quali la terapia consigliata è quella topica che, fino a qualche tempo fa, non dava risultati evidenti nel breve periodo.
 
“A dispetto della definizione, la psoriasi lieve-moderata impatta enormemente sul vissuto emotivo e sulla qualità di vita dei pazienti poiché intimamente legata all'esperienza soggettiva di malattia della persona”, ha dichiarato Antonella Demma Psicologa-Psicoterapeuta, Docente di Scuola di Psicoterapia AETOS, Venezia intervenuta oggi a Roma nel corso della presentazione dei risultati di un’indagine sui dermatologi, realizzata da Doxapharma con il sostegno di LEO Pharma, atta a indagare l’impatto che l’innovazione terapeutica ha sulla vita del paziente con psoriasi.
 
“Tale esperienza soggettiva risulta indipendente dalla gravità clinica della patologia e connessa alla modalità intima e peculiare che il paziente ha di vivere la sua malattia in base alla propria storia personale e al sistema di valori di riferimento - ha proseguito l’esperta - La persona con psoriasi lieve-moderata presenterà quindi un profilo psicologico che potrà essere caratterizzato da ansia relazionale e tratti depressivi, soprattutto se la patologia colpirà aree visibili o sensibili del corpo (come ad esempio le parti intime), unitamente a preoccupazione e pessimismo, legati soprattutto all'assenza di certezze relative al decorso della malattia. Specialmente questi ultimi aspetti, correlati alla percezione di limitato controllo sull'andamento della patologia, saranno alla base di un vissuto di frustrazione che potrà impattare negativamente sulla gestione della malattia”.
 
Vissuti di insoddisfazione da parte del paziente sui risultati della cura, “potranno portarlo dunque a non stabilire relazioni durature nel tempo con il proprio dermatologo, vagando da uno specialista all’altro in cerca del farmaco “miracoloso” e, ancora, l’impossibilità ad accettare una diagnosi di cronicità potrà spingere il paziente ad affidarsi a cure alternative o a documentarsi in maniera autonoma”.
 
L’innovazione terapeutica può fare tanto non solo dal punto di vista prettamente clinico in relazione alla cura della patologia. “Sulla base della mia esperienza - ha precisato Demma - il progresso in ambito terapeutico ha influito in maniera positiva anche sulle condizioni psicologiche dei pazienti affetti da psoriasi. Il clinico, infatti, in passato aveva a disposizione farmaci che, pur migliorando l’aspetto sintomatologico, per le loro caratteristiche di formulazione e maneggevolezza, poco si adeguavano alle necessità della vita quotidiana del paziente divenendo, in alcuni casi, ulteriore fonte di stress per la persona. Si pensi, ad esempio, alle medicazioni occlusive, al fine di favorire l’assorbimento topico. L’introduzione di topici migliorati sia nella formulazione che nella maneggevolezza, ha permesso di riscontrare un’evoluzione in positivo del vissuto del paziente. Formulazioni di più facile assorbimento, ad esempio, permettono di rendere il momento della cura della pelle meno impattante nella routine quotidiana della persona e, soprattutto, riducono le importanti difficoltà di esecuzione del passato”, ha concluso Demma.

04 aprile 2019
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