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54°Congresso Società Italiana Nefrologia. Troppo pochi i pazienti che fanno dialisi peritoneale 


Dal punto di vista clinico, il trattamento permette di mantenere più a lungo la funzionalità renale residua mantenendo lo stesso tasso di sopravvivenza dei pazienti. E con una qualità di vita molto migliore, visto che il trattamento può essere effettuato pressoché ovunque, e anche nelle ore notturne. Di questo e di altri temi si è parlato nel corso del congresso SIN a Firenze.

30 SET - È solo il 10% dei pazienti che effettua dialisi peritoneale a domicilio: una percentuale troppo bassa delle circa 40 mila persone in dialisi in Italia – in numeri assoluti corrispondono ad appena 4300 pazienti – che non è assolutamente giustificabile, se si prendono in considerazione i risultati ottenuti sia in termini di sopravvivenza dei pazienti, che di economicità per le famiglie e per il sistema sanitario. Ma, soprattutto, di qualità di vita per chi si deve sottoporre ad un trattamento che incide così tanto sulla quotidianità dei malati. A lanciare l'allarme è stata la Società Italiana di Nefrologia (SIN), nel corso del 54° Congresso Nazionale appena concluso a Firenze.
 
Cos'è la dialisi peritoneale? Nella dialisi peritoneale, il peritoneo, la membrana che riveste la cavità addominale, funziona come una membrana dializzante a al suo interno viene introdotta una soluzione dialitica composta prevalentemente di acqua e sali minerali che funziona da filtro naturale trattenendo le impurità e i liquidi in eccesso, i quali vengono poi espulsi attraverso un catetere precedentemente impiantato nell'addome del paziente. Tra gli obiettivi della Società Italiana di Nefrologia (SIN), c'è quello di contribuire a incrementare la diffusione di questa pratica su tutto il territorio nazionale. “È necessaria un'azione di educazione nei confronti dei medici e dei pazienti su questa pratica clinica ed è auspicabile un'azione politica centrale che incentivi il ricorso a questo trattamento nei centri specialistici, anche con incentivi di tipo economico alle famiglie così come già oggi avviene nelle regioni del Piemonte e della Sicilia”, fanno sapere dal Congresso SIN. 
 
Se ci si chiede per quale motivo la dialisi peritoneale a domicilio stenta a penetrare nella pratica clinica le risposte sono molteplici. Da una parte anche positivi, visto che, come spiega Giancarlo Marinangeli, Segretario della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Direttore della Unità Operativa Complessa di Nefrologia e Dialisi dell'Ospedale di Giulianova, “in Italia è presente una fitta rete di trattamenti di emodialisi pertanto c'è un'enorme disponibilità di posti per potersi sottoporre a un'emodialisi”. Ma i motivi della scarsa penetrazione della diagnosi peritoneale nella pratica clinica non sono tutti così buoni. “Dall'altro lato c'è una cattiva percezione di questo trattamento in alcuni medici e pazienti, infine c'è un problema di remuneratività delle tariffe per le strutture sanitarie”, ha continuato Marinangeli, specificando che questo deriva sia da politiche di sistema, che da problematiche sociali, ma soprattutto da impreparazione culturale. Eppure i vantaggi sono molteplici, sia dal punto di vista clinico che da quello sociale. “Dal punto di vista clinico, con la dialisi peritoneale si mantiene la funzionalità renale residua più a lungo rispetto a quanto avviene con un comune trattamento di dialisi, in cui generalmente la funzionalità renale viene perdura nell'arco di alcuni mesi, in più il tasso di sopravvivenza dei pazienti sottoposti a dialisi peritoneale è del tutto sovrapponibile a quelli dei pazienti sottoposti a emodialisi” ha sottolineato. Dal punto di vista della qualità di vita, inoltre, la dialisi peritoneale può essere effettuata pressoché ovunque, non prevede l'uso di aghi e consente di sottoporsi al trattamento anche durante le ore notturne. 

30 settembre 2013
© Riproduzione riservata

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