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Italia: lo strano caso del paese che non si vaccina contro l’influenza


21 APR - “Il sistema di vaccinazione è il fiore all’occhiello del nostro sistema sanitario, grazie alla rete capillare di diritto alla salute che è stata costruita nel tempo”, queste le parole con cui Stefania Salmaso, direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) dell’Iss, descrive gli sforzi fatti fino ad oggi nel campo dell’immunizzazione in Italia (leggi l’intervista su Quotidiano Sanità). Eppure, del vaccino antinfluenzale gli italiani proprio non sembrano volerne sapere: la copertura nelle categorie a rischio si ferma al 60%, quando quella minima sarebbe al 75%, e nella popolazione totale non arriva nemmeno al 20%. Un problema affrontato anche nell’ultimo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, pubblicato proprio quest’anno, che riguarda il periodo 2012-2014.
 
La patologia e i dati italiani
L’influenza stagionale colpisce il 10-20% della popolazione mondiale ogni anno con tassi di attacco della malattia che possono raggiungere il 40-50% della popolazione. Dal punto di vista epidemiologico, l’influenza è ancora oggi la terza causa di morte in Italia per patologia infettiva, preceduta solo da AIDS e tubercolosi. La vaccinazione antinfluenzale rappresenta la strategia di prevenzione con il miglior profilo di cost-effectiveness e deve essere considerato un intervento di salute pubblica da implementare nelle categorie target, al fine di raggiungere i livelli attesi di coperture vaccinali: l’Oms, infatti, stima che la vaccinazione antinfluenzale riduca morbilità e mortalità correlate all’influenza rispettivamente del 60% e sino all’80%.
Ecco perché l’organizzazione internazionale nel 2003 ha indicato ai paesi membri di attivare con urgenza politiche vaccinali in grado di produrre un incremento delle coperture per l’influenza in tutte le categorie target (persone ad alto rischio e soggetti anziani al di sopra dei 65 anni) raggiungendo come valore minimo accettabile il 50% nel 2006 il 75% nel 2010. Il valore di copertura vaccinale ottimale è indicato, invece, nel 95% . Nel 2009 questa raccomandazione è stata adattata dal Consiglio dell’Unione Europea che ha stabilito la necessità di raggiungere il target del 75% per le coperture vaccinali negli anziani, entro il 2014/15. In Italia il Ministero della Salute ha inserito questi obiettivi anche nel piano nazionale di prevenzione vaccinale, a rimarcarne l’importanza. Eppure, i dati riferiti ad esempio alla popolazione di soggetti ultrasessantacinquenni mostrano che il valore medio di copertura nazionale è passato dal 65,6% del 2009 al 60,2% del 2010. Per la popolazione totale allo stesso modo si è assistito ad un calo dal 19,6% (valore di per se molto basso) al 17,2%. La situazione non migliora per altre categorie specifiche: il personale sanitario e sociosanitario ha un livello di copertura vaccinale pari al 15,03%; le donne al secondo o terzo trimestre di gravidanza hanno livelli di copertura del 12,12%; i soggetti con almeno una condizione di rischio tra 6 mesi e 65 anni hanno coperture del 12,74%.
Come se non bastasse, il trend negativo sembra stabile: non solo nella più recente, ma in tutte ultime stagioni epidemiche si è infatti assistito ad un significativo calo dei livelli di copertura per tutte le fasce di età e soggetti target.
Tutto ciò nonostante la vaccinazione anti-influenzale per i soggetti considerati a rischio sia inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ed offerta attivamente in tutto il Paese.
 
Correre ai ripari: il PNPV 2012-2014
Anche per questo quadro non proprio roseo, le istituzioni hanno cercato il modo di aumentare le percentuali di copertura vaccinale per l’influenza. Ecco perché gli obiettivi del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2012-2014 comprendono l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione antinfluenzale, ritenendola prioritaria per la popolazione generale al fine del raggiungimento e del mantenimento dei livelli di copertura indicati necessari a prevenire la diffusione delle specifiche malattie infettive.
Particolare attenzione nel documento, viene prestata all’immunizzazione degli operatori sanitari e sociosanitari, che negli ultimi dati hanno raggiunto un livello di copertura vaccinale piuttosto scarso, pari al 15,03%. Nel PNPV viene per questo sottolineata proprio l’importanza della vaccinazione in questa categoria, poiché si ritiene che l’immunizzazione attiva rivesta un ruolo non soltanto di protezione del singolo operatore, ma soprattutto di garanzia nei confronti dei pazienti, ai quali l’operatore potrebbe trasmettere l’infezione determinando gravi danni e persino casi mortali.
A questo scopo, le istituzioni invitano anche ogni Azienda Sanitaria a promuovere attivamente tutte le iniziative ritenute idonee ad incrementare l’adesione alla vaccinazione da parte dei propri operatori e degli studenti dei corsi durante l’annuale campagna vaccinale che si svolge nella stagione autunnale.
 
L. B.

21 aprile 2012
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