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Intervista a Conte (Pres. Periplo): "La sfida delle Reti Oncologiche per superare gap pandemico e incongruenza di spesa, e investimenti, a silos"


17 NOV - Il Progetto Periplo è stato pensato e realizzato da un Board di clinici con un ruolo di riferimento/coordinamento nelle reti oncologiche delle rispettive Regioni di appartenenza con l’obiettivo di contribuire ad elaborare percorsi diagnostico-terapeutici che, avendo al centro il paziente, consentano di coniugare efficacia, efficienza e sostenibilità. Ne abbiamo parlato con il Presidente, Pierfranco Conte, alla vigilia dell’avvio del progetto di approfondimento di QS sul tema
 
Presidente Conte, qual è lo stato dell’arte delle Reti Oncologiche nel nostro Paese?
Troppo spesso ci si concentra su tematiche specifiche (ad es costo dei farmaci innovativi o ritardato accesso agli stessi) che sono certamente rilevanti dimenticando però che la qualità dell'assistenza, in patologie complesse come quelle oncologiche, dipende innanzitutto dalla predisposizione ed attuazione di percorsi diagnostico terapeutici efficienti. Sono numerosi gli esempi in letteratura che dimostrano come la mancata attuazione di percorsi virtuosi abbia un impatto negativo tale da potere addirittura annullare i benefici ottenibili con terapie innovative. Basti pensare ai ritardi nell'inizio delle terapie adiuvanti nel carcinoma mammario, alla mancata istituzione di Breast Units, ai ritardi/inappropriatezza della diagnostica molecolare nel tumore del polmone. Ebbene tutte queste carenze di attuazione di PDTA corretti, si traduce in una compromissione della qualità della cura tale da fare perdere quasi totalmente i benefici ottenibili con le più moderne terapie su base molecolare.
Le Reti Oncologiche sono state istituite proprio per definire e governare i PDTA dei pazienti oncologici. PERIPLO nasce per agevolare e condividere il lavoro delle Reti oncologiche regionali confrontando i risultati ottenuti dalle Reti oncologiche laddove esistenti e funzionanti e aiutando le reti oncologiche in fase di implementazione nelle regioni che ne sono ancora prive.

L’emergenza pandemica ha purtroppo fatto emergere tutte le criticità di un rapporto tra sanità del territorio e strutture specialistiche tutt’altro che facile. Perché Pdta e reti oncologiche non decollano uniformemente su tutto il territorio nazionale?
Le Reti Oncologiche sono nate inizialmente come reti ospedaliere perchè gran parte dei PDTA dei pazienti oncologici si svolge in ambito ospedaliero. E' evidente però che vi sono tappe del percorso dei PDTA che non possono che svolgersi sul territorio: lo screening, i follow up dei pazienti che hanno completato le terapie, le terapie palliative domiciliari. La pandemia Covid poi ha aperto prepotentemente nuove tematiche. Tutta una serie di studi ha dimostrato come i pazienti oncologici siamo più a rischio di infettarsi con il virus SarsCov2, qualora si infettino sono più a rischio di sviluppare sintomi, qualora sviluppino sintomi sono più a rischio di complicanze severe sino al decesso. A fronte di questi dati e di un’emergenza che purtroppo è tutt'altro che terminata, è evidente che le Reti oncologiche devono proporre soluzioni alternative basate su tre capisaldi: 1) ridurre al minimo gli accessi in ospedale sviluppando al massimo la telemedicina per i pazienti che necessitano di visite di controllo, 2) favorire al massimo le terapie croniche orali prevedendo modalità di consegna a domicilio dei farmaci d'uso ospedaliero con gli opportuni controlli da parte di specialisti oncologici, 3) prevedere la presenza di specialisti oncologi sul territorio (ad oggi non esiste nessuna oncologia extraospedaliera in Italia) che possa essere di supporto ai medici di medicina generale e fare da tramite con la struttura specialistica ospedaliera.
 
