“Dobbiamo lavorare insieme per trovare una formula che, dopo un periodo di transizione, consenta di superare il meccanismo del payback farmaceutico. È un percorso che dobbiamo fare per difendere l’attrattività dell’Italia e la sua capacità di richiamare investimenti dall’estero nel settore, che rappresenta il 2% del Pil e vanta 52 miliardi di fatturato. Noi come Johnson & Johnson Innovative Medicine abbiamo annunciato lo scorso anno un investimento qui in Italia di 580 milioni di euro nei prossimi 5 anni, 125 dei quali destinati al nostro sito produttivo di Latina, che è un polo che esporta per il 97%. Tutto ciò per mantenere attrattiva l’Italia e con la fiducia che questa ‘imperfezione’ venga risolta nel prossimo anno: questo è importantissimo non solo per noi ma per tutto il settore e per la finanza pubblica”. E’ la priorità su cui lavorare secondo Mario Sturion, managing director di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia, ospite della nuova puntata di Future in Healthcare.
“Stiamo vivendo un momento affascinante dal punto di vista dello sviluppo scientifico – evidenzia – perché stiamo assistendo alla nascita della medicina del futuro. La personalizzazione delle terapie è una parte fondamentale di questo processo. Negli ultimi anni abbiamo visto una tendenza fortissima alla personalizzazione, non solo per trovare sistemi diagnostici di precisione, che possano dirci se quella cura va bene per quel paziente, ma anche per mettere a disposizione terapie avanzate specificatamente disegnate per ogni paziente. Tutto questo fa parte non solo del nostro futuro, ma del nostro presente. La digitalizzazione oggi significa soprattutto Gen AI, questa nuova possibilità ed evoluzione tecnologica che è oggi al suo stadio iniziale, ma che già sta dando risultati incredibili e promette di cambiare tutto il processo di sviluppo di una nuova molecola dal punto di vista tecnico e clinico, per efficientare e ottimizzare l’intero sistema sanitario nazionale. Penso ad esempio al tempo che i medici potranno risparmiare per la consultazione degli esami di diagnostica per immagini e che potranno utilizzare invece per parlare con il paziente, capire come sta, come va la terapia, se ci sono miglioramenti possibili. La tecnologia ha un aspetto anche sociale e umano che è una grande opportunità per la sanità”.
A livello di gestione interna “J&J è stata una delle prime aziende farmaceutiche ad adottare soluzioni di intelligenza artificiale generativa in maniera allargata a tutti i dipendenti – spiega - generando una community interna di ambassador che promuove l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale in azienda e facilita la trasformazione digitale. In questo modo l’intelligenza artificiale diventa un patrimonio culturale e professionale di tutta J&J. La necessità di utilizzare questo strumento in diversi ambiti coperti anche da informazioni confidenziali, di privacy, o legati a brevetti, fa sì che il suo impiego dovrà avvenire in un ecosistema aziendale controllato. Già circa il 60% della popolazione aziendale ha seguito un corso per utilizzare l’AI di impresa. L’adozione interna è dunque già formidabile, ma è una realtà anche in tante fasi di sviluppo, sia per accelerare il processo di studio clinico, di analisi di dati, sia per simulare uno studio clinico e verificare quali variabili modificare per disegnare al meglio la sperimentazione. In questa area di conoscenza c’è un’aspettativa altissima sull’impatto che avrà nell’accelerare il trattamento di malattie finora incurabili”.
La scienza avanza grazie alle nuove tecnologie e “In questo scenario – assicura Sturion - non possiamo pensare di agire da soli: è naturale che ci debba essere la collaborazione pubblico-privato, anche per migliorare realtà come le differenze regionali nell’accesso alle cure. A oggi le 21 Regioni sono a uno stadio diverso, pur essendo il sistema sanitario nazionale italiano molto ‘vicino’ al paziente. È un lavoro che dobbiamo fare insieme con le istituzioni, la strada della medicina del futuro dobbiamo percorrerla insieme”.
Ecco però che gli ostacoli vanno rimossi. “Quando fu introdotto il meccanismo del payback, aveva un suo razionale. Adesso è insostenibile e fuori controllo e dobbiamo trovare il modo di gestirlo. Farmindustria lo ha ribadito più volte: il suo impatto economico è ormai raddoppiato. La Legge di Bilancio 2025 non ha risolto le criticità del payback farmaceutico, che si prevede supererà per il 2024 e per il 2025 la somma di 2 miliardi all’anno di ripiano da parte delle aziende farmaceutiche. . In particolare, in uno studio sulla normativa fiscale italiana realizzato da PwC TLS Avvocati e Commercialisti è stato rilevato che negli ultimi 10 anni (2013-2023) il settore farmaceutico ha versato 19,2 miliardi di euro in varie forme di payback, evidenziando una pianificazione errata del tetto di spesa per acquisti diretti costantemente sottofinanziato rispetto ai reali bisogni di salute dei cittadini. In un contesto in cui l’Italia presenta già una tassazione sulle imprese (Effective Tax Rate) tra le più alte d’Europa pari a circa il 24%, gli oneri che gravano a carico delle aziende farmaceutiche sono ben più alti, raggiungendo una media del 43%. In più se si considerasse il payback come se fosse un’imposta, questa percentuale sulle imprese farmaceutiche passerebbe dal 43% al 78 %, con evidenti disparità di trattamento fiscale per il settore rispetto ad altre categorie merceologiche. Dobbiamo fare uno sforzo urgente per superare le imperfezioni del sistema, per attrarre investimenti produttivi e legati all’innovazione. Mario Draghi ha sottolineato la strategicità del settore e l’Italia è fra i primi produttori di farmaci: è un valore enorme per il Paese. E’ tempo di risolvere il payback e i problemi burocratici, che riguardano il settore farmaceutico”.