“In Italia il 10% della popolazione, vale a dire 6 milioni di persone, soffre di obesità. Di queste il 10% (600mila) ha un’indicazione al trattamento chirurgico secondo le più recenti linee guida Italiane ed Internazionali, ma nel nostro Paese annualmente si eseguono non più di 20-30.000 interventi di chirurgia bariatrica; questo fa capire quanta differenza ci sia tra la potenziale domanda e l’offerta e quanto sia grande il desiderio di recupero della propria salute da parte dei potenziali pazienti”.
Così Mario Musella, Professore Ordinario di Chirurgia Generale presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, in occasione del XXXI Congresso nazionale della Società Italiana di Chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche (Sicob) a Napoli.
“Gli specialisti Sicob lavorano per recuperare la salute del paziente e per reintegrarlo in una società che spesso si sofferma poco sui soggetti fragili – conferma Prof. Marco Antonio Zappa, Presidente Sicob – ma è anche indispensabile che il paziente comprenda che l’intervento è una tappa cruciale, parte di un percorso multidisciplinare verso la guarigione di una grave malattia. È scientificamente provato infatti che grazie agli interventi bariatrici si riduce il rischio di ictus del 5%, di diabete del 50-60%, di coronaropatie del 30% e persino di alcune forme di cancro del 35%. Ma poi bisogna impegnarsi e farsi seguire dai team multidisciplinari presenti nei centri Sicob, tutti gratuiti o in convenzione con il Ssn, perché se si pensa di farcela da soli si rischia di recuperare il peso perso. Mantenere un rapporto costante con il proprio Centro è l’unica possibilità di mantenere la salute finalmente riconquistata”.
Una delle frontiere della chirurgia bariatrica è l’endoscopia bariatrica, tra le opzioni di trattamento più innovative e meno invasive: “L’endoscopia bariatrica – aggiunge il Prof. Pietro Forestieri, Presidente Onorario della Società - è indicata anche nei pazienti più anziani e/o fragili e con molteplici comorbilità. Nel corso degli anni, infatti, sono state sviluppate procedure endoscopiche bariatriche che si sono dimostrate in grado di indurre una perdita di peso corporeo di circa il 10-20% se associate ad adeguate restrizioni dietetiche. Queste tecniche rappresentano, ad oggi, un’ ottima strategia sia come trattamento definitivo, in casi molto selezionati, che come opzione bridge-to-surgery, vale a dire verso un intervento chirurgico che in circa il 99% dei casi è realizzato in laparoscopia, con una drastica riduzione del rischio di mortalità che oggi è inferiore allo 0,1%”.
Quanto ai farmaci per promuovere e mantenere la perdita di peso, questi possono svolgere un’azione sinergica alla chirurgia bariatrica sia prima che dopo l’intervento. Esistono sin dagli anni '30 e nel tempo sono stati perfezionati sempre più proprio per limitare gli effetti collaterali e migliorarne l’efficacia: “Oggi – afferma il Prof. Giuseppe Navarra, Presidente Eletto Sicob – negli Stati Uniti esistono cinque principi attivi approvati per la gestione dell’eccesso di peso mentre in Europa sono tre. In Italia il presente è rappresentato dalla liraglutide. Il prossimo futuro dalla semaglutide. La liraglutide, analogo del GLP-1, ormone regolatore della secrezione di insulina è stato inizialmente approvato per il trattamento del diabete di tipo 2 e successivamente per la gestione dell’obesità in combinazione con interventi sullo stile di vita come dieta ipocalorica ed esercizio fisico. La semaglutide, anche esso analogo del GLP-1 ad azione prolungata è approvato in Italia, nella terapia del diabete di tipo 2. Siamo in attesa che venga autorizzata la formulazione con indicazione per l’obesità che consentirà una sola somministrazione settimanale ed una maggiore efficacia rispetto alla liraglutide”.