Il paziente con carcinoma polmonare è probabilmente uno dei paradigmi più evidenti dei cd “pazienti fragili”. Quali sono le condizioni organizzative assolutamente necessarie per garantire una presa in carico reale e la garanzia di accesso alle terapie innovative più appropriate, anche in condizioni di emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo?
I pazienti con tumore del polmone sono tra quelli che più hanno sofferto le conseguenze della pandemia Covid. La strategia diagnostico-terapeutica di questi pazienti è dettata da una approfondita caratterizzazione molecolare del tumore. E' quindi necessario che questi pazienti, oltre a effettuare tutti gli esami radiologici appropriati (TAC, PET/TC), siano sottoposti a broncoscopie o biopsie TC-guidate per prelevare tessuto sufficiente per la diagnosi istologica e la caratterizzazione molecolare del tumore. Queste sono ovviamente tutte procedure ospedaliere svolte tra l'altro principalmente in reparti particolarmente sotto pressione per la pandemia Covid (le pneumologie); talora poi questi esami vanni ripetuti perché il tessuto prelevato non è quantitativamente o qualitativamente adeguato per effettuare tutti gli esami necessari. Purtroppo la pandemia Covid ha causato ritardi in questo percorso per varie ragioni: 1) sovraccarico delle strutture assistenziali (es pneumologie), 2) timore da parte dei pazienti e/o medici di medicina generale che talora hanno preferito loro stessi rinviare esami programmati, 3) riluttanza anche da parte degli specialisti a ripetere l'esame qualora il materiale tissutale non fosse adeguato.

“Uguaglianza e uniformità nell’accesso alle cure, sicurezza delle prestazioni, tempestività della presa in carico, continuità dell’assistenza. E ancora appropriatezza, trasparenza, innovazione e ricerca. Sono questi gli obiettivi sui quali le reti oncologiche devono confrontarsi”. Poche righe del razionale di un vostro incontro dello scorso anno che aprono tuttavia scenari complessi. Le Regioni, e i professionisti che vi dovrebbero essere coinvolti, accoglieranno questa sfida? A quali condizioni?
I limiti dell'attuale organizzazione sanitaria sono oramai sempre più evidenti. Come già sottolineato la qualità del percorso di cura si misura su tutto il percorso e non sulla singola prestazione per quanto importante e il percorso di cura non può ricondursi ad una singola istituzione per quanto grande e qualificata. Diventa sempre necessario prevedere meccanismo di governo dei PDTA che superino i limiti derivanti da una sistema sanitario organizzato per aziende territoriali, aziende ospedaliere e aziende specialistiche (es Istituti Tumori). Altrettanto rilevanti sono i limiti derivanti da un sistema di finanziamento della sanità a Silos: tot per il personale, tot per le strutture, tot per le attrezzature, tot per i farmaci etc. Con questo sistema a silos il costo di un farmaco innovativo grava totalmente sul "silos" farmaci (e magari rischia di non essere sostenibile) ma se questo farmaco riducesse ad esempio i ricoveri ospedalieri o consentisse al/alla paziente di tornare a lavorare, i costi "salvati" in termini di ridotti ricoveri o di ridotti periodo di malattia NON sono trasferibili al "silos" farmaci!.

Alla luce delle nuove terapie immunoncologiche, che hanno dimostrato un beneficio clinico senza precedenti per il paziente oncologico, con particolare riferimento ai tumori metastatici, la rapidità e precisione di diagnosi per impostare un corretto percorso terapeutico è fondamentale. Che processi proponete per garantire una rete efficiente e in grado di valorizzare queste terapie?
L'immunoterapia ha permesso di fare passi importanti in alcune patologie oncologiche (in particolare il melanoma e i tumori del polmone). Si è visto però che anche in molte altre patologie oncologiche vi sono alcuni pazienti che ne possono beneficiare in maniera rilevante. E' importante capire perché questi pazienti rispondono per potere sviluppare algoritmi predittivi che ci consentano di individuare quali pazienti trattare con queste terapie importanti ma costose. Le Reti oncologiche possono svolgere un ruolo rilevante in questo campo creando registri di pazienti trattati nella pratica clinica in modo da produrre dati scientificamente solidi anche al di là o dopo i classici studi clinici finalizzato all'approvazione di un farmaco.
 
 

17 novembre 2020
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