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Fibrillazione atriale: come garantire un migliore accesso alle cure


In Italia l’intervento di ablazione transcatere per il trattamento della fibrillazione atriale è molto meno diffuso rispetto ad altri Paesi d’Europa. Le ragioni sono organizzative, culturali ed economiche, come ci spiegano Roberto De Ponti (Presidente AIAC) e Francesco Saverio Mennini (Presidente SIHTA)
 

10 GEN - Le patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo occidentale e, tra queste, la fibrillazione atriale desta particolare preoccupazione tra i clinici. “La prevalenza della fibrillazione atriale è superiore al 2% nella popolazione generale: ne soffrono circa 1,2 milioni di persone in Italia e la prevalenza aumenta, arrivando al 10% nella popolazione anziana, oltre i 75 anni di età”, spiega in un’intervista a Quotidiano Sanità Roberto De Ponti, Presidente dell’Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC). Con l’invecchiamento della popolazione, questa patologia è destinata ad acquisire un peso crescente.
Un tempo si pensava che la fibrillazione atriale fosse una condizione piuttosto benigna, aggiunge, oggi sappiamo che porta ad un aumento del rischio di mortalità, di ictus e di ospedalizzazione per scompenso cardiaco.

L’ablazione transcatetere è una procedura interventistica, mini-invasiva, che viene eseguita senza aprire il torace, in anestesia locale, durante la quale il medico introduce un catetere nei vasi sanguigni e lo manovra fino a raggiungere il cuore, per rimuovere l’alterazione elettrica responsabile della fibrillazione atriale.
Si tratta di un intervento che – soprattutto per le forme più gravi di fibrillazione atriale – può essere risolutivo, come evidenziano le più recenti Linee Guida sulla fibrillazione atriale della European Society of Cardiology (ESC) e del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del Regno Unito.

“Le Linee Guida attuali affermano che è importante mantenere il ritmo sinusale, quindi quando l’azione dei farmaci non è più sufficiente a garantire questa condizione e la fibrillazione atriale è sintomatica e persistente, c’è una forte raccomandazione ad eseguire l’ablazione transcatetere per migliorare i sintomi e la qualità di vita dei pazienti”, aggiunge De Ponti.

Barriere organizzative, culturali ed economiche all’uso dell’ablazione transcatetere
 
L’intervento in Italia viene eseguito in misura decisamente inferiore rispetto ad altri Paesi europei, come la Francia e la Germania. Ciò è dovuto a diversi fattori. “Di certo il Covid-19 non ha aiutato”, sottolinea De Ponti. Sono però presenti, al di là della pandemia, delle importanti barriere organizzative e culturali. “Bisognerebbe che gli Ospedali e i Centri che eseguono queste procedure fossero dotati di un assetto organizzativo in grado di facilitare la procedura di ablazione transcatetere della fibrillazione atriale, ma questo comporta un investimento in termini di risorse, posti letto, personale formato e qualificato. In tema di barriere culturali, si dovrebbe creare un network di Centri in cui il paziente possa beneficiare  di un  percorso strutturato  che consenta un equo accesso alle cure, indipendentemente dalla Regione in cui il paziente si trova”.

Secondo uno studio di Real World Evidence condotto dalla Fondazione ReS e pubblicato nel corso del 2021 sulla rivista scientifica Recenti Progressi in Medicina, oggi mancano indicazioni standardizzate per il trattamento della patologia: i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) attualmente esistenti sulla fibrillazione atriale sono solamente cinque in Italia e solo due di essi annoverano l’ablazione transcatetere tra le possibili alternative terapeutiche. Lo scopo di questo studio è stato di analizzare a posteriori l’attuale percorso di cura dei pazienti con fibrillazione atriale sottoposti o meno ad ablazione transcatatetere, fornendo indicazioni anche sul consumo di risorse economiche e sui costi delle terapie, dal punto di vista del SSN italiano. Dall’analisi dei dati amministrativi sanitari del database ReS, tra il 2016 e il 2017 sono risultati 33.940 ricoveri per fibrillazione atriale, di cui meno del 3% trattati con ablazione transcatetere e i costi sostenuti dal SSN sono stati maggiori nel gruppo di pazienti non sottoposti ad ablazione transcatetere rispetto al gruppo dei trattati, con una differenza di costi pari a circa € 1.300 a paziente lungo l’intero periodo di analisi (3 anni).
 
A questi aspetti si somma il problema delle tariffe vigenti, inadeguate a coprire i costi della procedura di ablazione, come evidenziato già nel 2016 da un report di AIAC (Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione), realizzato in collaborazione con il Centro Studi Assobiomedica, ora Confindustria Dispositivi Medici. “Le principali criticità del sistema di codifica e di rimborso delle procedure di elettrofisiologia in Italia sono state analizzate da vari documenti e studi come questo”, commenta Francesco Saverio Mennini, Professore alla Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata e Presidente della Società Italiana di Health Technology Assessment (SIHTA).

Studi e documenti sono finalizzati a migliorare l’efficacia, l’efficienza, la sostenibilità economica e l’appropriatezza delle procedure. E’ stata anche proposta una rimodulazione delle tariffe  di rimborso attuali sulla base dei dati raccolti analizzando le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO). “In particolare, nel caso della fibrillazione atriale, la corretta valorizzazione dovrebbe ammontare a una cifra superiore a quella riconosciuta dall’attuale sistema, che potrebbe equipararsi a quella riconosciuta per il DRG 555 della T.U.C.”. Dalla suddetta pubblicazione emerge la necessità di aggiornare il rimborso allo scopo di rendere la procedura di ablazione economicamente sostenibile.

“Adeguare l’attuale sistema di rimborso permetterebbe di implementare l’auspicabile percorso di gestione e cura del paziente con fibrillazione atriale”, aggiunge Mennini. “Questo porterebbe a comprovati benefici in termini economici e per il paziente che potrebbe accedere a questi trattamenti su tutto il territorio nazionale”.

In un intervento al webinar “Fibrillazione atriale: nuove evidenze scientifiche per un migliore accesso alle cure” De Ponti ha anche sostenuto che questa situazione di inaccessibilità alle cure debba essere portata all’attenzione della Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale. Un board composto dai vertici di alcune importanti società scientifiche (prof. Indolfi di SIC, prof. De Ponti di AIAC, prof. Mennini SIHTA, con il coordinamento del prof. Gensini) sta già lavorando in tal senso.

D’altro canto chi di quella Commissione ha fatto parte negli ultimi anni riporta la volontà del Ministero della Salute di porre rimedio alla situazione che si è verificata negli anni: è il caso di Antonio Gaudioso, nuovo Capo della Segreteria Tecnica del Ministro Speranza e già componente della Commissione LEA, che - intervenuto con un video messaggio nel corso del webinar - ha posto la volontà del Ministero di lavorare all’aggiornamento delle tariffe vigenti e di accelerare i lavori della Commissione LEA per migliorare l’accessibilità alle cure.

10 gennaio 2022
© Riproduzione riservata

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