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HIV: infezioni in crescita, serve nuova attenzione. Andreoni (SIMIT): “Problema estremamente rilevante”

di M.C.

Le infezioni da HIV tornano a crescere in Italia, con un impatto sempre più rilevante sulla sanità pubblica e sulla vita dei pazienti. Il punto con il prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e membro del Consiglio Superiore di Sanità

03 LUG -

Nel nostro Paese le nuove diagnosi di HIV sono tornate ad aumentare dopo anni di calo. Un segnale che impone una riflessione profonda sul ruolo della prevenzione, dell’informazione e dell’accesso a strumenti terapeutici innovativi. Se ne è discusso in un nuovo appuntamento di “Future in Healthcare”, lo spazio di approfondimento che raccoglie le voci più autorevoli del panorama sanitario italiano sui temi dell’innovazione e della sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Protagonista dell’intervista è stato il prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della SIMIT e recentemente nominato membro del Consiglio Superiore di Sanità. Con lui è stato tracciato il quadro attuale delle infezioni da HIV, con uno sguardo al futuro delle strategie di prevenzione e alla sostenibilità economica del sistema.


“Abbiamo avuto 2.340 nuove diagnosi di infezione da HIV, che sono quindi tornate ai livelli che avevamo nel 2018-2019”, ha affermato il prof. Massimo Andreoni. Una crescita che segna la fine del trend positivo di calo registrato negli anni precedenti, interrotto anche a causa della pandemia da Covid-19, durante la quale si è ridotto drasticamente lo screening.

La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che “il 60% di queste nuove diagnosi sono in persone che hanno un’infezione molto avanzata, sono prevalentemente giovani e sono eterosessuali”, ha proseguito Andreoni. Questo comporta gravi conseguenze sia sul piano clinico, con una minore efficacia delle cure, sia su quello epidemiologico: chi non sa di essere infetto ha più probabilità di trasmettere il virus.

Sul fronte della sensibilizzazione, Andreoni non ha dubbi: “Dobbiamo tornare a fare informazione se vogliamo effettivamente cercare di prevenire e controllare questa temibile malattia”. Un compito che la SIMIT considera prioritario. Dopo anni di impegno nella formazione e divulgazione, anche in ambito scolastico, l’attenzione sull’HIV si è affievolita. Eppure, l’incremento non riguarda solo l’HIV: anche sifilide, gonorrea e clamidia sono in aumento. “La Società Italiana di Malattie Infettive deve stare al primo posto” in questa nuova fase, dice Andreoni, ribadendo la necessità di un’informazione capillare per tutte le fasce d’età.

Cruciale è il capitolo della prevenzione. “Oggi quando parliamo di prevenzione, io ricordo che per questa malattia non esiste ad oggi un vaccino”, spiega Andreoni. La strategia preventiva si basa su più livelli: corretti stili di vita, screening tempestivo e, soprattutto, profilassi farmacologica. In questo ambito, la PrEP (profilassi pre-esposizione) rappresenta la principale innovazione degli ultimi anni.

La PrEP orale, introdotta in Italia con anni di ritardo rispetto ad altri Paesi europei, è oggi rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale e ne beneficiano oltre 16.000 persone. Tuttavia, la modalità di assunzione comporta alcuni problemi di aderenza. “Circa il 40% di questi 16.000 persone non è aderente in maniera perfetta al trattamento e soprattutto abbiamo un 25% di persone che interrompe questa terapia”, osserva Andreoni.

Per superare questi limiti è ora disponibile una nuova formulazione iniettabile a lunga durata d’azione, somministrabile ogni due mesi. “Oggi finalmente la ricerca ci ha permesso di avere un primo farmaco long acting, cioè un farmaco che viene somministrato per via intramuscolare ogni due mesi e che assicura per tutto il periodo una copertura efficace di prevenzione”. Questo approccio risolve i problemi legati all’aderenza quotidiana e incide positivamente anche su stigma e auto-stigma, ancora fortemente presenti nei confronti dell’HIV.

I vantaggi della profilassi long acting sono anche organizzativi e sociali: consente di raggiungere sottopopolazioni a rischio, come persone con stili di vita irregolari, difficoltà di accesso alle cure o barriere psicologiche e logistiche. Si stima che una platea iniziale di circa 3.000 individui potrebbe beneficiare della nuova formulazione nei prossimi tre anni, contribuendo significativamente a ridurre le nuove diagnosi.

“Si calcola che trattando semplicemente il 40% delle persone che sono a rischio ci sarebbe una riduzione del 25% delle nuove infezioni”, evidenzia Andreoni. In alcuni studi condotti in contesti ad alta incidenza, si è addirittura arrivati a zero nuove infezioni. Il futuro potrebbe vedere l’introduzione di farmaci ancora più innovativi, con somministrazione semestrale.

Il potenziale risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale è notevole. Attualmente, la spesa per farmaci antiretrovirali è di circa 620 milioni di euro, ma il costo complessivo della gestione dell’HIV supera ampiamente il miliardo. “Quello che potrebbe essere l’impatto di queste nuove strategie sulla spesa corrente sarebbe un impatto innanzitutto minimale, sicuramente abbondantemente al di sotto del 5%”, afferma Andreoni. “E poi, se mi permette, non è un impatto ma è un investimento”.

Una strategia sostenibile, quindi, sia in termini sanitari che economici, che punta a ridurre le nuove diagnosi e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Ora serve un’accelerazione nelle decisioni regolatorie per garantire l’accesso tempestivo a queste terapie. Come conclude Andreoni: “Dare un colpo finale a questa lotta contro l’AIDS” è possibile. Ma solo se si agisce in fretta.



03 luglio 2025
© Riproduzione riservata

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