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Tumori ovarici caratterizzati da alti livelli di due proteine più sensibili a una nuova classe di farmaci


I risultati di uno studio preclinico dell’Istituto Mario Negri, pubblicati sulla rivista “Cancer Research” hanno permesso di individuare un punto di debolezza di alcuni tumori ovarici (alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β) e nuove terapie in grado di contrastarne la crescita.

17 FEB - Alcuni tumori ovarici presentano alti livelli di due proteine che regolano l’attività dei mitocondri, la centrale energetica delle cellule. Una peculiarità li rende sensibili a una nuova classe di farmaci, aprendo così nuovi scenari terapeutici.
 
È quanto emerge da uno studio, condotto presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs, sostenuto dalla Fondazione Airc per la Ricerca sul Cancro e pubblicato su Cancer Research. Un risultato importante per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per un tipo di tumore che è tra i più difficili da curare. Infatti il tasso di sopravvivenza per le donne con carcinoma ovarico è tuttora molto basso ed è aggravato da uno sviluppo silente che porta a una diagnosi spesso tardiva, quando la malattia è in stadio avanzato e ha già dato origine a metastasi.
 
“Negli ultimi anni – spiegano Carmen Ghilardi, prima autrice dell’articolo e MariaRosa Bani, capo del laboratorio di Terapia delle Metastasi Tumorali – si è capito che i mitocondri possono essere un potenziale bersaglio terapeutico, tanto che numerosi inibitori sono in fase di sviluppo. I mitocondri sono gli organelli addetti alla respirazione cellulare e, in particolare al processo chiamato OXPHOS, fondamentale per la produzione di energia.
 
Lo studio, condotto in cellule in coltura e animali di laboratorio con tumore ovarico, ha messo in luce che l’inibizione di OXPHOS non è egualmente efficace su tutti i tumori. Infatti i tumori la cui progressione è ritardata dal trattamento sono soprattutto quelli caratterizzati da alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β, che hanno proprio la funzione di regolare l’attività dei mitocondri”.
 
“Soffermandoci sui numeri – conclude Raffaella Giavazzi, coordinatrice dello studio – la ricerca ha evidenziato che nel campione analizzato, sono circa il 25% le pazienti affette da un carcinoma ovarico con alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β. Ora si tratta di confermare che i risultati ottenuti nei nostri modelli preclinici siano trasferibili alle pazienti, infatti per alcune di queste pazienti si aprirebbe la possibilità di beneficiare del trattamento con inibitori di OXPHOS e di poter contare su un’arma in più per contrastare la crescita tumorale”.

17 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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