In Italia ogni anno vengono colpite da ictus circa 185mila le persone e di queste 150mila sono i nuovi casi. Nonostante le attuali terapie nella fase acuta consentano di ridurre enormemente i danni, un terzo dei pazienti colpiti da ictus sviluppa gravi esiti che si manterranno o peggioreranno nel corso della loro vita. Possono essere esiti che investono le varie sfere del funzionamento dell’individuo, ma soprattutto quando sono esiti motori, possono essere altamente invalidanti.
La maggior parte di questi esiti non sono trattabili, ma esiste invece un sintomo, la spasticità, che può comparire successivamente all’evento acuto e per il quale esistono alcune possibilità terapeutiche. Ma è essenziale individuarlo precocemente, per evitare che si determinino ulteriori peggioramenti.
A puntare i riflettori sulle possibilità terapeutiche per la spasticità è Maria Concetta Altavista Direttore dell’UOC di Neurologia della Asl Roma1 - Presidio Ospedaliero San Filippo Neri e Segretario regionale della Società Italiana di Neurologia (Sin) Lazio.
“L’ictus lascia esiti con cui fare i conti per tutta la vita, quali disturbi del linguaggio o della vista, disturbi della sensibilità, disturbi della forza quali emiparesi ed emiplegia – ha spiegato Altavista – . Queste ultime, in particolare, possono essere complicate dalla spasticità che a volte può comparire anche a distanza di un anno dall’evento acuto; la spasticità peggiora ulteriormente il movimento, può suscitare spasmi dolorosi prevalentemente notturni, determina posture obbligate e facilita la formazione di piaghe da decubito. Per molti degli esiti non esistono terapie specifiche, ma per la spasticità è possibile mettere in atto alcune strategie terapeutiche per evitare successive complicazioni”.
Quali sono le strategie terapeutiche da mettere in campo? “Le possibilità terapeutiche – aggiunge Altavista – vanno dalla chirurgia funzionale all’impianto di pompe per il rilascio intrarachideo di farmaci che riducono la spasticità. Ma nel caso delle spasticità focali che coinvolgono alcuni segmenti specifici come, per esempio, la contrazione a pugno della mano, la flessione del gomito o l’equinismo del piede o, ancora, gli spasmi dolorosi prossimali dell’arto inferiore, possiamo utilizzare la tossina botulinica. Si tratta di un trattamento ambulatoriale svolto in molti centri specialistici in Italia che vede il coinvolgimento di neurologi e fisiatri, che può essere disegnato sulle esigenze specifiche del singolo paziente e inserito nell’ambito del piano riabilitativo. La tossina botulinica consente di migliorare le prestazioni motorie e di evitare quegli esiti che potrebbero diventare difficilmente trattabili, quali anchilosi articolari e retrazioni tendinee. Riduce, inoltre, il dolore e il rischio di fenomeni distrofici”.
Tuttavia avverte Altavista: “È importante poter diagnosticare precocemente la spasticità, per poterla poi trattare efficacemente”.
E.M.