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Malattia renale. Buoni risultati per Ferinject nella gestione dell'anemia sideropenica


Il farmaco a base di carbossimaltosio ferrico ha dimostrato di ridurre significativamente o ritardare la necessità di ricorrere a metodi alternativi per gestire l'anemia, rispetto alla terapia standard orale, nei pazienti con malattia renale cronica non dipendenti da dialisi che hanno una carenza di ferro.

13 NOV - Sono stati presentati nel corso della American Society of Nephrology (ASN) Kidney Week, ad Atlanta in Georgia, i risultati dello studio FIND-CKD, che dimostrano come il carbossimaltosio ferrico in pazienti con malattia renale cronica non dipendenti da dialisi (pazienti ND-CKD) e con anemia sideropenica riduca significativamente o ritardi la necessità di ricorrere a metodi alternativi di gestire l'anemia (come trasfusioni o il ricorso ad agenti che stimolino l'eritropoiesi). Il farmaco – che ha il nome commerciale di Ferinject – ha inoltre la capacità di indurre una risposta più veloce dell'emoglobina, tanto che una porzione più grande di pazienti raggiunge un incremento di essa superiore a 1g/dL. Inoltre, la somministrazione endovenosa risulta ben tollerata, con meno eventi avversi come febbre e minore discontinuità nel trattamento, rispetto alla cura orale a base di ferro.
 
Lo studio FIND-CKD è il più grande e lungo trial prospettico e randomizzato mai condotto per mettere a confronto la terapia endovenosa con il trattamento orale, per il trattamento dell'anemia da mancanza di ferro in pazienti ND_NCK che non sono trattati con agenti che stimolano l'eritropoiesi. Più di 600 pazienti da 20 nazioni sono stati arruolati per uno studio clinico della durata di 56 settimane: i pazienti sono stati assegnati in maniera random a tre gruppi, uno che doveva ricevere dosi più alte di carbossimaltosio ferrico (400-600 ug/L), un altro che doveva riceverne più basse (100-200 ug/L) e infine uno che doveva procedere con la terapia standard orale a base di ferro. Lo studio ha raggiunto l'endpoint primario, dimostrando che Ferinject nelle dosi più alte ha ridotto significativamente o ritardato il bisogno di ricorrere a terapie alternative per la gestione dell'anemia, e ridotto anche la possibilità che i livelli di emoglobina scendessero più volte consecutivamente al di sotto del livello di 10 g/dL, rispetto al ferro. Le iniezioni necessarie per raggiungere questo risultato, inoltre, erano solo 4, in media. “È argomento di dibattito se la terapia endovenosa di ferro sia una terapia di prima linea efficace in pazienti ND-CDK”, ha commentato Iain Macdougall, ricercatore al King's College Hospital di Londra. “I risultati di questo studio potrebbero avere ripercussioni molto ampie nella diatriba”.
Il carbossimaltosio ferrico era ben tollerato e ha dato luogo a meno eventi avversi con febbre, nessuna tossicità renale e nessun aumento nel rischio di eventi cardiovascolari o infezioni. Inoltre, l'intolleranza in pazienti che assumevano il ferro oralmente causava interruzioni nella terapia in un numero significativamente maggiore di casi.

13 novembre 2013
© Riproduzione riservata

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